Eresia e ortodossia nel monologo mimetico e abbondante di Stefano Massini per Colloquia

by Enrico Ciccarelli

Stefano Massini non ha deluso le grandi attese del pubblico che ieri sera ha riempito (in modalità Covid, beninteso) l’Aula Magna Valeria Spada di via Caggese per il vernissage della dodicesima edizione di Colloquia, il Festival delle Idee della Fondazione Monti Uniti. Dopo l’introduzione del direttore del Festival Gad Lerner, l’autore e drammaturgo fiorentino ha tenuto da solo banco e palco per un’oretta senza sforzo apparente, esibendo le sue grandi doti di affabulatore, accompagnate da un moto perpetuo di mani e qualche piccola eco di saporosa favella toscana.

L’oggetto del suo monologo è stato il tema del Festival: l’eresia e il suo antipodo, l’ortodossia, il rapporto controverso e difficile fra verità e menzogna.

Nel vasto pelago della storia la lenza di Massini pesca vicende mosse e variegate, con protagonisti notissimi, come l’inventore della psicanalisi Sigmund Freud, che fu colpito da come la moglie e due dei suoi figli interpretarono e narrarono una scena vista al parco, o celebrità come Nellie Bly, la pioniera del giornalismo d’inchiesta che si finse pazza per introdursi all’Asylum di Blackwell, fino ad allora occulto ricovero di atrocità per donne “strane”, e altri di relativa penombra, come il Re dei bugiardi Luis de Rougemont, al secolo Henri Grin, che ingannò con le sue false millanterie il pubblico londinese e inglese, finché non venne smascherato per quel che era davvero, un magazziniere elvetico truffatore abituale; ma dopo qualche tempo di oblio tornò a essere beniamino degli spettatori come “Re dei bugiardi”; o il tenebroso Edward Mordrake, l’aristocratico pianista che sarebbe nato con due visi (forse un caso di “gemello parassita” o di Diprosopia), uno dei quali sarebbe appartenuto a un lato “demoniaco” della sua personalità) e lo shogun Tougawa Ieyoshi, morto d’infarto per la somma eresia di vedere il Giappone aprirsi al commercio con l’estero, quando le “navi nere” (cosiddette per il fumo da nafta che le avvolgeva) del commodoro statunitense Matthew Perry si presentarono in assetto di guerra davanti al porto di Unaga, all’ingresso della baia di Tokyo.

Non è mancato l’aneddoto spiritoso, con il malcapitato attore che, dovendo fare una comparsata da soldato nazista e dovendo profferire in tono minaccioso parole in tedesco, non trovò di meglio che usare la versione teutonica di “non buttare oggetti fuori dal finestino” che compariva nei vagoni ferroviari di qualche anno fa. Espressa in tono marziale, l’espressione piaceva a tutti, finché una sera non destò una risata clamorosa; e solo allora l’attore ingaggiato a “fare il tedesco” si rese conto di essere a Bolzano.

Pietre di un rutilante caleidoscopio cangiante, utili a illustrare al pubblico come verità e menzogna, eresia e ortodossia, credenza e dubbio siano abitatori dello stesso condominio, compresenti e rissosi, con scontri e incontri che non riescono mai a essere decisivi. C’è un rapporto obbligato fra realtà e immaginario, fra ciò che reputiamo falso e ciò che reputiamo vero, fra ciò che è in noi e ciò che è extra (radice di strano, straniero ed estraneo, ma anche di straordinario). Mimetico e sovrabbondante, elaborato e chiarissimo, Massini –ci è parso- ha volutamente intarsiato nei suoi documentati racconti qualche dettaglio erroneo, qualche invenzione abbellente, qualche noncuranza filologica. Se la nostra impressione è corretta, Massini ha reso plasticamente l’essenza del suo discorso. Perché non si comprende l’eresia e la sua provvidenziale utilità senza quello che Rita Levi Montalcini chiamerebbe l’elogio dell’imperfezione.

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