Le migliori serie TV del 2022. Tra colpi di fulmine, rivelazioni e delusioni

by Nicola Signorile

È stato un 2022 decisamente intenso per gli amanti delle serie televisive. Con dei veri e propri colpi di fulmine, molte sorprese e qualche, inevitabile, delusione. Qui di seguito trovate qualche dritta assolutamente non richiesta, ma che può esser utile per recuperare cose che non avete visto, senza pretese di esaurire l’argomento, vista l’ormai oceanica offerta televisiva di questi anni.

La serie nuova migliore dell’anno è Severance (Apple tv), in italiano Scissione, ideata da Dan Erickson. Si può definire un thriller psicologico, ma non dico altro, se non che è un viaggio ansiogeno e glaciale nelle nostre nevrosi contemporanee. Non proprio una passeggiata di salute: se cercate serie easy watching, siete nel quartiere sbagliato. Però io prediligo le cittadine frequentate da Adam Scott, John Turturro, Christopher Walken, Patricia Arquette. Alla regia di quasi tutti gli episodi c’è Ben Stiller, non vi basta?

La sesta stagione di Better Call Saul (Netflix) ha insegnato a tutti come si chiude una delle migliori serie di sempre. Netflix però ha sparato pochi colpi degni di nota nel 2022, tra cui sicuramente la disturbante Dahmer – Monster: The Jeffrey Dahmer Story, The Sandman, per gli amanti del fantasy, e l’italiana Tutto chiede salvezza, che ha avuto il merito di affrontare il tema del disagio mentale senza scivolare troppo nel retorico o nel lacrimevole. Ci hanno riportato in territori famigliari, sempre belli e accoglienti, le nuove stagioni di Boris, su Disney Plus (Lo dimo è già tormentone!), L’amica geniale (Raiplay) e Skam Italia (Netflix). Tra le migliori serie dell’anno ci sono una manciata produzioni italiane (il vento sta cambiando, finalmente, per fortuna) disponibili su varie piattaforme. Su tutte, Esterno Notte di Marco Bellocchio, l’opera monumentale, definitiva, sul sequestro Moro, divisa in sei capitoli: è cinema in purezza (lo trovate su Raiplay). Attenzione a The Bad Guy (Prime Video) che fa il lifting alla fiction di mafia all’italiana e a un Luigi Lo Cascio a suo agio come mai. Poi, la spiazzante Christian di Sky, ispirata alla graphic novel Stigmate di Claudio Piersanti e Lorenzo Mattotti, che immerge una vicenda mistico-soprannaturale in una lurida borgata romana, con cast in stato di grazia, da Edoardo Pesce a Giordano De Plano, da Claudio Santamaria  a Silvia D’Amico e Milena Mancini. Su Prime Video c’è anche Bang bang baby, un romanzo di educazione criminale imbevuto nell’estetica anni ’80, lisergico e ipercitazionista, visivamente molto interessante (qui è nata una stella: la giovane protagonista Arianna Becheroni). Applausi a Alice Urciolo e Ludovico Bessegato capaci di bissare il successo di Skam con Prisma (Prime Video), altra serie teen che parla di cose serissime – gender, bullismo, autolesionismo – senza troppe seghe mentali: una novità importante. Soprattutto se oltreoceano a parlare di disagio adolescenziale ci sono eccellenze come Euphoria (Sky), tornata con una seconda stagione ancora più estrema che, oltre alla protagonista Rue (Zendaya è semplicemente perfetta), mette in primo piano i problemi di autostima di Cassie, interpretata dalla bomba sexy Sidney Sweeney. Gancio migliore non potrebbe esserci per introdurre il discorso White Lotus (Sweeney era una delle protagoniste della prima stagione), una delle produzioni Usa più sfuggenti di questi anni. Commedia, dramma, satira sociale, serie vacanziera: lo show di Mike White per Hbo, in Italia in onda su Sky, è un po’ tutto questo insieme. Attraverso le vicende apparentemente innocue dello staff di un resort di lusso – nel primo capitolo erano le Hawaii, nel secondo Taormina – e del gruppo di turisti che vi soggiorna, la serie ti prende e ti porta via con sviluppi sorprendenti,  dialoghi taglienti e personaggi sopra le righe. E ascoltare in un prodotto americano tante canzoni di Fabrizio De Andrè, alcune messe lì anche totalmente a cazzo di cane, fa un certo effetto. Ce n’è stato per tutti i gusti in questo caldissimo 2022. Per gli orfani di Game of Thrones, ecco il tanto atteso ritorno a Westeros, House of the Dragon, prequel ambientato 190 prima degli eventi che hanno appassionato mezzo mondo. Una versione meno grandiosa