Chiamami ancora amore: la cronaca di una coppia che si lascia per la fiction di RaiUno

by Michela Conoscitore

I lieti fine sono belli, la formula “e vissero felici e contenti” è quanto di meglio puoi dare al pubblico, al termine di una fiction. E la realtà, quella cruda e viscerale che molto spesso la gente deve affrontare, senza che ci sia uno sceneggiatore a firmare il The End risolutivo e appagante, com’è? Giacomo Bendotti nella nuova fiction di Rai Uno, Chiamami ancora amore, ha deciso di raccontare la cronaca di una coppia che si lascia: le separazioni, spesso, prendono tinte fosche quando i due innamorati, divenuti contendenti, iniziano a farsi guerra, senza esclusioni di colpi. Dei cecchini precisi che mirano dritto al cuore, conoscendo alla perfezione i punti deboli dell’avversario e sicuri, quindi, del ferimento a morte.

Sembrerebbe più un gioco al massacro, ma i sentimenti non ne sono esclusi perché diventano le armi principali. Partito dal film Kramer contro Kramer, Bendotti analizza il vissuto di Anna ed Enrico e sulla falsariga del film di Benton, elimina il lieto fine per immergere lo spettatore in una storia difficile. Diretto da Gianluca Maria Tavarelli, i protagonisti, decisamente in stato di grazia, della nuova serie Rai sono Greta Scarano e Simone Liberati. Tra gli interpreti più interessanti degli ultimi anni, i due attori hanno saputo indossare tristezze e nevrosi di Anna ed Enrico con una naturalezza sconvolgente, la loro bravura li conferma probabilmente come i protagonisti di un nuovo corso della narrazione filmica e televisiva italiana.

La fiction, in onda dal 3 maggio in prima serata su Rai Uno, con le prime due puntate disponibili su RaiPlay dal 26 aprile, racconta dell’incontro casuale di due ragazzi durante un’estate sulle rive del lago ad Anguillara. Enrico è proprietario di un bar, Anna è un futuro medico confuso, ancora traviata dal suicidio della madre, avvenuto quando lei era bambina. Tutto va veloce, forse troppo, e dopo una prima gravidanza indesiderata che i due decidono di interrompere (non) di comune accordo, proseguono la loro storia fino ad un secondo figlio, Pietro, e al matrimonio. Anna ed Enrico sembrano superare le differenze che li rendono due variabili, l’uno nella vita dell’altra, non destinate a durare. Poi, Anna tira fuori il suo malessere, riflettendo su “una vita che non assomiglia più a quel che desideravo, diventata ormai un’approssimazione vaga di quel che speravo”, e terrorizzata dall’infliggere a Pietro lo stesso destino che la madre ha riservato a lei, decide di andare via di casa. Lo fa di nascosto, ma Enrico la raggiunge per portarla ad una festa a sorpresa dove aspettano entrambi.

L’arrivo di un figlio fa convergere due storie famigliari, e spesso si entra in conflitto sull’educazione del nuovo arrivato”, afferma Bendotti nel corso della conferenza stampa di presentazione, ed è quella una delle molteplici cause all’origine del Big Bang nella coppia. Anna ed Enrico non erano fatti l’uno per l’altra solo perché appartengono a due classi sociali differenti? È questo il quesito che sembra porre allo spettatore Bendotti. “Nel testo di Giacomo Bendotti traspare una grande verità e modernità del racconto”, dichiara Tavarelli, “la Rai ci ha consentito di spingerci in una narrazione più complessa per raccontare temi complicati come l’aborto. Lasciandoci liberi ha dato il via ad una grande innovazione per la televisione, dove lo spettatore è tenuto più in considerazione e ritenuto capace di seguire storie più complesse”.

A discernere il male dal bene ormai corrotto e lontano, è Claudia Pandolfi che interpreta l’assistente sociale che si occupa del caso del piccolo Pietro. Enrico, dopo un ultimo tentativo di tenere legata a sé Anna, richiede l’affido esclusivo del figlio, che diventa proprietà affettiva, scudo per ripararsi dall’abbandono e fare del male alla madre. L’assistente sociale si trasforma in un’investigatrice in quel che Piera Detassis ha definito un crime famigliare, per rintracciare prove di colpevolezza, tasselli di fragilità che si tramutano in mancanze incontrovertibili per l’uomo. La psiche dei due ex coniugi viene messa a nudo, e si assiste ad una narrazione dove il passato florido si scontra col presente arido.

Nessun artificio registico, scelta del regista Tavarelli, per tutelare l’intimità della storia, gli attori sul set erano seguiti semplicemente da una cinepresa a mano. “Sul set non c’era alcun filtro tra noi e la macchina da presa”, racconta Greta Scarano che prosegue, “la serie racconta una maternità senza fronzoli, perché spesso porta solitudine e l’accudimento dei figli è quasi esclusivamente appannaggio della donna. Chiamami ancora amore racconta un femminile dirompente, creativo e realistico”.

Chiamami ancora amore è un potente mélo, un genere che porta nella storia la realtà dei sentimenti, lacerati e feriti, l’amore che si rovescia nell’odio, la crisi di una famiglia, il bisogno di una ricomposizione”, ha dichiarato Maria Pia Ammirati, direttore di Rai Fiction, che ha concluso dicendo “in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo, mi piace pensare a Chiamami ancora amore come a un laboratorio in cui il dolore alimenta una speranza”.

Simone Liberati parla della “grande ricchezza” che il personaggio di Enrico gli ha lasciato, e riferisce di come la serie ha saputo mettere in evidenza “l’inevitabilità degli errori” nel proprio percorso di vita. “Un turbinio di rinfacciamenti e responsabilità che diventano parte integrante del loro rapporto”, così descrive l’attore romano l’evolversi del legame del suo personaggio con Anna. L’ennesima tempesta in cui una coppia come tante incappa nuovamente, quella defnitiva in cui decide di annegare portandosi dietro gli anni felici e un bambino inconsapevole.

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