“Per chi suona la sveglia”, la Bottega degli Apocrifi scuote Manfredonia dal torpore col teatro

by Daniela Tonti

Una stagione che parla al femminile, attraverso i temi e le grandi attrici che calcheranno il palco del Teatro Lucio Dalla a Manfredonia. Così l’ha definita Cosimo Severo della Bottega degli Apocrifi stamattina a Palazzo San Domenico.

Una gestazione incerta vista la situazione di commissariamento che vive il Comune di Manfredonia, sciolto per infiltrazioni mafiose e che proprio dal commissariamento della città parte rivendicando una funzione politica del teatro: dalla proposta degli spettacoli al ruolo di rito collettivo e riflessione sul contemporaneo. Sulla campagna abbonamenti – ovvero sulla risposta della città a questo sforzo – le speranze e le aspettative sono altissime.  I risultati al botteghino potrebbero dire qualcosa sulla voglia di redenzione e persino di riscatto da una certa afflizione collettiva.

“Non è stato facile salvare questa bella realtà che abbiamo trovato e che non volevamo mortificare, più di quanto gli eventi già non ci costringono a fare. Abbiamo fatto tutto il possibile per non mortificare questa aspettativa da parte di una collettività già molto provata”, ha spiegato il commissario prefettizio Vincenzo Piscitelli.

Tra le novità, un “teatro forum” per ogni spettacolo organizzato dalla rivista Teatro e Critica, una sorta di guida alla visione della messa in scena di una stagione che si preannuncia diversa dalle altre. La partecipazione resta l’obiettivo principale.

“Non basta fare gli spettacoli – ha spiegato Peppino D’Urso – c’è bisogno dei cittadini. Questa di Manfredonia non è la classica stagione teatrale ma è la comunità che si trova attorno al teatro”. D’Urso, che punta tutto sul pubblico giovanile, ha inoltre lanciato l’idea “regaliamo un abbonamento” per sostenere in modo concreto lo sforzo sulla cultura.

La stagione si chiama Per chi suona la sveglia e si rifà, come ha spiegato Cosimo Severo, oltre che a Hemingway e John Donne e alla consuetudine di suonare la campanella prima del sipario, anche al melodramma bellico di Sam Woods del 1943 con Ingrid Bergman e Gary Cooper.

9 spettacoli in cartellone. Si inizia il 14 dicembre con La scuola delle mogli di Molière con Arturo Cirillo. Si parte quindi da una delle opere più ferocemente criticate di Molière, tanto che fu l’autore stesso a replicare alla censura portando in scena i personaggi ne la Critique de l’ecole des femmes per difendersi da tutte le accuse: dalla scelta dei tre atti che stravolgevano i moduli classici, alla mescolanza di linguaggio tra prosa e poesia fino alla mancanza di buon gusto. La scuola delle mogli è una di quelle opere che bene traducono il pensiero di Moliere secondo il quale è più facile innalzarsi sui grandi sentimenti, accusare il destino e dipingere degli eroi che gli uomini comuni. Ed è sull’uomo contemporaneo e sulle attitudini umane che opera il ribaltamento della prospettiva comica.

Tra le proposte, il 20 dicembre c’è Tango Glaciale Reloaded uno degli spettacoli che ha caratterizzato le avanguardie teatrali degli anni 70/80 alle prese con i nuovi linguaggi e che vede la coabitazione sulla scena di danza, jazz e arti performative e diretto da Mario Martone.

Il 22 gennaio andrà il scena Sonetti. Cantare Shakespeare, annunciato come “un rito catartico collettivo capace di attraversare i secoli” e curato dalla stessa Bottega degli Apocrifi.

Il 21 marzo è la volta de La rivolta degli oggetti da Vladimir Majakowskij anche questo un testo che affonda le radici nelle avanguardie russe e portato in scena negli anni 70 sulla scia delle teorie della performance e degli studi sullo spazio scenico e sulla biomeccanicità dell’attore.

