«Il Sud ha smesso di raccontarsi». Nichi Vendola e la battaglia delle idee di Rocco Scotellaro

by Antonella Soccio

“È fatto giorno. Un secolo di Rocco Scotellaro” è il titolo del commovente e fortissimo reading che Nichi Vendola porta nei teatri in ricordo del sindaco poeta di Tricarico, il cantore della Lucania miserabile e struggente, l’intellettuale capace di raccontare un Sud a cavallo delle due guerre fatto di miseria, riscatto e tanta bellezza.

I versi di Scotellaro sono protagonisti al Teatro Verdi di San Severo, ma prima l’ex presidente della Regione Puglia, ha voluto regalare ai sanseveresi una conferenza stampa dal sapore meridionalista piena di citazioni, suggestioni culturali e ricordi politici,
“Felice di ritornare a San Severo, in una terra che amo. Qui ho imparato ascoltando storie di dolore e di moderna schiavitù, a comprendere che la precarietà del lavoro è nemica della libertà. Qui torno ad apprezzare i cambiamenti di una città che ha saputo rimettersi in piedi”, ha detto leggendo la sua dedica in Comune davanti al sindaco Francesco Miglio e la sua maggioranza.

L’ex governatore si è lasciato andare ai ricordi che lo legano alla comunità della città dei campanili.

“A San Severo è nato il progetto che mi ha portato alla legge sulla internalizzazione dei lavoratori della sanità, ascoltando storie sotto i palchi di cooperative, qui ho avuto la spinta fondamentale. Ogni volta che girando l’Italia raccontavo il rapporto di estorsione che c’è nel mondo del lavoro citavo San Severo. Una volta dei lavoratori mi hanno raccontato sotto il palco piangendo con rabbia qual era la condizione reale di chi in busta paga vedeva scritto 1000 euro e poi in realtà in tasca aveva la metà. Io continuo a ricevere lettere di lavoratori delle varie Sanitaservice che mi scrivono: noi ti pensiamo perché è nato nostro figlio, non sarebbe potuto nascere in condizioni di precarietà. A Lecce in una assemblea di lavoratori di Sanitaservice si alzò un lavoratore, che disse una frase un po’ sbagliata: preside’ grazie a te mia moglie è rimasta incinta”.

“In questi anni che mi separano dal mio congedo dal lavoro di Governatore mi è capitato spesso di incontrare persone che mi dicevano torna in politica- ha continuato- ed io rispondevo: io non sono mai andato via. Impegnarsi nella battaglia delle idee e sul fronte culturale è il modo migliore per fare politica. La politica pensata come propaganda non costruisce il futuro, la politica come consapevolezza culturale della storia è una buona bussola per orientarsi verso il futuro. E ho scritto libri, ho fatto uno spettacolo che ha girato in tutta Italia anche in teatri importanti, intitolato “A che punto è la notte” sulla disumanità e sul ritorno della cultura della sopraffazione. La disumanità perfino nelle campagne elettorali rivendicata come un vanto”.

Perché Rocco Scotellaro? Vendola lo spiega bene. “Negli ultimi 30 anni è assolutamente scomparsa dal dibattito pubblico la Questione Meridionale, e invece è andata in scena la Questione Settentrionale, che non è la sorella gemella. È invece l’assassina della Questione Meridionale, che in tutti i grandi pensatori comunisti, liberali, socialisti era la questione del destino nel Mediterraneo dell’Europa, era il problema di far crescere l’unificazione che dopo il Risorgimento era stata molto precaria. La Questione Settentrionale è l’idea di separarsi dal Sud diventato una palla al piede, dimenticando che la ricchezza del Nord è stata costruita da braccia meridionali”.

Anche secondo Vendola il Sud ha smesso di raccontarsi.

“Il Sud si è fatto raccontare dagli altri, ci hanno raccontato sempre come la terra dei vizi, delle mafie, della corruzione e hanno dimenticato che le mafie sono saldamente ormai da 60 anni piantate in tutto il Nord e in tutto il mondo. Dimenticando che Tangentopoli è nata a Milano. È un racconto malevolo del Sud, in cui noi abbiamo perso la parola e abbiamo anche smesso di raccontare di noi stessi. La Calabria non parla più di Corrado Alvaro, parlo di grandi nomi della letteratura. La Sicilia ha dimenticato Elio Vittorini, solo ancora un po’ ricorda Sciascia. In Sardegna è nata l’unica donna che ha vinto il Nobel per la Letteratura, Grazia Deledda. La Puglia ha dimenticato Bodini, e anche la straordinaria vicenda artistica di Matteo Salvatore e dei Cantori di Carpino che sono un grande patrimonio culturale. L’equivalente di Peppino Di Vittorio in letteratura è Rocco Scotellaro, non parliamo di un propagandista, ma di uno dei letterati più illuminati e raffinati che ha prodotto una mole importantissima di scritti. È morto a soli 30 anni, a 22 anni era già sindaco, non era solo un sindaco coraggioso, un socialista che era una speranza per la povera gente, ma era un uomo che ha pagato anche con la galera perché le classi dirigenti che si erano camuffate con la caduta del fascismo e anche la Chiesa non sopportavano l’apostolato presso le masse bracciantili di Rocco Scotellaro e quindi fece 40 giorni di carcere con una accusa folle e fu poi scarcerato. Il giudice nella sentenza scrive che avevano costruito una infame trappola per metterlo in galera. Tanto che fu così traumatica la galera – e questo anche è attuale- che fu sì eletto a furor di popolo sindaco ma lui non ce la fece più per una ragione semplice: il popolo della povera gente e dei braccianti può conquistare il Comune, può conquistare il carisma, ma non l’autorità, perché per conquistare l’autorità dobbiamo conquistare un lungo percorso di conoscenza e cultura. E infatti lui lasciò il ruolo di sindaco e andò a Portici alla scuola di Mario Dossi Doria, grande maestro del meridionalismo, per cominciare a scrivere sulla vita del mondo contadino”.

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