“Carmen”: il catalogo è questo!

by Fabrizio Simone

Delle sette opere composte da Georges Bizet (1838-1875) nel giro di un ventennio turbolento sopravvivono soltanto l’immortale Carmen, tratta dalla novella omonima di Prosper Mérimée (giacché si avvicina Halloween sarebbe opportuno leggere anche qualche suo bel racconto fantastico come il sempreverde La Venere d’Ille), e Les pêcheurs de perles (poco frequentata in Italia ma quest’anno, in virtù del suo 150° anniversario, è stata scelta per aprire la stagione 2019/2020 del Teatro Regio di Torino).

Tra gli ammiratori celebri della Carmen vanno annoverati almeno Friedrich Nietzsche (il filosofo tedesco si invaghì dell’opera di Bizet durante il suo viaggio in Italia e l’ascoltò venti volte in tutta la sua vita, eleggendo il compositore francese nuovo nume dello spirito mediterraneo in contrapposizione al decadente Wagner) e Cajkovskij.

Ma il capolavoro di Bizet ha ispirato una moltitudine di compositori sin dalla sera della prima (il 3 marzo 1875, al Théâtre national de l’Opéra-Comique, c’era addirittura il giovane compositore di stampo wagneriano Vincent d’Indy nelle vesti di suggeritore dei cantanti – lo stesso Bizet subì il fascino della musica wagneriana, pur rimanendo fedele alla sua vena mediterranea). Esistono fantasie su temi dell’opera di Bizet per qualsiasi strumento (la più inusuale è quella per organo composta dall’inglese Edwin Lemare nel 1921 mentre la più eseguita è senz’ombra di dubbio la Fantaisie sur Carmen op.25 per violino e pianoforte – esiste anche una versione per solista e orchestra – del virtuoso spagnolo Pablo De Sarasate) e alcuni contemporanei arrangiarono i temi più in voga per alcune composizioni “leggere” (si veda la frizzante Carmen-Quadrille op.134 del più giovane tra i fratelli Strauss, Eduard, eseguita nel 1991 e nel 2012 al Concerto di Capodanno da Vienna, o l’omonima quadriglia mai eseguita al giorno d’oggi del tedesco Oscar Fetras).

La Carmen, con la sua freschezza e il suo seducente linguaggio sonoro, fa parte da sempre del repertorio dei grandi direttori d’orchestra non solo francesi. Tra le grandi bacchette impegnate a far rivivere la storia della sigaraia creata da Mérimée ricordiamo Arturo Toscanini, Herbert von Karajan, Carlos Kleiber, Georges Prêtre, Zubin Mehta (la sua ultima Carmen risale a 6 anni ma il direttore indiano non ha mai inciso quest’opera nonostante sia davvero corposo il suo catalogo d’incisioni operistiche – i più curiosi potranno facilmente reperire il dvd con la sua Carmen del 1991 per la regia di Nuria Espert), Michel Plasson e Claudio Abbado e Leonard Bernstein. Stupisce l’assenza di Riccardo Muti tra i frequentatori della Carmen. D’altronde Muti non ha mai mostrato alcuna simpatia per Bizet (mai eseguite, neppure in forma concertistica, le due fortunate suites).

Herbert von Karajan ha inciso per ben due volte la Carmen. La più bella Carmen della storia discografica è quella registrata da Karajan con la Filarmonica di Berlino. Cast stellare: Agnes Baltsa (Carmen), José Carreras (Don José), José van Dam (Escamillo), Katia Ricciarelli (Micaëla). Nessuno è riuscito ad eguagliare la potenza di Karajan e del suo cast. Neppure Kleiber, che ha lasciato una versione elegantissima (la regia è del compianto Zeffirelli) con l‘Orchestra dell’Opera di Stato di Vienna (Elena Obraztsova è una Carmen un po’sottotono, Placido Domingo è un buon Don José ma l’Escamillo di Yuri Mazurok non regge minimamente il confronto con quello di José van Dam). Altra Carmen degna di nota è sicuramente quella incisa da Claudio Abbado con l’Orchestra Sinfonica di Londra. Teresa Berganza è un’ottima Carmen, delicata e al tempo stesso aggressiva; Sherrill Milness sa che Escamillo deve infondere timore nel suo pubblico con la sua spavalderia un po’ grossolana. Lettura lenta e non molto regolare quella di Bernstein con la finissima Marylin Horne e l’Orchestra del Metropolitan, ma sicuramente importante per comprendere l’interpretazione personale di questo grande artista (del resto Bernstein raramente ha diretto opere liriche).

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