Il Barbonaggio Teatrale di Ippolito Chiarello: “Come le Usca vado a domicilio, portando il teatro anche dove apparentemente non c’è”

by Andrea Giotta

Il coronavirus, così come il flagello di Attila, ha mietuto chiusure e restrizioni. Anche in ambito artistico la pandemia da covid19 ha cercato di mettere all’angolino musicisti, teatranti e ogni categoria di artista, privato del suo pane quotidiano e della cosa a se più cara: il pubblico.

Si può essere artista ai tempi del coronavirus oppure occorre appendere il cartello “chiuso per ferie…forzate”? Neanche per sogno e Ippolito Chiarello, teatrante di professione, ne sa qualcosa.

Intercettato da bonculture, tra uno spettacolo e l’altro, ha raccontato come ci si può reinventare e come si possono trasmettere emozioni anche in formato delivery, o meglio a domicilio, anche quando tutto sembra remare contro.

Siamo nel tacco d’Italia, nella zona che sulle cartine geografiche e politiche è nota come Salento, terra di vini, del griko, e di folklore. È proprio da qui, dalla mente di Chiarello, che parte l’idea del progetto Barbonaggio Teatrale, un girovagare per  diffondere culture, a portata di tutti.

“Questa pandemia, ha provocato sgomento –afferma – , ma allo stesso tempo eccitazione, l’artista ha dovuto senza dubbio farsi venire delle idee per reinventarsi. Una triste euforia, è questo l’ossimoro che ho coniato  per fotografare il momento, che noi artisti stanno attraversando”.

Come nasce l’idea del progetto Barbonaggio Teatrale?

“Dalla mia voglia di stare vicino alle persone e condividere con loro il teatro, portandolo ovunque e così da renderlo alla portata i tutti e su richiesta”.

Dobbiamo però riavvolgere il nastro indietro di oltre 10 anni per fissare le origini di questo progetto. In una serata di fine agosto del 2009 ad Andria va in scena il festival Castel dei Mondi. Dopo quel momento Chiarello, sente un disagio sia come uomo che in qualità di artista, nei confronti del sistema artistico italiano, in particolare. Questo stato esistenziale fermenta la necessità di fermarsi e trovare una strada nuova da percorrere. Si arriva così a una proposta artistica che porta il teatro anche in strada, tramite un palchetto, fruibili su richiesta e vendendoli a pezzi. Un prezzo per ogni porzione, un listino da distribuire ai passanti, ecco i pilastri di un progetto in continuo divenire. Lo spettatore è al centro di tutto: sceglie il pezzo che vuole ascoltare. Dalla Puglia, questa modalità di fare teatro ben presto giunge in tutta l’Italia, per poi varcare i confini della penisola, approdando in tutta Europa. Barcellona, Parigi e Berlino fanno da sosta per poi migrare oltreoceano nella caotica Vancouver. Dal 2010 Barbonaggio Teatrale diviene un movimento seguito da molti artisti che vede però un decalogo stilato dal suo stesso fondatore, e una volta all’anno, a Lecce, si svolge la manifestazione “Artisti barboni per un giorno” che vanta ogni edizione una grandissima partecipazione di artisti.

“Per più di dieci anni ho girato il mondo – prosegue Chiarello –  questo mio peregrinare mi ha fatto capire quanto il teatro debba andare incontro alle esigenze di tutti, e che possa essere fruibile da un pubblico sempre più eterogeneo. Tornato all’origine, sono voluto passare dalla teoria alla pratica. Inizialmente ho realizzato un primo festival in cui proponevo il mio repertorio teatrale che si svolgeva online, nelle fasce orarie serali. Ad oggi mi pento di averlo fatto con questa modalità perché ritengo che il teatro debba abbattere le distanze e si debba concretizzare dal vivo.

Durante il periodo estivo gli artisti si sono coalizzati per protestare per i loro diritti, c’è stata la nascita di tante associazioni, però dopo l’estate ho assistito a un grande silenzio, le istituzioni poi non hanno mai parlato di teatro nei decreti ministeriali emanati, tranne in qualche frangente all’inizio della pandemia. Di contro però molti artisti sono rimasti immobili davanti a tutto ciò, non facendo valere, molte volte i propri diritti.

Mi sono chiesto come mai, se la cultura è così importante e gli artisti, compresi noi teatranti, sono fondamentali nel divulgarla, non sia stato fatto nulla per cercare un viatico che potesse permettere di esprimere le nostre capacità al fine di continuare a istruire, far divertire e perché no allietare le persone?

Perché, rivolgendosi a noi teatranti, non ci hanno chiesto se avessimo qualche idea per ovviare l’inconveniente causato dal covid?

Ecco che la mia risposta personale si è materializzata con la riproposizione del format Barbonaggio Teatrale che in questo preciso momento storico, ha l’accezione di essere sempre più vicino al pubblico ed è itinerante.

Una volta partorita l’idea, quali sono stati gli sviluppi?

“Dopo aver creato un documento, un’idea poetica, sono stato molto sorpreso dal fatto che una volta pubblicata, la mia idea ha trovato consensi in molti colleghi che, condividendola, hanno contribuito alla sua diffusione. Molte compagnie hanno visto di buon occhio questo progetto, chiedendomi di replicarlo. Il tutto è nato istituendo un’unità di continuità artistica, andando quindi a parafrasare le Usca, unità speciali di unità assistenziale, i presidi medico sanitari che abbiamo imparato a conoscere sin dall’inizio dell’emergenza covid19, così come asporto, vocabolo imprescindibile degli ultimo 10 mesi. L’unione di questi termini mi ha spinto ad andare a domicilio da chi volesse ascoltare il mio repertorio, così come un medico vigila sulla salute altrui io ho garantito la divulgazione della cultura, adattandomi alla chiusura dei teatri, andando a domicilio, nel rispetto di tutte le normative anticovid.

Questo modo di fare teatro non va letto come un atto di disperazione, ma come l’esigenza di adattarsi a delle condizioni storico-temporali, facendo uscire il teatro dal luogo in cui siamo abituati a conoscerlo, fatto di un palco, di un sipario, portandolo anche dove non c’è apparentemente.

Questo progetto non finirà con la fine del lockdown e della pandemia, ma è destinato a rimanere tale anche dopo”.

E il pubblico, come ha risposto?

“Alla grande direi, faccio spettacoli ovunque, anche nei pressi di ospedali e luoghi di degenza.

C’è spazio anche per la solidarietà, con lo spettacolo sospeso. Se una famiglia mi dice che non ha la possibilità di pagarmi lo spettacolo io vado a fiducia, e lo faccio lo stesso, anche la parte gratuita per me diventa un valore, mi viene naturale farla. Diffondere cultura, anche quella comportamentale, che dovremmo usare sempre, diventa un modo per arrivare sempre di più al pubblico. Sin da quando ho iniziato davo la possibilità alle persone di acquistarmi lo spettacolo che poi avrei fatto a indigenti e nuclei famigliari in difficoltà. Sono arrivate molte donazioni, soprattutto per allietare il tempo di quanti sono degenti, in ospedali e case di cura, ci tengo a sottolineare poi che anche l’artista fa ricerca per il suo lavoro”.

E ora?

“Dopo aver mosso i primi passi durante questa pandemia nella mia terra nativa, ovvero Lecce, ci sono state richieste nelle province pugliesi, sono stato a Bisceglie e Gioia del Colle, tra le altre, ma in futuro mi sposterò in altre regioni, sono stato contattato da alcuni artisti che mi prefigurano una situazione per fare teatro all’aperto, concedendomi una bicicletta per spostarmi”.

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