Pasolini, la malinconia indossata come profumo

by Enrico Ciccarelli

Struggente, di rara intensità, ma anche istruttivo, questo A Pa’, Pasolini Suite 100, lo spettacolo andato in scena all’Auditorium di Santa Chiara come secondo appuntamento della VII edizione di Musica Felix, la rassegna organizzata dalla quasi omonima Fondazione Apulia Felix.

Un tributo a Pier Paolo Pasolini nel centenario della nascita che restituisce la tormentata vastità di uno dei maggiori intellettuali dell’Italia del Novecento, così poliedrico e a tratti contraddittorio che ogni etichetta, da quella di regista a quella di poeta a quella di polemista, gli va davvero troppo stretta.

Gabriele Nardini, da anni appassionato studioso dell’artista friulano, ha costruito una narrazione per musica e parole intorno alla sua figura attingendo a diverse fonti, dalle lettere e poesie dello stesso Pasolini (con la splendida e disperata lirica Supplica alla madre, il lutto per la tragica morte del fratello partigiano, trucidato a Porzus in uno degli episodi più oscuri della Resistenza) e delle donne che lo conobbero, da Laura Betti a Oriana Fallaci all’immensa Maria Callas.  

Parole punteggiate di musica, grazie alle bravissime musiciste del quartetto d’archi Cecile, di Francesco Galizia a sax e fisarmonicaPietro Verna a voce chitarraAntonio Palazzo, che ha curato anche gli arrangiamenti, al pianoforte. Un ensemble collaudato ed efficace, la cui performance ha spaziato dalla musica colta di Johann Sebastian Bach ai canti romaneschi di borgata, dalle musiche da film di Nino Rota al grande cantautorato italiano, dall’Ivano Fossati di C’è tempo al Lucio Dalla di Futura.

Chiusura con i due brani che all’artista furono dedicati: quello di Francesco De Gregori, che per le singolari astuzie della storia ebbe uno zio suo omonimo assassinato insieme al fratello di Pasolini: un brano delicatissimo, di addio e di rimpianto; e quello di Fabrizio De André, Una storia sbagliata.

Un percorso adeguato a celebrare questo fragile gigante, questo genio dall’anima ulcerata che si chiamò Pier Paolo Pasolini. L’uomo che, secondo le formidabili parole di Oriana Fallaci, indossava la sua malinconia come un profumo.

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