Il 6 marzo Reglas, Usos y Costumbres en la Sociedad Moderna interpretato da Cristina Yáñez un testo di Luc Lagarce, unico monologo tra le pieces teatrali del drammaturgo francese e che nel testo originale elenca tutte le regole e le etichette dalla nascita alla morte che l’uomo deve rispettare in società creando una satira della borghesia e dell’omologazione sociale imposta all’uomo contemporaneo. Lagarce è un autore scoperto solo dopo la sua morte, morto tra l’altro giovanissimo per aids, molto rappresentato in Francia. I suoi lavori presentano sempre grandi sperimentazioni linguistiche metateatrali.

Il PROGRAMMA

14 Dicembre 2019 MARCHE TEATRO – Teatro dell’Elfo – Teatro Stabile di Napoli Arturo Cirillo in

LA SCUOLA DELLE MOGLI di Jean Baptiste Molière; traduzione di Cesare Garboli; con Arturo Cirillo, Valentina Picello, Rosario Giglio, Marta Pizzigallo, Giacomo Vigentini; scene Dario Gessati; costumi Gianluca Falaschi; luci Camilla Piccioni; musiche Francesco De Melis; regia Arturo Cirillo.

“La scuola delle mogli” è una commedia sapiente e di sorprendente maturità: vi si respira un’amarezza e una modernità come solo negli ultimi testi Molière riuscirà a trovare. Vi è la gioia e il dolore della vita, il teatro comico e quello tragico, come in Shakespeare. Il tutto avviene in un piccolo mondo con pochi personaggi. M’immagino una scena che è una piazza, come in una città ideale, con la sua prospettiva, la sua geometria, dove al centro vi è una casa girevole, al cui interno possiamo vedere una scala che porta ad una camera che è anche una cella, una stanza delle torture. L’azione avviene nello spazio tra questa casa ed un’altra, che non vediamo, appartenenti entrambe al protagonista, il quale si fregia di un doppio nome e di una doppia identità, come doppia è la sua natura. Egli è uno spietato cinico ma anche un innamorato ossessivo, un indefesso fustigatore delle debolezze altrui come anche una fragilissima vittima del proprio gioco. Al centro una giovane donna cavia di un esperimento che solo una mente maschilista e misantropica poteva escogitare: è stata presa da bambina, orfana, e poi lasciata nell’ignoranza di tutto per poter essere la moglie ideale, vittima per non dire schiava, del futuro marito che la dominerà su tutti i piani, economici, culturali, psicologici. La natura, l’istinto, l’intelligenza del cuore renderanno però vano il piano penitenziale e aguzzino che si è tramato intorno a lei. (…) Arturo Cirillo

20 Dicembre 2019 Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto da Mario Martone

TANGO GLACIALE RELOADED (1982 – 2018) progetto, scene e regia Mario Martone; riallestimento a cura di Raffaele Di Florio e Anna Redi; elaborazioni videografiche Alessandro Papa; con Jozef Gjura, Giulia Odetto, Filippo Porro; interventi pittorici / design Lino Fiorito; ambientazioni grafiche / cartoons Daniele Bigliardo; parti cinematografiche / aiuto – regia Angelo Curti, Pasquale Mari; elaborazione della colonna sonora Daghi Rondanini; costumi Ernesto Esposito; testi Mario Martone, Tomas Arana, Lorenzo Mango, Saffo, Bow Wow Wow, Joseph Beuys, Der Blau Engel.

