Deutschland ’83: la DDR, l’opulenza negata e il lungo artiglio della Stasi

by Nicola Signorile

Paura e sospetto. Un mondo in cui non ci si può fidare di nessuno: parenti, amici, vicini di casa. Il lungo artiglio della Stasi, il titanico apparato spionistico della Germania dell’Est, si insinua nelle vite di tutti i cittadini, anche dei più insospettabili come si scoprirà nel 1991, all’apertura dei suoi archivi segreti. Ce lo racconta Le vite degli altri, il magnifico film di Florian Henckel Von Donnesmarck che nel 2007 si aggiudicò l’Oscar al miglior film straniero.

La pellicola ci immerge senza remore nel cupo clima della DDR di Eric Honecker: grande merito va al suo compianto protagonista, l’attore tedesco Ulrich Mühe, scomparso proprio a luglio del 2007, e rimasto nella memoria collettiva per il ruolo del capitano Gerd Wiesler. In qualche modo, aveva portato un pezzo molto amaro della propria biografia sullo schermo: la seconda moglie, l’attrice Jenny Gröllmann era stata una collaboratrice non ufficiale della Stasi. L’attore divorziò dalla donna, subito dopo la scoperta. Quando gli fu chiesto in che modo fosse entrato nel personaggio, Ulrich rispose che semplicemente aveva ricordato. Una delle innumerevoli vite segnate indelebilmente dai metodi dal regime comunista: alla caduta del muro si scoprì che erano circa 200mila i tedeschi dell’Est assoldati come spie segrete dalla Stasi, il doppio dei dipendenti ufficiali, su una popolazione di 16 milioni. Non c’è nulla da rimpiangere degli anni che precedettero la caduta del Muro nel 1989. Solo ricordare e cercare di capire senza facili categorizzazioni.

Aiuta a farlo una miniserie televisiva del 2015 ideata dai coniugi Anna e Joerg Winger, intitolata Deutschland 83, co-prodotta dall’americana SundanceTV, uno dei primi prodotti televisivi in lingua tedesca a essere trasmesso negli Stati Uniti. A metà tra thriller e spy-story, Deutschland ’83 scaraventa gli spettatori nel bel mezzo degli anni ’80 in un paese praticamente in bancarotta affetto da gravi forme di paranoia. Siamo in piena Guerra Fredda, la Nato prepara la simulazione di un attacco nucleare. Sovietici e tedeschi orientali interpretano le manovre segrete in atto al di là del Muro come una  minaccia reale e decidono, malconsigliati dai servizi segreti, di infiltrare un agente ai piani alti del comando tedesco. La scelta ricade sul 24enne Martin Rauch, un sergente delle Truppe di Frontiera della Germania Orientale convinto a diventare una spia da Lenora, sorella della madre, funzionaria della cultura nell’ambasciata tedesca, in segreto alto funzionario dell’HVA, l’Hauptverwaltung Aufklärung, il servizio segreto di spionaggio all’estero della Ddr. Martin, interpretato dal tedesco Jonas Nay, vorrebbe solo stare vicino alla madre malata e passare più tempo con la fidanzata Annett. Ma è proprio la malattia di sua madre il grimaldello utilizzato dalla cinica zia per spingere il giovane ad accettare la missione: Martin assume l’identità di Moritz Stamm, assistente di Wolfgang Edel, un alto generale tedesco, solo dopo la promessa che lo Stato ricollocherà la madre ai primi posti della graduatoria per un trapianto di reni. Così ha inizio l’avventura di Colibrì, nome in codice della neo-spia, chiamata a scoprire i piani dell’Occidente e a riferirli a Lenora. La serie è una full immersion negli anni ’80 con una ricostruzione dettagliata del modo di vivere dei tedeschi dell’Est. Entriamo nel grigiore delle loro case e dei loro uffici, respiriamo il sospetto che aleggia su ogni relazione, anche la più intima; la paura che ogni cosa detta possa venire ascoltata o riportata in  modo da trarne vantaggio per sé o per i propri famigliari; assistiamo all’esistenza travagliata di famiglie divise tra l’attaccamento ai valori tradizionali del regime (che poi saranno alla base del sentimento di Ostalgie celebrato dal film Goodbye, Lenin!) e la voglia di assaporare quella libertà, i cui vaghi sentori iniziavano ad arrivare dall’altra parte del Muro. La prima ad arrivare è la musica: da ogni walkman o autoradio vengono fuori Eurythmics, Cure, Phil Collins, Duran Duran.

L’enorme distanza tra le due Germanie la si legge però negli occhi spaesati di Martin/Moritz/Colibrì per la prima volta alle prese con la modernità, con le magliette griffate, con i supermercati ricolmi di cibi di ogni genere. Ad emergere sono i sentimenti contrastanti del protagonista nei confronti della realtà opulenta a lungo immaginata e ora toccata con mano. Una realtà seducente e piena di tentazioni, così apparentemente lontana dal delirio cospirazionista che pervade la società orientale. La doppia vita di Colibrì lo porterà continuamente a dover scegliere tra la necessità di portare a termine il compito che gli è stato assegnato per aiutare la madre e i sentimenti che via via metterà in gioco nelle nuove relazioni “occidentali”: rapporti anche molto profondi che Moritz dovrà instaurare con le persone incontrate sulla sua strada, come l’amico Alex Edel, figlio ribelle del generale che presto si avvicinerà al movimento pacifista o Tobias Tischbier, professore all’Università di Bonn che in realtà lavora per l’Hva, il responsabile della missione di Colibrì.

Le loro piccole storie famigliari e sentimentali – così come quelle dei molti altri personaggi che ruotano attorno alle vicende di Colibrì – interagiscono in modo più o meno convincente con i grandi eventi che muovono la Storia in quegli anni, compresa la paura dell’Aids, componendo un coinvolgente affresco di un’epoca piena di contraddizioni. In Deutschland 83 non mancano momenti action e sequenze di grande suspense che in una storia di spie non possono mancare, sebbene non siano il fulcro della narrazione, incentrato sulla presa di coscienza progressiva della spia per caso Martin Rauch, inizialmente molto improbabile nei panni di Colibrì. Il protagonista è supportato da alcuni dei migliori interpreti del cinema tedesco: Maria Schrader, vista anche nella serie Fortitude, è l’ambigua zia Lenora, la burattinaia, Ulrich Noethen (La caduta, Hanna Arendt) è il generale Edel mentre l’ambizioso compagno Schweppenstette, alto gerarca dell’Hva, uno dei personaggi più interessanti della serie è interpretato da Sylvester Groth, di recente visto nella seconda stagione della serie tedesca Dark, uno dei gioielli di Netflix e che i più attenti ricorderanno come Joseph Goebbels in Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino. La miniserie ha avuto un secondo capitolo ambientato tre anni dopo, intitolato Deutschland 86, in cui l’azione coinvolge il Sudafrica dell’apartheid e gli ultimi irriducibili cercano di salvare quel che resta della decadente Germania Orientale.

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