Sei nell’anima, lo straordinario vissuto e l’irriducibilità di Gianna Nannini del biopic Netflix

by Antonella Soccio

Vado punto e a campo, vedrai

quel che resta indietro non è

tutto falso e inutile, capirai

lascio andare i giorni, tra certezze e sbagli

è una strada stretta stretta, fino a te

quanta tenerezza, non fa più paura…

È una scoperta intima e dolorosa quella che i fan e gli spettatori intraprendono con la visione del biopic Netflix della rocker italiana Gianna Nannini tratto dalla sua autobiografia Cazzi miei, pubblicata nel 2016. Il film, da quando è uscito è in testa alla classifica della piattaforma.

La regista fiorentina e sua cara amica Cinzia TH Torrini ha cambiato il titolo scegliendo quello di uno dei capolavori della cantautrice senese “Sei nell’anima”, una Vedrai, vedrai al maschile dedicata al suo amato e odiato padre.

La regista insieme agli sceneggiatori Cosimo Calamini e Donatella Diamanti, ha scelto una linea più morbida, ma comunque efficace nel descrivere gli anni della ascesa di Gianna Nannini e della sua caduta, una parentesi incredibile che avrebbe potuto fermarla per sempre.

Nel film il punto di forza è la prova attoriale della protagonista Letizia Toni nei panni di Gianna Nannini, ma anche di Selene Caramazza nel ruolo di Carla, Maurizio Lombardi già visto e apprezzato in Ripley che interpreta il padre di Gianna, Andrea Delogu una Mara Maionchi giovane e Stefano Rossi Giordani, che dà il volto e le fattezze all’allucinazione della cantante a cavallo degli anni Settanta e Ottanta.

«Sono stata vittima di uno stato psicotico molto grave, ma non indotto dalle droghe. Mi sono trovata quasi sperduta fuori dall’utero materno. Ho sperimentato la vera follia, il non capire chi sei. Per fortuna ne sono uscita. Ero in Germania e il mio manager mi pressava sul nuovo album, voleva che sfornassi una hit di successo. È stata una forzatura e una violenza che mi ha travolto. Ho avuto paura», ha detto Nannini in una intervista.

Nel film si parte dalla giovinezza della cantante con continui flashback nella provincia toscana, rappresentata vivamente e cromaticamente da colori seppiati, dal rosso Siena appunto. Gianni Nannini è figlia dell’alta borghesia senese, suo padre è un importante imprenditore dolciario, autoritario, che sogna per i suoi figli la grande carriera sportiva. Il tennis per la ragazza e la formula uno per il figlio (Alessandro Nannini, sarà poi un talentuoso pilota automobilistico bello e dannato e fermato solo da un tragico incidente).

Il tennis e Siena però stanno stretti a Gianna Nannini, che contro la volontà paterna, parte per Milano, dove vive in un albergo a ore e fa amicizie fondamentali e tragiche, come quella di un’amica morta per overdose.

Il film segue le tappe di Nannini col poster di Janis Joplin, il suo incontro fondamentale alla Ricordi, dove lavora Maionchi, che subito ne comprende le potenzialità vocali, commuovendosi al suo provino.

Arrivano i primi successi, il Festivalbar, lo scandalo della copertina di America, che turba il padre, le provocazioni sessuali dell’artista.

Nel lungometraggio la irripetibilità e la unicità della cantante sono forse edulcorate, Letizia Toni è bravissima nelle movenze, nella voce, nella psicologia, restituisce il mood di Gianna Nannini dell’epoca, ma non ha il suo scatto, la sua energia irriverente e selvaggia, sempre in bilico con il limite della follia. Perciò è solo accennata la scena della masturbazione al microfono negli studi televisivi, così come sono accennate la grinta e la forza della cantante sui palchi. Il suo rock è unico per quegli anni, il suo look androgino la fa diventare icona LGBTQ+, nel film si dà anche conto dell’incontro con Carla, la hair stylist salentina sua compagna da 40 anni.

Ma il film svolta quando racconta l’evento psicotico giovanile di Gianna Nannini. Siamo negli anni dell’album Latin Lover, uscito nel 1982.

La follia, le allucinazioni, le degradazioni del corpo, la violenza di una testa che vola verso l’abisso sono state confidate poche volte nelle interviste. È grazie a Carla e alla famiglia se la cantante non è stata medicalizzata, ma curata in casa. Con un ricovero è possibile anche che non ne sarebbe uscita mai.

Invece guarisce, grazie al successo internazionale di Fotoromanza. Seguono poi tutti gli altri successi, che tutti conosciamo.

La guarigione e le diverse fasi della vita dell’artista sono scandite anche dai ritorni verso casa. In moto, ribelle, o in auto, matura, sulle colline senesi.

Il cambiamento è un ritorno alle sue origini, l’accettazione della sua diversità, il ricongiungimento con suo padre, morente, che la ama per com’è.

Bellissima la scena di Gianna Nannini che suona il piano e canta a ridosso delle vigne.

Si piange, da vedere assolutamente.

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