Nel 1982 debuttò Tango Glaciale, uno degli spettacoli più belli, coinvolgenti, intensi di quella straordinaria stagione che vedeva una generazione intera, in Italia, rimettersi in movimento. La regia era di Mario Martone e in scena c’erano Andrea Renzi, Tomas Arana e Licia Maglietta, esponenti di “Falso Movimento”, il collettivo che in quegli anni cambiava la storia della sperimentazione teatrale italiana. Oggi il regista ripropone lo spettacolo con interpreti giovanissimi e, a distanza di trentacinque anni, conferma il carattere rivoluzionario del progetto. Una griglia spaziale crea dodici ambienti per dodici diverse scenografie con un sistema di architetture di luce realizzato con filmati e diapositive. Tre abitanti attraversano una casa: dal salotto alla cucina, dal tetto al giardino, dalla piscina al bagno. Un’avventura domestica dall’esterno all’interno dell’abitazione ma anche un viaggio figurato dall’ordinario al fantastico, dalla musica al suono, dal gesto al movimento. Tango Glaciale Reloaded è un universo di ritmica freschezza generato da una cascata di immagini, musiche non solo pop e jazz, danze e azioni/citazioni. A sorpresa, questo postmoderno anni Ottanta, in una vertigine temporale, ci catapulta ancora nel futuro.

22 Gennaio 2020 Bottega degli Apocrifi Concerto Teatrale

SONETTI. CANTARE SHAKESPEARE da William Shakespeare, selezione dei sonetti e traduzioni Stefania Marrone, Cosimo Severo con Nunzia Antonino e con Mamadou Diakite e Rosalba Mondelli; musiche Fabio Trimigno, eseguite dal vivo dall’autore (violino) con Matteo Fioretti (chitarre), Giuseppe Stoppiello (pianoforte), Andrea Stuppiello (batteria e percussioni), Marco Tricarico (basso) e col quartetto composto da Alessandra Facchiano (flauto), Ludovica Martino (II violino), Francesca Sbaraglia (viola), Antonietta Pilolli (violoncello); figuranti Filomena Ferri, Giovanni Salvemini, Bakary Diaby guidati in scena dalla danzatrice Rosa Merlino; luci Giuseppe De Luca in collaborazione con Luca Pompilio; spazio sonoro Giuseppe Lamenta, Carlo Giordano; regia e spazio scenico Cosimo Severo.

Uno spettacolo corale immaginato come antidoto alla rabbia e alla distruzione dilagante, celebrato come un inno all’Amore, capace di far vacillare i confini: quelli tra generazioni, quelli tra razze, quelli tra musica e parola e tra poesia e realtà; uno spettacolo fondato sulle mescolanze, per riprendere il dialogo ininterrotto tra noi e il sentire assordante dell’esistenza inquieta. Beati gli inquieti, i non accontentati, gli infuocati, i camminatori di ponti, gli equilibristi, i danzatori della musica interiore, gli arrampicatori di anime, i collezionisti di tramonti, i conquistatori di arcobaleni. Cantare Shakespeare è quella musica nella musica che ci fa perdere il senso dell’orientamento e ci regala un volo inaspettato. È la parola shakespeariana che si fa carne viva se senza alcuna pietà ci tiene il tempo e lo misura con l’amore violento e amabile che ci scorre dentro. Un viaggio allegro e spaventoso, dentro il sogno estremo che è la vita, di cui Shakespeare è il sommo giullare capace di attraversare i secoli. “Sonetti. Cantare Shakespeare” è uno spettacolo che ha i tratti di un rito catartico collettivo, che coinvolge molti artisti.

07 Febbraio 2020 Agidi produzione Angela Finocchiaro in

HO PERSO IL FILO soggetto di Angela Finocchiaro, Walter Fontana, Cristina Pezzoli; testo di Walter Fontana; in scena Angela Finocchiaro e le Creature del Labirinto: Alis Bianca, Giacomo Buffoni, Alessandro La Rosa, Antonio Lollo, Filippo Pieroni, Alessio Spirito; coreografie originali di Herve’ Koubi; assistito da Faycal Hamlat; scene di Giacomo Andrico; luci di Valerio Alfieri; costumi di Manuela Stucchi; regia di Cristina Pezzoli

