La mafia e la dimenticanza si combattono con la cultura. L’eredità del Sindaco Pescatore

by Gabriella Longo

Angelo era un pescatore, ma aveva la licenza classica e quando con la sua barca passava davanti ad Elea sapeva che lì era nata la scuola filosofica di Parmenide e Zenone. Lo studio è fondamentale, lui era un uomo molto semplice, ma la storia di un uomo cammina di pari passo con la propria cultura e con la propria intelligenza. L’importante è saper convogliare queste forze nella direzione giusta. Se lo si fa, non ce n’è per nessuno. Né per la mafia, né per la Camorra né per chi vuole fare traffici vestendo i panni delle istituzioni.

Con queste parole Dario Vassallo ricorda il fratello Angelo in apertura allo spettacolo Il Sindaco Pescatore, tenutosi il 22 marzo presso il Teatro Petruzzelli all’indomani della giornata della memoria delle vittime di mafia. Sul palco insieme a lui il Governatore Michele Emiliano, il sindaco di Bari Antonio Decaro e i tanti amministratori della rete della Fondazione Vassallo, alcuni arrivati dalla Daunia come Rosario Cusmai e i sindaci di Monte Sant’Angelo e Peschici, Pier Paolo d’Arienzo e Franco Tavaglione.

Un messaggio tragicamente vero quello di Dario Vassallo, nonché il trait d’union tra gli episodi che compongono il lungo monologo in cui Ettore Bassi interpreta Angelo Vassallo, sindaco di Pollica dal ’95 per tre mandati, ma anche pescatore illuminato, a cui la natura e il mare avevano insegnato il senso della giustizia e del rispetto.

Tratto dall’omonimo libro di Dario, il Sindaco Pescatore – la cui regia è firmata da Enrico Maria Lamanna – è come un album di fotografie. Ci sono tutti i momenti della vita di Angelo, molti dei quali hanno poco o niente a che vedere con la politica, ma semmai con l’incredibile tattilità che hanno certi ricordi: come quella volta in cui il primo cittadino dovette “mettere le mani nella merda” per risolvere un guasto al depuratore, o come quando, cadute in mare, stese al sole un mucchio di banconote appartenenti a quello che sarebbe diventato poi un suo amico, o, ancora, come quando salvò dall’estinzione l’odoroso giglio di mare del porto di Pollica. A Ettore Bassi non sono serviti altro che sé stesso e la sua voce, all’interno di una scenografia giustamente minimale, per ripercorrere la vita e la carriera di un uomo sostenitore fervido e instancabile della solidarietà, della legalità e della bellezza, tragicamente ucciso il 5 settembre 2010 per mano di assassini tutt’oggi ancora ignoti.

Accanto a Dario Vassallo, Michele Emiliano promette solidarietà: “Non smetteremo mai di cercare la verità”. Angelo Vassallo (Ettore Bassi), rivolge il suo monologo a un “tu”, e cioè all’assassino senza volto. Raccontando la sua vita, non solo la mette a disposizione di chi glie l’ha sottratta ma ne dà anche un po’ a chi è al di qua della quarta parete, a noi che, indipendentemente dalle istituzioni, dovremmo essere in grado di cercare quella verità ogni giorno, per non diventare le prossime vittime dell’ignoranza e poterci difendere dall’oscurantismo con l’unica arma che valga davvero la pena di essere usata, e cioè il sapere.

Come poteva il Sindaco Pescatore non aver letto Il Vecchio e il mare… e se lo chiede, ad un certo punto, Angelo/Ettore Bassi, se il suo assassino, fuori da ogni cliché, semplicemente, impugnasse la pistola perché non aveva potuto stringere un libro. Quello di Hemingway, ad esempio.


Foto: Valerio Fiume

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