Intrecci di voci: Elementare, la performance del Collettivo Amigdala, tra rito, accadimento e riproducibilità

by redazione

Sei voci attraversano con il loro canto una notte intera, dalla mezzanotte al sorgere del sole. Nel 2018 il Collettivo Amigdala dava vita a Elementare, performance vocale unica nel suo genere, in uno spazio allestito appositamente perché il pubblico potesse ascoltare, addormentarsi, risvegliarsi con la musica. La soglia, la compresenza nello spazio e l’attraversamento del tempo, il rapporto con una comunità provvisoria che si trova a condividere uno spazio contingente, il confine sottile che separa canto, rito e poesia, sono le suggestioni al centro del progetto.

In occasione dell’uscita dell’album omonimo (pubblicato da Kunstverein Publishing Milano), il Collettivo Amigdala dà appuntamento a Bologna con una nuova esperienza live in cui gli artisti chiamano il pubblico a condividere il tempo di una notte, dalle 23:30 alle 6:30 del mattino, in uno spazio attrezzato per il sonno. L’appuntamento è per il 15 luglio al Parco di Villa Aldini, via dell’Osservanza 37. Si partirà alle 22:30 con la presentazione dell’album. A seguire, Elementare tornerà a prendere vita in una performance che accompagnerà il pubblico attraverso la notte e fino all’alba.

bonculture, in attesa della performance, ospita un intervento delle artiste Federica Rocchi e Meike Clarelli.

In uno spazio attrezzato per il sonno prende forma una comunità provvisoria, fondata sul desiderio di abitare insieme un crinale, un istante transitorio che verrà fatto durare lungo le ore: questo è Elementare, progetto performativo curato dal Collettivo Amigdala e da cui nasce ora un album che ne raccoglie le tracce sonore, visive e testuali.

Nella costruzione di Elementare i tre elementi di rito, canto e poesia si intrecciano e si tendono, ingaggiano un combattimento e producono così una struttura drammaturgica che ne fa i propri strumenti basilari di lavoro. Il pubblico accetta di esporsi senza tregua e per diverse ore alla voce e alla musica a cappella con l’idea di osservare ciò che accade, di goderne il mistero, di accogliere un mutamento. La musica di Elementare (composta da Meike Clarelli e performata da sei cantanti innamorati della voce, capaci di coprire una larga parte del registro “umano” – Meike Clarelli, Davide Fasulo, Antonio Tavoni, Vincenzo Destratis, Elisabetta Dall’argine, Fulvia Gasparini) è un idioma essenziale, una lingua con la quale potersi incontrare e mescolare. Un canto che non necessariamente dice è l’unità di misura minima di Elementare, voce prima ancora che linguaggio, da cui solo a tratti emergono figure di senso possibili e sempre provvisorie.

Ma Elementare è innanzitutto un’esperienza: sia per chi la performa, facendo durare il proprio canto attraverso le ore della notte fino a portarlo al punto di rottura, il punto in cui il controllo e la precisione si perdono e lasciano emergere un’inaspettata parte di sé; sia per chi ne gode addormentandosi, costringendosi alla veglia o alternando a essa il sonno, restando in uno spazio di soglia, entrando in una dimensione quasi rituale. Per gli uni e per gli altri, è il canto a dettare il tempo e la poesia a guidare l’attesa.

Un canto rivolto alla notte, come tempo della sospensione e del sovvertimento, una celebrazione dell’attesa in cui l’alba diventa figura di un attraversamento. Sei voci che restano accese per tutto il tempo, l’esercizio di una presenza senza confini certi tra artisti e pubblico, parole che si addensano e stillano su un lenzuolo bianco: sono questi gli elementi primari attraverso i quali si fabbrica uno spazio poetico condiviso. Mentre con il trascorrere delle ore si forma un vocabolario, quasi una preghiera collettiva, Elementare esprime lo sforzo di una durata corale che chiama pubblico e artisti a condividere il tempo di una notte.

Il disco nasce dal desiderio di trasformare l’esperienza performativa di Elementare in un luogo di risonanza che possa ampliare i confini del suo accadere live. Lo spazio discografico apre un’altra modalità, quella di un linguaggio che entra in circolo e fa vibrare diversamente le voci dei sei cantanti.

Elementare è infatti un processo stratificato, all’interno del quale negli anni sono maturati incontri e scambi, di cui il paesaggio del progetto si è via via nutrito. I testi a firma di Gabriele Dalla Barba, riportati nel poster che accompagna il disco, hanno costituito il terreno fertile dal quale è scaturito l’immaginario della performance. Lingua poetica che, come un magma infuocato, ha dato impulso alla messa al mondo dei canti e della struttura drammaturgica, grazie al lavoro congiunto del Collettivo Amigdala e alla generosità dei sei cantanti-sciamani.

Attraverso un accadimento performativo che entra in stretta relazione con i luoghi che lo ospitano, Elementare è riuscito a ogni replica a adattarsi a spazi acustici diversi e a ricrearli. Le diverse forme sonore in cui Elementare ha trovato espressione sono testimoniate nel disco stesso: i brani del vinile sono stati registrati al Castello di Levizzano (MO), appositamente trasformato dall’ingegnere del suono Davide Cristiani in un inedito studio di registrazione, tra volte, anfratti e riverberi sotterranei; il live accessibile dall’apposito link, invece, costituisce una bonus track assolutamente particolare e consente di ascoltare l’intera performance notturna raccolta al Teatro Quaroni del Borgo La Martella per Altofest 2019 a Matera.

L’album, inoltre, raccoglie e sviluppa il lavoro visivo realizzato da Sara Garagnani nel corso delle diverse repliche, che include la paziente scrittura delle lenzuola durante la notte, su cui l’artista lascia sgocciolare le parole poetiche con la precisione calligrafica di un rituale infinito.

La forza centrifuga di questa esperienza ci ha condotto dunque a concepire questo oggetto, che non coinvolge solo le sensibilità direttamente connesse all’origine, ma ha potuto incontrare anche le editrici e curatrici di Kunstverein e la loro sensibilità per le produzioni artistiche ibride. Il cerchio di Elementare non si chiude né nel teatro né nella musica in senso stretto, ma in un’opera ulteriore che assembla, raduna e cuce pezzi di mondo e saperi specifici. Non solo, dunque, la testimonianza di un’impresa compiuta ma anche la necessità di continuare a fabbricare nuove occasioni di senso che abbiano al centro la coralità come modello di resistenza e la durata e la sua fatica come antidoti al consumo del presente.

Cantare è accogliere l’imprevisto, bruciare, perdere le coordinate, dosare, precipitando, istante dopo istante, avere una visione, tenersi insieme e infine lasciare andare tutto.

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