Una commedia, una danza, un gioco, una festa, questo è HO PERSO IL FILO. Angela si presenta in scena come un’attrice stufa dei soliti ruoli: oggi sarà Teseo, il mitico eroe che si infila nei meandri del Labirinto per combattere il terribile Minotauro. Affida agli spettatori un gomitolo enorme da cui dipende la sua vita e parte. Una volta entrata nel Labirinto, però, niente va come previsto… Lo spettacolo vive del rapporto tra le parole comiche di un personaggio contemporaneo e la fisicità acrobatica, primitiva, arcaica delle Creature del Labirinto che agiscono, danzano, lottano con Angela provocandola come una gang di ragazzi di strada imprevedibili, spietati e seducenti. Il Labirinto è un simbolo antico di nascita – morte – rinascita. Anche Angela, dopo aver toccato il fondo, riuscirà a ritrovare il filo e con esso la forza per affrontare il Minotauro in un finale inatteso che si trasforma in una festa collettiva coinvolgente e liberatoria. Si ride, ci si emoziona, si gode uno spettacolo che si avvale di più linguaggi espressivi grazie agli straordinari danzatori guidati dall’inventiva di Hervé Koubi, uno dei più talentuosi e affermati coreografi sulla scena internazionale e naturalmente alla capacità comica di Angela Finocchiaro di raccontare un personaggio che è molto personale e allo stesso tempo vicino al cuore di molti

15 Febbraio 2020 Casa Degli Alfieri, Teatro di Dioniso, Asti Teatro / in collaborazione con sistema Garibaldi Nunzia Antonino in

SCHIAPARELLI LIFE di Eleonora Mazzoni e Carlo Bruni, con Nunzia Antonino e Marco Grossi; scena Maurizio Agostinetto, Carlo Bruni; immagini in movimento Bea Mazzone; luci Tea Primiterra, Giuseppe Pesce, consulenza/costumi Luciano Lapadula, Vito Antonio Lerario; regia Carlo Bruni.

Elsa Schiaparelli (1890-1973) è stata una grande stilista italiana e una delle più influenti figure nella moda del Novecento. Più vicina all’arte che all’artigianato, è diventata famosa alla fine degli anni 20 del secolo scorso. Elsa partecipò da protagonista alla rivoluzione del costume, degli stili di vita, del relazionarsi tra i sessi che ancora oggi influenza le nostre esistenze e l’idea stessa di bellezza, creando un nuovo modello femminile e contribuendo all’emancipazione delle donne. E se la coeva nonché rivale Chanel le liberò fisicamente dai corsetti e dalle guaine che le ingabbiavano da secoli, promuovendo con il suo stile sobrio e comodo la naturale mobilità del loro corpo, Elsa le liberò mentalmente. La sua idea di bellezza non è mai ovvia, è audace e sfrontata, fuori norma, visto che la norma, come tutte le categorizzazioni, è arbitraria ed è semplicemente la media che la società trova accettabile. Collaborò con artisti come Dalì, Cocteau, Aragon, Ray, Clair, Duchamps, Sartre, vestì stelle del cinema: da Katharine Hepburn a Lauren Bacall, da Marlene Dietrich a Mae West. Più surrealista dei surrealisti, fece emergere il mondo nascosto dei sogni e dell’inconscio, lanciando miriadi di novità. Per un paio d’anni, sul primo isolato di via Garruba a Bari, hanno tenuto il loro fantastico bazar Atelier 1900, Luciano Lapadula e Vito Antonio Lerario. Esperti di storia della moda e stilisti, sono stati loro a farci conoscere Elsa ed è con loro che abbiamo incominciato il percorso verso il quarto ritratto femminile del nostro più recente repertorio. (Nunzia Antonino e Carlo Bruni).

22 Febbraio 2020 Divina Mania, Primavera dei Teatri Gianmarco Saurino in

CONTRO LA LIBERTÀ di Esteve Soler; traduzione Carles Fernández Giua, con Gianmarco Saurino, Mauro Lamanna, Elena Ferrantini; scenografia Andrea Simonetti; progetto sonoro eseguito dal vivo Samuele Cestola; disegno luci Luca Annaratone; costumi Chiara Mazzetti di Pietralata; aiuto scenografia Simone Tentoni, Fabrizio Romito, aiuto regia Pierfrancesco Ciccone, regia Mauro Lamanna.

