Invidia e denigrazione delle donne, Eva Cantarella mostra la genesi del gender gap nel logos greco a Musica Civica

by Antonella Soccio

Dal mito di Pandora di Esiodo, con cui comincia la grande denigrazione del genere femminile, considerato una sciagura per l’uomo, a Semonide da Amorgo con la sua Satira delle Donne, il Giambo delle donne, in cui si amplia l’idea di un genere sventura, secondo uno schema favolistico di derivazione popolare.

La professoressa Eva Cantarella nell’ultimo appuntamento di Musica Civica al Teatro Umberto Giordano di Foggia ha illuminato alcuni momenti di una vicenda lunghissima, che dal mito di Pandora giunge ai medici e ai filosofi greci, che hanno fondato il pensiero occidentale. È in Grecia che nasce l’idea di una donna inferiore all’uomo.

“Dal momento in cui sono comparse le donne gli uomini hanno conosciuto l’infelicità”, è questo l’assunto di base del pensiero greco e delle varie voci, da Parmenide, Ippocrate, Platone e Aristotele.

Semonide fa un catalogo dei vari tipi femminili, ciascuno dei quali è fatto derivare da un animale, di cui la donna conserva le caratteristiche. Nell’ordine ci sono la donna pigra, sudicia e golosa assimilata alla scrofa, quell’astuta alla volpe, quella curiosa e petulante come la cagna, quella volubile al mare, la lasciva come la donnola, quella che si accoppia facilmente come l’asina. Tutte sono delle disgrazie per l’altro sesso, si salva, come ha ricordato la storica, solo la donna ape, ma Semonide avverte che si tratta solamente di un sogno.

Insomma, secondo Cantarella, gli uomini greci avevano una grande paura e una grande invidia nei confronti delle donne. Durante la lezione della professoressa è stato interessante scorgere nel mito greco anche alcuni temi attualissimi e divisivi anche per le donne, come l’utero in affitto.

Lo Zeus seduttore seriale porta in sé la più grande invidia maschile, che è quella per l’utero femminile e per la sua capacità di gestazione.

Ci sono due storie, ha detto Cantarella, quella con Metis, che è “intelligenza ma non logos, ma l’intelligenza astuta”, e quella con Semele, che raccontano molto bene questo sentimento. In entrambi i casi Zeus mangia o si libera delle sue due amanti e finisce col generare lui la prole.

Nascono Athena e Dioniso, quest’ultimo dal seme nutrito in una coscia. “Zeus riesce ad espropriare una donna della sua capacità di generare, un desiderio di genitorialità maschile che è invidia dell’utero. Oggi questo desiderio di genitorialità è molto presente e il mito greco ci fa pensare a cose vicine a noi”.

Cantarella è poi passata dal pensiero mitico al pensiero logico e scientifico insieme a quello medico, analizzando il Corpus ippocraticum, dedicato alla ginecologia.

“Degli organi interni degli uomini qualche idea potevano averla perché andavano in guerra, ma le donne non facevano sport, non avevano ferite, i medici non sapevano nulla del corpo femminile. L’unico segno era il sangue mestruale: qualcuno diceva che il sangue usciva perché il loro corpo era più caldo e avevano necessità di espellerlo, altri che era più freddo. Il sangue arrivava all’utero e lì incontrava il seme maschile”.

Nasce in Grecia anche l’equivoco dell’isteria giunta fino a Freud, chiamato il morbo sacro. Per i greci l’utero si poteva addirittura spostare, essendo mobile cercava il posto migliore.

“Quello che contava nelle donne era solo l’utero, la donna coincideva col suo utero. Un tema che ritroviamo nell’Orestea di Eschilo. Oreste viene assolto ma perché non è la madre la genitrice, il genitore è solo il padre. Il figlio è figlio solo del padre”.

Anche su Platone c’è un grandissimo equivoco, secondo Cantarella: il filosofo fu interpretato come un precursore delle donne, ma invece era uno degli uomini che più odiava le donne, aveva un disprezzo totale per il genere femminile. “Nel Timeo esprimeva la sua idea della reincarnazione. Nasciamo dagli astri, diceva: chi si è comportato bene torna nel suo astro, chi non ha vissuto bene torna giù sulla terra e si reincarna in donna o in altro animale. Ecco la considerazione che aveva delle donne: le conseguenze di questa teorizzazione di inferiorità sono essenzialiste. Il pericolo nel credere di una differenza essenzialista è enorme e i greci ce l’hanno dimostrato”, ha concluso la professoressa.

Dopo la lezione, la serata di Musica Civica ha visto un particolare tributo ai Queen e al grande Freddy Mercury, con tanto di rappresentazione teatralizzata della vita della star. Frutto di un’altra straordinaria penna italiana, quella del compositore e arrangiatore Roberto Molinelli, il concerto scoppiettante dell’Orchestra della Magna Grecia è riuscito a dare molto movimento al pubblico.

Arrangiamenti brillanti per coro, band, orchestra e per la voce di Alberto Ambrogiani hanno dato vita ad uno spettacolo globale in cui musica, parole, rock e classica si sono fuse.

Il Freddy in platea

Del resto come lo stesso direttore Molinelli ha spiegato ai microfoni di Enrico Ciccarelli per Teleblu, Freddy Mercury nel suo ultimo album, Barcelona, con Montserrat Caballè, decise di dirigere il suo interesse verso la musica colta, grazie ad un piano armonico che avrebbe fatto invidia ai più grandi compositori di musica classica.

Sul palco tutti i classici della band inglese e del mito di Zanzibar. L’orchestra potrebbe riprovarci il prossimo anno con i Genesis o altri gruppi pop rock.  

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.