Supersex, i tormenti emotivi di Rocco Siffredi e l’amore come sguardo di riconoscimento

by Antonella Soccio

Premessa necessaria da lettrice forte un po’ sfigata e da cinefila tristanzuola: ho visto i primi film porno, senza trarne particolare godimento, dopo i 30 anni, pertanto la mia conoscenza della gesta intime del pornodivo italiano, che ha cambiato le regole del genere, è relegata alle sue interviste con gli abiti addosso e alle pubblicità gustose, salate e giocosamente sessiste.

L’origin story disponibile su Netflix dal 6 marzo, Supersex, liberamente tratta dalla storia di Rocco Siffredi, è un prodotto da maneggiare con cautela.

La serie in 7 episodi non è un’agiografia del porno, non vuole scandalizzare, non è un pulp sul sesso, non vuole creare particolari novità sugli incastri feticisti della pornografia né cambiare lo sguardo sulla sessualità e il piacere, scompaginando il punto di vista dell’eros da una angolazione femminista o inclusiva. Chi dovesse approcciarsi con queste aspettative ne rimarrà fortemente deluso, perché la carne che si vede è tutta patinata. Come in un videoclip spinto o in un fotoromanzo hard degli anni Settanta, Supersex appunto. Laddove invece i porno sono spesso squallidi e a luci bianche, a pieno sole. Le luci rosse sono una invenzione da night e da allucinogeni.

Supersex, creata e scritta da Francesca Manieri e disponibile con i suoi 7 episodi in streaming su Netflix , è la storia di Rocco Siffredi, ma soprattutto è la storia di Rocco Tano. E questo è bene tenerlo a mente prima di iniziare la visione.

Da Ortona a Parigi. Andata e ritorno. La serie segue l’infanzia, la fanciullezza e il successo del pornodivo con la lente degli affetti e dell’assenza psicologica che ha riempito i codici profondi di Rocco.

Affamato di uno sguardo da parte della madre Carmela, dominata dall’amore per lo sfortunato fratello reso disabile da una violenza di quartiere e per il fratellastro più grande Tommaso, Rocco cresce nella piccola cittadina abruzzese con il mito di carta di Supersex da un lato e quello di Tommaso dall’altro. È lui che lo instraderà alla sua virilità e che gli nutrirà l’autostima. Non soltanto per le dimensioni del suo membro.

«Mi sono portato la sua foto ovunque. Nella vita mi sono augurato tutto il dolore di mia madre perché volevo dividere e alleviare la sua sofferenza, ed è stato così, il dolore non mi ha risparmiato. Solo ultimamente ho abbandonato le foto, ma non riesco ancora a lasciarmi alle spalle tutto», ha detto Siffredi in una intervista in ordine al fratellino Claudio.

In paese c’è anche l’archetipo fondativo della sua sessualità, la bellissima Lucia, che irretisce tutti i bambini con le sue grazie e le sue gambe libere sulla bicicletta. Una immagine che cita senza dubbio il grande Tinto Brass, ma è depurata del conturbante che il regista veneziano sapeva infondere alle sue donne e al culto del sedere.

Saul Nanni è uno splendido Rocco da giovanissimo, Alessandro Borghi è invece il Rocco adulto. L’attore, già formidabile per l’uso del corpo nel bellissimo Sulla mia pelle, ha molto lavorato per essere Siffredi, non ha voluto semplicemente imitarlo; riesce così a consegnare una interpretazione superlativa, capace in qualche momento anche di far dimenticare l’originale. Il suo ghigno ingenuo e al contempo sempre malizioso e a doppio senso, la sua energia, il suo piacere animalesco per gli amplessi sono più veri del vero sullo schermo.

Anche Adriano Giannini, un attore fenomenale sempre poco utilizzato dal cinema italiano, regala un Tommaso controverso, tormentato, al limite della follia. Rimane il personaggio più sospeso, che turba e inquieta per la sua drammaticità, benché forse negli ultimi episodi la sceneggiatura esageri con una dissociazione mentale borderline che sfiora un po’ la macchietta.

Altra grande interpretazione è quella di Jasmine Trinca. Non amo particolarmente questa attrice, mi sembra sempre che inietti nei personaggi una sua usuale personale saccenza. Non manca neppure in Supersex questo dato attoriale, ma è più sopportabile. È la sua Lucia a rappresentare a Rocco la fenomenologia dell’amore per le donne e il disgusto per il sesso pornografico che è sempre fallocentrico. Il suo discorso nella seconda parte della serie vale un saggio femminista.

Menzione speciale per Gaia Messerklinger, nel ruolo non semplice di Moana Pozzi. I fan della pornodiva sono già persi per lei e la vorrebbero vedere anche in un sequel dello stracult Fantastica Moana.

La serie è godibile, non mancano scene disturbanti come quella della fellatio dinanzi alla tomba della madre, una scena non vera ma riadattata che il vero Siffredi ha invece spiegato nel dettaglio.

Supersex per molti giorni è stata terza nella classifica globale delle serie tv in lingua non inglese della piattaforma con 3.2 milioni di visualizzazioni ed è ancora nella top 10 di 62 Paesi nel mondo. Molto interessante la trovata quasi filosofica di Rocco che spiega agli spettatori da voce narrante il super potere del sesso. Si resta incollati anche per capire dove vuole andare a parare e quali sono i segreti del testosterone.

Il finale è struggente e forse delude anche un po’. What is love, balla Rocco. L’amore non è altro che il riconoscimento nello sguardo dell’altro. Della madre, del proprio amore, di un figlio. Tutto il resto è corpo, che gode. Semplice, carnale e divino porno.

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