Una madre in Europa e un figlio fuori dai confini, che vuole compiere l’agognato viaggio verso un mondo “migliore”. Due giovani, quasi sposi sull’altare, vivono una inaspettata crisi di valori durante la celebrazione del loro matrimonio. Tre ragazzi rinchiusi nella loro solitudine domestica, in un possibile futuro postapocalittico riescono a vedere la realtà solo attraverso i loro smartphone. Una donna porta dal medico suo marito che sta scomparendo perché ha letto troppi libri; un’altra in un parco giochi racconta delle scappatelle di suo marito, che la tradisce solo con bambini piccoli. Una giovane coppia nasconde sotto la cabina armadio della sua casa alla moda migliaia di schiavi, sfruttati per produrre vestiti di ogni tipo per le grandi catene d’abbigliamento. Un agente immobiliare alle prese con la vendita di una casa che ha al suo interno il cadavere di un uomo, suicidatosi in seguito allo sfratto ricevuto per non aver pagato il mutuo. Sono questi i sette punti di partenza, da cui si sviluppano i sette episodi di “Contro la libertà”. Un atto unico all’interno del quale l’idea di libertà si mette in discussione e si confronta con circo-stanze tanto surreali e assurde, quanto concrete a attualissime. Nella comicità di episodi spesso divertentissimi, si nasconde la lama affilata dell’orrore e della crisi dell’uomo/cittadino dei nostri giorni

06 Marzo 2020 Compañía Tranvía Teatro Cristina Yáñez in

“REGLAS, USOS Y COSTUMBRES EN LA SOCIEDAD MODERNA” di Luc Lagarce; con Cristina Yáñez; regia Aitana Galán; scenografia e costumi Silvia De Marta; disegno luci Javier Anós; musiche originali/spazio sonoro Fernando Nequecaur; Audiovisual Alfonso Pazos; Grafica Samuel Aznar / 12CARACTERES; Fotografia Gonzalo Bullón; Direttore di produzione Fernando Vallejo Labrador.

“Nascere non è complicato. Morire è molto facile. Vivere tra questi due eventi non è necessariamente impossibile. Basta seguire le regole”. Regole, Usi e Costumi nella Società Moderna è un viaggio vitale, il viaggio della nostra vita nella società, dove tutto è regolato per controllarci. La protagonista di questa storia ci guiderà in questa escursione tra le norme e le leggi che ci siamo dati per vivere “civilmente” e che contribuiscono a strangolare la nostra esistenza. Nascita, fidanzamento, matrimonio, nozze d’argento, d’oro, funerale …Ogni cerimonia della vita è descritta con precisione per denunciare una società che con le sue norme rende impossibile non vivere una farsa. Jean – Luc Lagarce, l’autore contemporaneo più rappresentato in Francia, firma questo testo che rilegge con ironia e comicità determinati dettami sociali e nasconde una critica feroce contro di essi. Una proposta piena di umorismo, a partire da un manuale di urbanità francese scritto nel XIX secolo, che utilizza il sorriso per mettere in ridicolo le nostre convinzioni moderne.

21 Marzo 2020 Fattore K. 2019, Teatro di Roma, Romaeuropa Festival 2019, Emilia Romagna Teatro Fondazione Corsetti_ Solari_ Vanzi –

LA GAIA SCIENZA LA RIVOLTA DEGLI OGGETTI di Vladimir Majakovskij; interventi scenografici Gianni Dessì; con Dario Caccuri, Carolina Ellero, Antonino Cicero Santalena; tecnico luci Tiziano Di Russo; assistente di produzione Ottavia Nigris Cosattini; testi e regia di Giorgio Barberio Corsetti, Marco Solari e Alessandra Vanzi.

