Sergio Rubini, gli arresti domiciliari…e la Stazione

by Enrico Ciccarelli

La custodia cautelare non c’entra. Gli arresti domiciliari di cui parliamo sono i guasti, i malfunzionamenti, le magagne delle nostre abitazioni, quelle che ci costringono ai famigerati “lavori”, quando non alle temutissime ristrutturazioni. E proprio Ristrutturazione si intitola il divertente, gradevole, interessante spettacolo che Sergio Rubini ha portato in scena in diversi teatri pugliesi nei giorni scorsi.

Con il grande attore e regista di Grumo Appula, quattro bravissimi musicisti, toscani d’anima ma di estro partenopeo, che si chiamano autoironicamente Musica da ripostiglio, non ritenendosi all’altezza di fare musica da camera.

Le incursioni della banda punteggiano i tragicomici monologhi autobiografici di Rubini, che lui garantisce assolutamente veritieri, con navi da guerra affondate, inquiline lasciate a galleggiare, vasche di riempimento infinito e l’impari lotta con le mefitiche esalazioni delle tubature intasate. Si ride, si ride molto, perché i tempi comici e attoriali di Rubini sono perfetti, l’aneddotica varia ed esilarante. Ma si riflette anche.

Perché la ristrutturazione di cui parla il protagonista non è soltanto domestica, edile, idraulica: è ripartenza, ricerca di senso e di equilibrio. Per le relazioni umane, per il teatro, per l’organizzazione degli spazi. L’architettura, citata nei suoi numi tutelari, da Giò Ponti a Vitruvio diventa così la possibile guida di una diversa e migliore antropologia.

A margine, due memorabilia: il finale dello spettacolo con musicata citazione della lirica Chiudi (che vale anche per Taci) di un non celeberrimo poeta vernacolare di Grumo, e la dichiarazione, resa nel partecipato incontro con il pubblico in Sala Fedora, sulla stazione di San Marco in Lamis, ambiente del primo film di Rubini sfregiato cinque anni fa da un orribile delitto:

“Voglio rivolgere un appello: tutte le volte che si parla della stazione di San Marco in Lamis si ricordi anche che è non solo il luogo di un atroce fatto di sangue, ma anche quello dove è stato girato un film, grazie alla sua particolare bellezza. È importante.”

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