60 anni di Barbie. Grazie Ruth: noi donne non siamo bambole

by Deborah Alice Riccelli
barbie

Lo sapete chi ha compiuto ben 60 anni nel mese di marzo?

Proprio lei, la bellissima Barbie.

Sono andata alla ricerca delle sue origini e ho letto che Ruth, moglie di Elliot Handler socio cofondatore della Mattel, era stanca di vedere come i giochi dei suoi figli fossero oggettivamente differenti.

Mentre il figlio maschio aveva la possibilità di immaginarsi da adulto  nelle vesti di un astronauta, un poliziotto o un vigile del fuoco la figlia femmina aveva un’unica possibilità. Immaginarsi madre, visto che i bambolotti avevano tutti le fattezze di un neonato, oppure giocare con pentolini e aspirapolveri che avrebbero ingabbiato il suo futuro in un ruolo di moglie e madre.      

Il marito non era affatto soddisfatto di questa proposta ma Ruth, aiutata dall’ingegnere Jack Ryan, diede vita alla prima Barbie.

La battezzò col nome abbreviato di sua figlia Barbara. La prima Barbie esordì nel New York Toy Fair il 9 marzo 1959.  Era vestita con un costume da bagno zebrato, la pelle chiara e i capelli neri legati in una lunga coda. Nel primo anno ne furono vendute ben 350.000. 

La bambine però la volevano con i capelli biondi e la Barbie più venduta al mondo è stata la Totally Hair Barbie, con capelli acconciabili lunghi fino ai piedi, realizzata in 1992000 esemplari. 

Sagacemente, la Mattel, per accrescere la sua popolarità la dotò di passaporto e famiglia.

Barbara Millicent Roberts. Oltre a Barbie vennero ideati infatti la sorella Skipper, nata nel 1960, Tutti e Todd fratelli gemelli nati nel 1965, le sorelle Stacie e Shelly arrivate rispettivamente nel 1992 e nel 1995 e, per ultime la sorella Chelsea nata nel 1999 e Francie, una cugina di origini inglesi.

Non possiamo dimenticare il leggendario Ken (diminutivo di Kenneth che era il nome del figlio degli Handler) che è l’eterno fidanzato di Barbie. Il loro amore sarebbe nato nel 1961 su un set televisivo. Il 13 febbraio 2004, proprio il giorno prima di San Valentino, dopo ben 43 anni di fidanzamento, Barbie e Ken decisero però di laciarsi. Secondo la biografia scritta dalla Mattel, Barbie è stata poi single per un periodo, nonostante un breve flirt con il giovane surfista australiano Blaine. Nel febbraio 2006, la coppia si è riformata senza però convolare a giuste nozze.

Veniamo a noi. Quante sono le bambine che ringraziano Ruth per averle liberate da uno stereotipo e quante, invece, la malediranno per averle costrette in un altro?

Ovviamente Barbie è stata accusata delle cose peggiori. Di aver ridotto migliaia di adolescenti alla fame nella rincorsa di un fisico perfetto che solo in 29,21 cm di altezza – e di plastica -sarebbe possibile concentrare.  La Barbie più demonizzata dall’opinione pubblica è stata proprio la Barbie Slumber Party  (1965) perché nella confezione di vendita vi era una bilancia rosa con l’indicatore del peso bloccato a 50Kg.

Ma quanto ci piace sentirci “bambole” perfette e senza difetti. Quanto siamo succubi di uno stereotipo richiesto dalla società che ci circonda dove tutto è filtrato da uno schermo quale che sia il monitor di un computer o il display di un Iphone di ultima generazione che ci rimanda a profili social dove siamo quasi tutte uguali e quasi tutte “perfette”.

Cosa spinge le donne della musica leggera o della moda a paragonare a delle bambole le donne uccise per mano di un uomo? Io, ad esempio, trovo insostenibile il noto MURO DELLE BAMBOLE appoggiato da molti comuni italiani. Mi sto discostando dal compleanno di Barbie per accendere in voi un quesito sul paragone DONNA/BAMBOLA. Perché è da lì che parte un quesito importante. Perché una bambola, che sia la copia perfetta di un neonato o dotata di misure perfette, dovrebbe restare un gioco. Appendere delle bambole al muro dicendo che simboleggiano la lotta al femminicidio è azzardato e pericoloso. Si ottiene l’effetto contrario a quello spot che pubblicizza il muro e che recita un WE ARE NOT JUST DOLLS perché ci riporta alla donna come essere inanimato, inerme. Un essere dotato di una forte impotenza appresa. Le donne (bambole) appese a quei muri sono prive di volontà, sottoposte agli sguardi morbosi della gente che magari fa la fila per farsi un selfie con la più carina del gruppo.

Credo che i sessant’anni di Barbie dovrebbero far riflettere ogni donna che è cresciuta con lei. Ognuna di noi dovrebbe ringraziare Ruth per averci permesso di sognare e di realizzare qualcosa di diverso ma dovrebbe anche evitare di farsi ingabbiare in un nuovo stereotipo come se fosse l’unica ancora di salvezza.   

Pensiamoci, donne. Noi non siamo BAMBOLE. Grazie Ruth per averci donato Barbie che, forse, voleva farci capire solo questo.

*Deborah Alice Riccelli è Consigliera di Parità Supp. Prov. Imperia e si occupa di violenza di genere. Ha specializzazioni in criminologia, parafilie  e crimini familiari ed è fondatrice di un centro antiviolenza Oltreilsilenzio Onlus e  consulente all’interno di un CAAV a Genova.  

Ha scritto “Solo dieci passi “ che ha vinto il Trofeo Luigi Camilli al Premio Letterario nazionale Città di Sarzana, un racconto dedicato ad Hagere Kilani. Hagere aveva solo quattro anni nell’agosto del 2000 quando è stata abusata e barbaramente uccisa nel quartiere Parasio di Imperia. 

Deborah è stata inserita dal Periodico F tra le 100 donne che si sono distinte nel campo della cultura e dello spettacolo nel 2018. Attualmente è in libreria con il suo nuovo lavoro “Mille e più farfalle”.

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