della lotta per il trono, incentrata su casa Targaryen (ricordate, quelli del Re folle e dei draghi, qui ce ne sono molti di più!), ma che tuttavia non ha perso la forza e la perfidia che caratterizzavano scontri e tradimenti, intrighi e sotterfugi della serie madre. Non può mancare anche quest’anno una grande serie sportiva e Winning time: L’ascesa della dinastia dei Lakers (anch’essa targata Hbo, quindi disponibile su Sky) fa decisamente il suo dovere. Grande ritmo, interpretazioni incredibili (John C Reilly giganteggia come al solito, ma ci sono anche Sally Field, Adrian Brody e tanti altri) e una sicurezza come Adam McKay (Vice, Don’t Look up) a guidare la compagnia. Se negli anni Duemila come me avete amato alla follia The Wire, non potete perdere la nuova creatura di David Simon, We own this city (Sky). Dopo quel successo l’ex giornalista ci aveva provato più volte con altre serie di ottimo livello come Show me a hero e The Deuce. Qui si torna a Baltimora tra spacciatori e sbirri corrotti per una miniserie che ripercorre le orme di The Wire, ovvero utilizzando il filtro del poliziesco per raccontare una città, un mondo, devastato e decadente. Neanche stavolta è stato un successone, ma anche stavolta Simon ha fatto centro. Non sempre i “prodotti derivati” sono da buttare. Lo dimostrano due serie recenti, entrambe su Paramount+. 1883 è un classico western, prequel della serie Yellowstone. Scopriamo come la famiglia Dutton, nel 1883, arrivò nelle terre del Montana dove costruì il grande ranch al centro di Yellowstone governato con mano durissima da Kevin Costner. La mano è sempre quella di Taylor Sheridan, regista, attore, sceneggiatore: uno che sforna prodotti televisivi a ritmi vertiginosi, quest’anno anche Tulsa King, Mayor of Kingstown e un altro prequel di Yellowstone appena uscito in America, stavolta ambientato nel 1923 con Harrison Ford ed Helen Mirren.  1883 è invece è un viaggio doloroso, violento, a tratti poetico, attraverso gli Stati Uniti del tempo, di cui sono protagonisti un maestoso Sam Elliott e i due divi del country, Tim McGraw e Faith Hill. Anche se la scena se la prende tutta la strepitosa Isabel May, nei panni della figlia Elsa, voce narrante e cuore pulsante dello show. L’altro derivato non trascurabile è Lasciami entrare (Paramount+), storia di una bambina vampira alla ricerca di calore umano, che ha shakerato il romanzo originario di Lindqvist e i due film che ne sono derivati. Lo spazio che mi resta lo voglio dedicare a The Offer (Paramount+), miniserie con Miles Teller e Juno Temple che vi trascinerà nel folle dietro le quinte del Padrino, tra produttori falliti, mafiosi cinefili e aneddoti che sembrano frutto di fantasia, ma non sapremo mai se lo sono (ma davvero la produzione preferiva Ryan O’Neal ad Al Pacino?). Ma una citazione la merita anche l’affascinantissima Tokyo Vice (ancora su Paramount+), l’incredibile storia vera di Jake Adelstein, un giovane americano con una grande passione per tutto ciò che ha a che fare con il Sol Levante: dopo molti sacrifici, viene assunto come  giornalista nel più importante quotidiano della capitale nipponica. E lentamente si lascia ammaliare dalla sua nuova vita, immergendosi nel sottobosco criminale della città dalla prospettiva del gaijin, dello straniero. Apre una  finestra su un mondo misterioso che si muove secondo logiche difficili da comprendere con ottica occidentale. Lo show porta la firma di Michael Mann (sì avete letto bene, proprio lui), che dirige anche il pilot, e J.T. Rodgers. Si può non essere d’accordo sulle migliori serie dell’anno, ma scommetto che tutti saranno concordi su qual è il titolo più deludente, soprattutto se teniamo conto delle enormi aspettative generate. Senza ombra di dubbio è Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere (Prime video), serie scritta male, recitata peggio, con personaggi insulsi e uno sviluppo narrativo pieno di falle. Merita una sospensione del giudizio, 1899 (Netflix), nuova creatura generata dalle menti di Baran bo Odar e Jantje Friese, quelli della meravigliosa Dark. Una prima stagione forse troppo cervellotica, ma tanto impegno e talento nel rendere l’incomprensibile seducente non si può liquidare così in  fretta.

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