Death to 2020, la commedia di Charlie Brooker su un anno da dimenticare

by Luana Martino

Guardare Death to 2020, il nuovo evento firmato Netflix, è paragonabile ad una sorta di catarsi personale. Eh sì, perché godere di un spettacolo che esorcizza tutto ciò che è avvenuto nell’anno più funesto degli ultimi tempi, è davvero un modo per scongiurare il dolore e la tragedia del presente.

Dal creatore di Black Mirror, Charlie Brooker, prende vita il mockumentary in onda sulla piattaforma streaming dal 27 dicembre. E chi meglio di Brooker poteva riuscire ad analizzare l’assurda realtà che ci circonda? Lui che aveva concepito un mondo distopico (o almeno lo speriamo) dove eventi e personaggi sembrano lontani dal nostro immaginario, riesce benissimo a fare i conti con una verità che supera la più fervida idea fantascientifica.
Il 2020, pur se a tratti lo è sembrato, non è stato un episodio di Black Mirror e Death to 2020 non è un semplice comedy event ma racchiude un’analisi cruda e ironica degli accadimenti (più significativi) dell’anno appena finito.

Death to 2020, attraverso la scelta di Brooker di riunire varie star con interviste singole e abbinarle a spezzoni d’archivio, riesce con immediatezza e oggettività a raccontare la realtà, già sufficientemente raccapricciante, senza dover scavare troppo a fondo. Un connubio di comicità da stand-up comedy e di crudo sarcasmo ‘camuffato’ da documentario.

Si parte da Greta Thunberg, che Samuel L. Jackson, nei panni di un giornalista, definisce famosa -certo- ma in grado di dire solo cose deprimenti, si arriva, poi, a raccontare degli Oscar, della recente elezione presidenziale americana e chiaramente della pandemia e delle sue conseguenze globali, con un occhio di riguardo per le reazioni americane e britanniche.  Ad interagire con un finto interlocutore (che è lo stesso Brooker) ci sono, tra gli altri, Hugh Grant (uno storico), Lisa Kudrow (una portavoce conservatrice), Leslie Jones (una sociologa) e Tracey Ullman (la regina Elisabetta II). Il tutto supportato dalla voce narrante di Laurence Fishburne che con tono solenne (come accade nei migliori documentari d’inchiesta) regala perle allo spettatore come: “Il lockdown è il più grande fenomeno globale dopo il Marvel Cinematic Universe.

Nell’affrontare il 2020, dunque, l’autore ha deciso di affidarsi a degli alter ego, ciascuno con una propria personalità ma allo stesso tempo perfettamente in sintonia con la sua sensibilità comica e umana.

Da questo punto di vista, ad esempio, è incredibile l’interpretazione di Hugh Grant che conferma la sua scelta, degli ultimi anni, di emanciparsi dall’eroe romantico un po’ imbranato per dare spazio ad una precisione recitativa illuminante. Qui, infatti, ostentando un accento inglese accademico d’altri tempi, riesce a mettere in luce il contrasto tra la sua aria autorevole e l’ignoranza qualunquista e bigotta che si cela sotto gli occhiali.
Anche Lisa Kudrow, che conferma le sue capacità recitative, riesce a rendere credibile l’effimera affidabilità della portavoce che cambia opinione in base alle esigenze.

Ad enfatizzare lo show orchestrato da Brooker sono le opinioni di una persona comune,  di una mamma ‘social’ che fa contro-opinione ma anche di un giovane youtuber (interpretato da Joe Keery), di un ricco amministratore delegato (Kumail Nanjiani) di una società di tecnologia e di un ricercatore (Samson Kayo) ossessionato dal Covid-19 e da uno strano balletto che ha potuto migliorare durante il lockdown.

In questa varietà di senari il creatore riesce ad attuare una comicità sottile ed elegante; Brooker analizza il presente con rigorosa e attenta lucidità, con fare sarcastico regala, così, al fruitore momenti taglienti (e qualche volta esilaranti).

Death to 2020, quindi, non è un mero prodotto comico ma si inserisce perfettamente in quell’ampio spettro di opere che rappresenteranno la testimonianza filmica di quest’epoca così complessa.

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