Sei bellissima, la diade madre-figlia in “Biancaneve-la vera storia” del Crest

by Antonella Soccio
biancaneve

Si è mai vista una Biancaneve senza nani, tutta centrata sul rapporto ossessivo con la matrigna folle? Ci hanno pensato quelli del Crest, giunti ai loro 40 anni, a rendere noir una delle fiabe preferite dalle bambine e dai bambini di tutto il mondo occidentale.

“Biancaneve – la vera storia” è uno show per piccoli e famiglie insolito e molto attuale, andato in scena domenica col Teatro Pubblico Pugliese nel contenitore storico foggiano. Vincitore del Premio Eolo Award 2018 come migliore spettacolo di teatro ragazzi dell’anno e Premio Padova 2017 con Catia Caramia, Maria Pascale, Luigi Tagliente, costumi di Maria Pascale; assistente alla regia Serena Tondo; assistente di produzione Sandra Novellino; tecnici di scena Walter Mirabile e Carlo Quartararo e scene, luci, testo e regia di Michelangelo Campanale

“Non tutte le mamme sono buone. Alcune posso essere matrigne”, è tra le consapevolezze dello spettacolo gotico, giocato sul dissidio madre-figlia e sul timore della prima di essere superata in bellezza dalla seconda, più giovane. Non ci sono il seno buono e quello cattivo, ma c’è ugualmente molta Melanie Klein in scena, laddove l’invidia della matrigna è l’espressione di una pulsione di morte non distinta dalla pulsione di vita.

Tutto è nello sguardo. Negli specchi, negli occhi. L’essere guardata è la metafora della fiaba e dei nostri tempi. La mela avvelenata diventa così per una associazione biblica anche in Biancaneve il frutto primordiale della conoscenza. E non c’è conoscenza di sé e del mondo senza raggiungimento della bellezza e senza la propria accettazione. “Mia madre non mi ha mai guardato” dice la fanciulla, i nani non sono mai stati guardati e la prima ad osservare le loro fattezze è proprio Biancaneve. Il potere degli occhi e dell’immagine viene amplificato da una scenografia scarna, fatta di specchietti, drappi, tovaglie e una lunga tavola, che è insieme passerella di moda per novelle veline con abiti di taffetà, letto di morte e contenitore-casa con i lettini vuoti e illuminati dei nani.

La musica è predominante nello spettacolo, col Ciel Opéra Egyptien e la solenne e conturbante barocca Sarabande di Handel già amata da Kubrik in Barry Lyndon fino al trionfo dell’angoscia della bellezza con una Sei Bellissima di Loredana Bertè, sparata a palla. La storia ha emozionato i bambini, senza edulcoranti e senza bugie, nonostante il messaggio stratificato ne faccia uno spettacolo senza tempo e senza età.

Bravissime le due attrici, in particolar modo la matrigna, attraverso la quale ogni donna e bambina in sala insegue il sogno della perfezione che sfiorisce e della eterna lotta con la propria immagine riflessa.

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