Call my agent, la sorprendente versione italiana, perfetta per ironia, disponibilità e capacità di prendersi in giro

by Claudio Botta

Passata la sbornia sanremese, dopo l’overdose di canzoni in tutti i luoghi e in tutti i laghi è il momento di tornare alle nostre care, amatissime serie tv. Assolutamente imperdibile su Sky la rilettura italiana del gioiello francese ‘Dix pour Cent’ (che nella versione originale era presente fino a qualche settimana sulla piattaforma Netflix). Un’operazione rischiosissima in partenza, non tanto per l’ambientazione di partenza – Roma regge tranquillamente il confronto con Parigi, evitando di inquadrare le buche e i cinghiali – quanto per il cast fisso, indovinato nella varietà di sfumature ironiche e brillanti e nella tipizzazione di disagi, nevrosi, speranze, aspettative, e fondamentale per la solidità e continuità di una narrazione smaltata lungo quattro stagioni, grazie a un successo nato con un convinto passaparola e poi esploso oltre ogni previsione; e soprattutto, per l’allure internazionale di gran parte delle guest stars coinvolte, da Cecile de France a Christopher Lambert, da Isabelle Adjani a Juliette Binoche, dal premio Oscar Jean Dujardin alla ‘nostra’ Monica Bellucci (che compare in due episodi, il primo imperdibile, con lei alla ricerca di un uomo ‘normale’ non intimidito dalla sua fama e dalla sua bellezza), dalla ribelle Beatrice Dalle al mito Claude Lelouch, da Charlotte Gainsbourg a Sigourney Weaver (l’indimenticabile Ellen Ripley in Alien) in trasferta, da Jean Reno a Isabelle Huppert. Ma alla fine riuscita, innanzitutto per la scelta dei produttori Palomar e Sky di partire da appena sei episodi, tutti ben scritti e girati, evitando possibili passaggi a vuoto e cali di interesse.

La trama di fondo è ormai nota: il mondo del cinema e dello spettacolo raccontato dietro le quinte, dalla prospettiva non troppo privilegiata di un’agenzia – nella versione italiana la CMA, acronimo per Claudio Maiorana Agency, dal nome del fondatore – che segue personaggi popolari ma raccontati nei loro capricci, nelle loro fragilità, nelle loro manie, ansie, gelosie. La chiave di lettura è ovviamente l’ironia, la disponibilità e la capacità di prendersi in giro, ricordando che in inglese recitare si traduce con ‘to play’ e in francese ‘jouer’, come ricordava spesso il div(in)o Marcello Mastroianni e ricorda ancor oggi Giancarlo Giannini. Paola Cortellesi, Paolo Sorrentino, Pierfrancesco Favino e Anna Ferzetti, Matilda De Angelis, Stefano Accorsi, Corrado Guzzanti sono nell’ordine citato i protagonisti dei rispettivi episodi loro dedicati, a loro agio, credibili ed esagerati al tempo stesso. Il gigante di questa prima stagione italiana è senza dubbio il regista Paolo Sorrentino (premio Oscar per La grande bellezza, è bene ricordarlo), che conferma di avere anche ottime capacità attoriali, irresistibile nella sua indolenza ostentata, nel distacco apparente dalle serie tv (“sono morte”), nella proposta beffa di “The Lady Pope” come proseguimento cult delle sue due (vere) precedenti esperienze seriali, Ivana Spagna candidata per interpretare la prima Papessa donna; e soprattutto nel monologo in terrazza, scritto di suo pugno, in cui definisce l’entusiasmo immotivato dei genitori “il sentimento più orrendo dell’essere umano”. Una micidiale digressione tipicamente sorrentiniana, alle quali il suo cinema e i suoi libri ci hanno abituato, diventata in pochi giorni un manifesto dei genitori vittime delle chat di gruppo e delle riunioni a scuola, schiacciati da una maggioranza opprimente che impone ai loro ragazzi attività improbabili e disparate, e costretti a loro volta a inventarsi iniziative imbarazzanti, per reggere una competizione poco comprensibile per chi non vive quella realtà non più distopica, ma sentitissima per una platea sorprendentemente numerosa. Un momento a sé stante, che Sky ha scelto di isolare lanciandolo come mini-video che sta raccogliendo un numero record di visualizzazioni ed è diventato il trailer più efficace dell’intero remake.

