«Parabellum», performance sfidante. L’inedito live di Collettivo Mediante, Avl e Teatro della Polvere

by Enrico Ciccarelli

Sfidante. Un aggettivo-participio che inquadra bene questo «Parabellum, una parola per la guerra», la performance live allestita davanti al Pronao della Villa Comunale di Foggia all’imbrunire di una domanica di maggio.

Sfidante per l’argomento, naturalmente: il live è centrato sul desiderio di indicare un percorso diverso rispetto a quello bellico e bellicista inciso nelle parole dell’attualità. Sfidante anche per le modalità: due brave giovani attrici, ma anche videoinstallazioni, valige-astuccio da aprire e ripiegare, un uso inedito dello spazio urbano.

Sfidante per i proponenti: il Collettivo Mediante che si definisce di resistenza artistica e considera l’attività culturale unico elemento necessario alla sopravvivenza umana; la Avl, società di produzione e servizi per eventi culturali, con particolare vocazione alle nuove tecnologie; l’irrequieto e creativo Teatro della Polvere.

«È una performance live pensata per destrutturare il concetto di arma» dice Deborah Carlucci, del Teatro della Polvere «Ci muoveremo in scena portando un messaggio»

Perché proprio qui, davanti alla Villa Comunale?

«Perché riteniamo questo il fulcro importante della città, dove c’è molto passeggio» risponde Mariangela Conte, di Mediante «ma soprattutto, essendo una performance dal vivo, quindi breve, lascia dei messaggi precisi».

«È un momento di condivisione di alcune domande» dice dal canto suo Pasquale Oa, di Mediante, ideatore del progetto «che riguardano la contraddizione che ci lega ogni giorno a questo discorso della guerra. Vogliamo sottolineare quanto è importante prendere una posizione “professionale” nei confronti della pace. Ogni giorno, e non soltanto quando è troppo tardi.

«Mi emoziona molto» prosegue Oa «il percorso che abbiamo fatto con questa iniziativa, perché è una connessione che nasce da un’idea di pace e di amore per il territorio. Una riflessione che potremmo condividere è che la movimentazione economica di una guerra potrebbe indurre a pensare che la guerra sia un lavoro e la pace no. Per questo bisogna lavorare per la pace».

Brave le performer, magnifiche le videoinstallazioni, con una donna russa e una ucraina che declinano in lingue diverse la parola pace, suggestiva ed elegante l’idea di un kit di montaggio che sembra di un’arma ed è invece di un leggìo. Parabellum, però, paga più di uno scotto all’inesperienza, a cominciare da un audio del tutto insufficiente a farsi percepire in uno spazio così ampio. Ma le sfide belle non sono quelle che si vincono subito. Come dice l’ideatore, la pace è una professione. E in nessuna professione si nasce –come suol dirsi- imparati. Alla prossima, esploratori.

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