Nato nel clima di estrema libertà artistica della controcultura romana degli anni Settanta, l’evento – un’ora esatta di poesia, distillata tra rivoluzione sociale ed estetica, tra avanguardie storiche e arte contemporanea – si presenta al pubblico di oggi mosso dalla volontà di restituire agli spettatori proprio quello spazio utopico di creatività e circolazione del pensiero che ne aveva favorito la creazione. Specchi, sedie sospese, funi, un cappotto, un violino scordato: sono gli oggetti che si oppongono ai corpi dei performer, acrobati in esplorazione dell’universo poetico di Majakovskij – il titolo stesso è quello di un suo poema del 1913 – che si rotolano, si lanciano, si dondolano come smarriti, amplificando i versi dell’autore russo nella risonanza di una miriade di frammenti. Lo spettacolo del 1976 trovava la sua essenza in un lavoro sul corpo basato sulla gestualità, sulla parola, sullo slancio e sull’energia in una sintesi tra teatrodanza e arte visiva che fu la chiave dell’impatto emotivo sul pubblico e sulla critica. Nel 2019 questo impatto è rinnovato dalla presenza dei tre giovani performer, alle cui sensibilità è affidata la creazione – ogni sera differente – su base della “partitura” dello spettacolo originario, per associazioni e dissociazioni, sguardi e movimenti. Il risultato è uno spettacolo che, come in un gioco di scatole cinesi, concentra l’esperienza artistica di tre epoche storiche lontane fra loro – l’avanguardia rivoluzionaria russa, le cantine romane, il mondo come lo vediamo oggi – per aprire di nuovo il teatro allo stupore e alle possibilità dell’incontro, tanto fisico quanto metaforico.

01 Aprile 2020 Teatri Uniti Isa Danieli e Enrico Ianniello in

GIACOMINO E MAMMÀ di Santiago Carlos Oves/Jordi Galceran; traduzione e regia Enrico Ianniello; con Isa Danieli e Enrico Ianniello; scene e costumi Barbara Bessi; luci Lucio Sabatino; suono Daghi Rondanini; aiuto regia Costanza Boccardi; direzione tecnica Lello Becchimanzi; direzione di scena Gigi Gregorio Esposito; assistente di produzione Clarissa Curti.

Dopo le diverse fortunate esperienze di traduzione, adattamento e regia di testi di importanti autori contemporanei come Pau Mirò, Enrico Ianniello propone un nuovo fulminante esempio di drammaturgia iberica reinventata alle latitudini napoletane: “Giacomino e Mammà”. Tratto da “Conversaciones con mamà”, pluripremiato film dello sceneggiatore e regista argentino Santiago Carlos Oves, successivamente adattato per le scene internazionali dal drammaturgo catalano Jordi Galceran, l’allestimento vede insieme ad Enrico Ianniello una delle più apprezzate interpreti della scena italiana, Isa Danieli, a dare corpo e anima alla protagonista. Giacomino, cinquantenne, deve vendere l’appartamento di famiglia in cui vive la madre ottantaduenne. Non attraversa un bel momento, Giacomino: ha perso il lavoro e si ritrova indebitato per star dietro ai desideri di consumo della moglie e dei figli adolescenti. La vendita potrebbe aiutarlo a rimettersi in sesto, certo, ma la madre non è affatto d’accordo. Non si può vendere proprio niente, lei adesso ha finalmente un fidanzato. Un simpatico sessantenne “anarco-pensionato” che ha dato una nuova luce alla sua vita. La casa le serve e di andare a vivere con il figlio e la sua famiglia non se ne parla nemmeno. Questo momento di difficoltà diventa così l’occasione per mettere a confronto due epoche della vita, occasione nella quale l’amore tra una madre e un figlio viene a galla in maniera prorompente mentre si ride parlando di cucina, di “quattro per quattro”, della capacità di vivere inseguendo “i propri sogni o le rate dei propri acquisti”, tra saggezza, parolacce, incomprensioni e momenti di autentica e profonda commozione quando si scopre che a un certo punto della vita le cose importanti non si possono dire pi

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