Il serpente, la storia del serial killer Charles Sobhraj nella miniserie Netflix

by Giuseppe Procino

Netflix ci propone l’ennesima serie sul mondo del crimine, questa volta riportando agli onori della cronaca Charles Sobhraj, conosciuto come “il serpente” o, meglio ancora, come “Bikini Killer”.

Sobhraj è un personaggio talmente controverso da sembrare uscito direttamente dalle pagine di un romanzo di Patricia Highsmith, o da una pellicola di David Fincher, decisamente e stranamente meno mediatico e meno noto di altrettante figure oscure del regno del crimine. Eppure, il serial killer francese di origini indiane e vietnamite è stata una figura terrificante, guidata da un ingegno e da una strategia fuori dal comune.

Il male che non conosce logica, in questo caso, deve piegarsi a quello organizzato, studiato e finalizzato verso uno scopo ben preciso. Charles Sobhraj è stato un animale freddo, distaccato e metodico davvero terrificante e imprevedibile.

Netflix, in una coproduzione con Mammoth Screen per BBC One cattura così nella sua fitta e prolifica rete di produzioni “il serpente”, questo camaleontico assassino in grado di cambiare pelle svariate volte e di intessere attorno a sé una credibile ragnatela di menzogne.

Le vicende si svolgono negli anni Settanta e di certo oggi, grazie alla tecnologia che ci rende reperibili e collegati con il mondo in qualsiasi momento delle nostre vite, sembrerebbe impossibile l’esistenza di determinati personaggi.

Nell’epoca ormai lontana in cui era più semplice scomparire del tutto volontariamente e non, Sobhraj, aiutato dalla sua compagna e da un suo amico, adescano nel Sud Asiatico giovani turisti e viaggiatori alla ricerca di loro stessi per poterli ammazzare e derubare di qualsiasi cosa, persino all’occorrenza della loro identità. Tutto questo attraverso il castello di menzogne su cui si regge l’immagine del serial killer francese: la finta identità di un commerciante di pietre preziose.

Tutto fila liscio e indisturbato sino a quando il diplomatico olandese Herman Knippenberg e sua moglie Angela Kane non cominciano ad indagare sulla morte, in circostanze poco chiare, di due ragazzi. “The Serpent” racconta così, in otto episodi, il gioco esasperato del gatto con il topo, un topo però davvero molto furbo.

L’intento della serie è quello di raccontare questo scontro “a distanza” tra il killer e il diplomatico dispiegando la trama con un montaggio che gioca con la linea del tempo, intrecciando le vicende in modo da tenere sempre alta l’attenzione dello spettatore che tuttavia non viene mai rapito del tutto dal racconto.

Infatti, seppur i presupposti siano assolutamente promettenti e fortificati da un cast assolutamente di rilievo (il protagonista è interpretato da Tahar Rahim noto per “Un prophète” di Jaques Audiard) e non manchino dei riusciti momenti di tensione e qualche goccia di gore, la serie è carente però di un vero mordente, colpa di una scrittura asettica ed a tratti troppo oggettiva nel racconto. Da qualche parte direbbero che non c’è “cazzimma” ed in effetti è difficile comprendere se l’intera serie viri verso il thriller, il genere drammatico o sia semplicemente un racconto che non si concede troppe licenze. La cosa più riuscita è per fortuna proprio il ritratto del serial killer, delineato in maniera impeccabile e sorretto da una recitazione in grado di offuscare il fastidio di un trucco troppo calcato e finto.

L’immagine che questa serie restituisce del terrificante personaggio è quella di una figura calcolatrice, intelligentissima ed in grado di poter gestire le proprie emozioni e manipolare gli altri. Nonostante molte mancanze, tuttavia, il prodotto si presenta assolutamente ben confezionato ed interessante, soprattutto per chi scopre per la prima volta la storia di Sobhraj. Poteva essere molto di più ma anche molto meno ed allora vale la pena accontentarsi.

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