Musica Civica nella «Edizione Sole» non sbaglia un colpo: persuade l’interessante comunicazione di Finucci sul ruolo dei satelliti civili nella guerra russo-ucraina

by Enrico Ciccarelli

«Musica Civica», o della qualità compatta. L’edizione numero XIV della fortunata rassegna ideata e curata da Gianna Fratta e Dino De Palma potrebbe essere chiamata l’Edizione Sole, per similitudine con il Re Luigi dello stesso numero. Quest’anno gli incontri di musica e parole si sono rivelati tutti particolarmente seducenti e apprezzati, e non solo per eventi-monstre come il concerto di Tony Hardley, indimenticato front man degli Spandau Ballet.

A sette giorni di distanza da quel concerto epocale, il Teatro «Giordano», tradizionale culla della rassegna, ha ospitato il noto giornalista della 7 Frediano Finucci per parlare di alcuni aspetti peculiari e interessanti del conflitto tra Russia e Ucraina.  Anche se momentaneamente oscurata dall’altra crudele tragedia che si sta svolgendo nella martoriata Terra Santa, la drammatica vicenda nella quale l’Orso russo tenta (finora con successi assai parziali rispetto alle mire) di distruggere o smembrare l’Ucraina continua ad essere assai presente nella vita quotidiana degli Europei, sia per la presenza di molti profughi sia per l’impatto che le sanzioni economiche alla Russia hanno avuto sul costo dell’energia.

Nel suo libro «Operazione satellite» (Paesi Edizioni, 2023) il giornalista lucchese si occupa di terreni di scontro e di modalità belliche relativamente inedite: il principale è il ruolo imprevisto che satelliti di proprietà privata hanno giocato conflitto. Il riferimento è alla rete Starlink, dell’eccentrico miliardario Elon Musk, che ha reso inefficace l’azione degli hacker russi che avevano «oscurato» i dati provenienti dai satelliti di proprietà governativa, con l’intenzione di rendere cieco e sordo sia il governo che l’esercito di Kiev. Ma la presenza di Starlink, il cui proprietario ha risposto favorevolmente all’appello rivoltogli da Zelensky, ha frustrato questo disegno e trasferito nel Terzo Millennio quella «guerra novecentesca» che era probabilmente nelle intenzioni e nei desideri di Vladimir Putin.

Ma non si tratta di novità che riguardano solo la tecnologia o gli strumenti di offesa e difesa: pongono problemi strutturali di governo di realtà che ormai non sono circoscrivibili al ristretto recinto degli Stati, come a breve non lo saranno, con ogni probabilità i droni, micidiali strumenti di controllo e analisi, ma anche di incursione, che nella guerra tra Kiev e Mosca hanno fatto il loro debutto su vasta scala. Autorevole, documentato, mai fazioso, l’intervento di Finucci ha riscosso attenzione e consenso, malgrado la comprensibile saturazione di un’opinione pubblica che vive con angoscia e sofferenza la «guerra mondiale a rate» che il nostro pianeta sta vivendo.

Ma a garantire spensieratezza ha provveduto la fragorosa, spettacolare, coinvolgente esibizione dello Janoska Ensemble. Nato dieci anni fa, il quartetto slovacco sembra fatto apposta per smentire la bizzarra teoria espressa da Leone Tolstoj nella Sonata a Kreutzer, secondo cui la musica è un’invenzione demoniaca buona solo a sfasciare le famiglie. L’ensemble Janoska è una famiglia non solo metaforica: František Janoska suona il piano, i suoi fratelli Ondrej e Roman sono ai violini e al contrabbasso c’è il loro cognato Julius Darvas. Quattro musicisti di portentosa bravura, che hanno come principale caratteristica il virtuosismo; però lo usano non per una impeccabile esecuzione del vastissimo repertorio classico, ma per impressionanti, inattese, sorprendenti itinerari a cavallo tra secoli e generi.

Si presentano con la prima Danza Ungherese di Johannes Brahms, limitandosi ad accentuarne le caratteristiche maestose e trascinanti, e poi ammanniscono al pubblico la Bagatella in La minore del sommo Ludwig van Beethoven. Sì, proprio quel capolavoro in miniatura di dolcezza e di romanticismo che il mondo conosce meglio come «Per Elisa». Nel suo farsi quadruplice, il tema che quasi tutti hanno provato ad accennare sulla pianola diventa un favoloso e sulfureo antro di Efesto, con echi jazzistici e tzigani, abissi e cime alla Paganini, afrori di country&western per una durata quasi doppia rispetto all’originale.  Irriverente e inaudito, impetuoso e formidabile.

Ma la Janoska family ha solo cominciato a stupire. Le incursioni fra le epoche e generi sono appena cominciate e se ne ha la prova con il tema di Yesterday. Una versione strumentale di cui probabilmente Paul McCartney e i Fab Four, o almeno la metà che ne rimane, sarebbero più che soddisfatti, con un violino alto e struggnete e l’altro utilizzato a mo’ di chitarrina, con la storia dell’amore che sembrava un gioco facile da giocare che trasmigra in modo inavvertito suli moli di Santa Lucia a Napoli.  E poi Odio l’estate, il crepuscolare e scontroso inno alla nostralgia di Bruno Martino si apre a sonorità e ritmi vivaldiani, per poi giocare a rimpiattino fra musica classica e leggera e così via, per un’ora di concerto mozzafiato.

Letterale apoteosi per il bis, che il formidabile quartetto dedica a un atipico e godibilissimo ’O sole mio. Introdotta da uno struggente dialogo di violino e pianoforte e da una indiavolata sarabanda che allinea czarde e Fred Astaire, il pianista chiama il pubblico a cantare versi che tutto il mondo conosce. Giovani in felba e signore in età, musicisti smandrappati e professionisti tirati a lucido, belle ragazze e sessantenni azzimati cantano come un sol uomo, e nemmeno malaccio, in verità. Versati anche nel marketing emozionale, questi mirabili virtuosi di Bratislava. Il resto è applauso.

Nel video l’intervista a Frediano Finucci

You may also like