Sugli scudi anche Corrado Guzzanti, la cui pigrizia è leggendaria, e si trasforma in una vera e propria avversione per qualunque proposta lavorativa, ridicolizzata senza pietà (Pachino Express diventa più intrigante di Pechino Express) o sostenuta da scuse e argomentazioni improbabili. Anche in questo caso, le pillole proposte in anteprima già bastano e avanzano per soddisfare il palato sopraffino ed esigente dei suoi fans dai tempi di Avanzi, Tunnel, L’Ottavo nano, Pippo Kennedy Show, per citare solo alcuni dei programmi di cui è stato un solido pilastro, e in cui ha dato vita a una galleria di personaggi impossibile da dimenticare. Ottima spalla si rivela l’attrice Emanuela Fanelli, che interpreta Luana Pericoli, eccentrica attrice che ricorre nei vari episodi.

Gli altri episodi sono modellati su analoghi proposti nella serie originale, che ha cambiato il titolo in Call my agent nella distribuzione internazionale.

Paola Cortellesi apre la serie, e come Cecile de France è in pole position per interpretare un ruolo da protagonista femminile in una grande produzione internazionale, ma la preferenza per un’attrice più giovane mette in crisi l’agenzia e i rapporti personali. Citazione doverosa per i camei di Alberto Angela e Paolo Genovese. Esilarante l’episodio con mattatore Pierfrancesco Favino, prigioniero del metodo Stanislavkij e del suo ultimo personaggio, il comandante Ernesto Che Guevara, e continua a vivere parlare pensare fumare come lui a lavoro abbondantemente terminato e in una quotidianità stravolta per chiunque ma non per lui. Ennesima incredibile sua trasformazione, stavolta in chiara parodistica, così come lascia il segno anche il personaggio prossimo venturo da interpretare, l’ex premier Mario Draghi. L’episodio è arricchito dai camei della giornalista Piera Detassis e da Joe Bastianich, oltre che dal resto della famiglia Favino.

Ansiogeno e divertente anche l’episodio con Stefano Accorsi bulimico di lavoro, desideroso di recitare qualunque ruolo per generosità, dedizione, passione e per egoismo, e che non si preoccupa di un doppio set, uno a Bologna e uno a Modena, con riprese di giorno e di notte all’insaputa delle produzioni interessate, fino a quando arriverà inesorabilmente la sovrapposizione che manderà in tilt il sistema nervoso del suo agente. Tra l’altro, si ripropone sul set la coppia Accorsi-Luciano Ligabue (il rocker di Correggio ha nell’attore bolognese il suo feticcio nelle sue riuscite parentesi registiche).

Brava anche Matilda De Angelis, protagonista del quarto episodio, lei che – pur giovanissima – ha riscosso una grande successo internazionale per la grande interpretazione nella serie The Undoing, con Hugh Grant e Nicole Kidman, ambientata a New York.

E – come accennato in precedenza – ben assortito il cast fisso, composto da Michele Di Mauro, Sara Drago, l’ormai veterano Maurizio Lastrico, Marzia Ubaldi, Sara Lazzaro, Francesco Russo, Paola Buratto, Paola Formisano, e la già citata Emanuela Fanelli. Fin troppo facile prevedere, allora, una seconda stagione italiana, in attesa della conferma del film ricavato dalla serie francese, annunciato per contenere la delusione dei fans e non disperdere un patrimonio acquisito di popolarità e consenso, anche se l’ultima stagione aveva mostrato un appannamento forse inevitabile dopo 24 episodi costruiti su dinamiche psicologiche e interazioni sottili più limitate rispetto a serie action o drammatiche.

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