L’Ennesimo Teatrino Garganico di Dada Lupe crea sentimento

by Fabrizio Stagnani
Dada Lupe

“Pe l’acqua e la funtana”, in scena un duello d’amore ispirato alla tradizione, ma rielaborato in toni moderni.

Una performance teatrale con la quale Dada Lupe, artista lesinese, accompagnata dal Maestro Ermanno Ciccone alla chitarra, rievoca il brano della canzone popolare garganica “La via d’la funtanella” interpretandola con tecniche della narrazione e del teatro di figura.

Tra gli ultimi palchi calcati da lei e la sua compagnia, l’Ennesimo Teatrino Garganico, quello del Auditorium Federico II Eventi, il 29 dicembre 2018, in occasione di Bibart – Biennale Internazionale d’Arte di Bari e Area Metropolitana.

Ad accogliere il pubblico profumo di incenso, cinguettii a sonorizzare l’ambiente, sul palco burattini-totem incastonati in una scenografia fiabesca, il tutto finalizzato a dare nuovo lustro alla figura del cantastorie. La vicenda, un rincorrersi di amanti che si cercano e si negano nel loro corteggiarsi.

GLI ARCHETIPI DEL TESTO “DONNE CHE CORRONO COI LUPI” DI CLARISSA PINKOLA ESTÈS

Dada Lupe, perché questo nome?

Dada è uno dei miei primi nome d’arte, lo presi nel 2006. Era il nome del mio cloun quando lavoravo con i bambini a Bologna. Avevo appena letto il manifesto del dadaismo e mi sembrava molto vicino al mio modo di fare incursioni teatrali. Ancora adesso mi ispiro al dadaismo anche se allo stesso tempo non mi piace, perché è un nonsence, mentre io sono spiritualista convinta. Lupe è il cognome che ho preso ultimamente, facendomi affascinare dai movimenti femministi andini e alcuni dei loro stessi archetipi trovati nel testo “Donne che corrono coi lupi” di Clarissa Pinkola Estès.

In che maniera sei vicina alla commedia d’arte?

Mi piacerebbe rifondarla. Si lavora adesso tanto con la distruzione degli steriotipi culturali per costruirne di nuovi. Ma prima bisogna conoscerli bene e riderci sopra. La commedia dell’arte fa parte del modo di esprimermi. Immagino la figura di Istrione come un performer. L’improvvisazione è una parte che mi caratterizza. In “Pe l’acqua e la funtana” ci sono anche dei contenuti che mi faccio suggerire dal pubblico prima di entrare in scena. Parole raccolte in un momento che precede l’inizio dello spettacolo vanno ad integrarsi con il testo originale della canzone.

Come vive il Gargano nella tua arte? 

Prendiamo proprio i temi della tradizione popolare garganica cercando di rielaborarli. Mi sono ritrovata a cantare “La via d’la funtanella” in un periodo in cui vivevo una storia sentimentale simile a quella della canzone. Un lui ed una lei che non si comprendono pur provando un forte desiderio. Non entusiasmandomi l’aspetto musicale, l’ho reinterpretato rendendolo più contemporaneo. Ma il significato di fondo resta quello: c’è bisogno di tempo nelle questioni d’amore, per conoscersi, per capirsi.

Dove possiamo rivenire il femminismo?

Nella storia narrata c’è un duello d’amore che insegna alla donna a ritrarsi ma anche a concedersi sino a comprendere quanto il “cavaliere” è all’altezza del suo bacio. Vorrei portare questa performance nelle scuole, perché oggi si va un po’ troppo di fretta. Non che sia sempre sbagliato. Però dopo lo sdoganamento dei valori cattolici, il punk, la cultura contemporanea porta a far perdere completamente il valore sentimentale al sesso. Nulla da recriminare, ma sarebbe bello recuperare del candore in contro tendenza. Sennò saremmo animali, non uomini e donne.

Le scenografie sono tutte realizzate da materiali riciclati?

I miei burattini nascono da quelle che chiamo “madri di legno”. Rami spiaggiati che ritrovo lungo le mie passeggiate sulle coste del Gargano nei quali riconosco volti multipli e dettagli utili alle mie storie. Poi li completo con pezzi di risulta, come tutto il resto sul palco. Per me, i burattini, sono totem che riempio di contenuto, se non sono come me in scena mi manca la loro energia.

Vernacolo, viatico o limite?

Entrambi. Limite perché il dialetto stretto non è comprensibile ai più, io cerco di italianizzarlo. Faccio in modo che il senso arrivi sempre. Seguendo la musicalità del verso inserisco anche termini che non sono del mio dialetto, l’importante per me è che rimandino una lingua antica. Viatico perché ha un potenziale espressivo incisivo.

by Fabrizio Stagnani 

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