Dare voce al mondo visto con un altro sguardo. Sono le Ribellule Isteriche, otto donne per la web radio RKO

by Antonella Soccio

Cura, relazioni, interconnessioni. Le parole d’ordine delle femministe sono il corpo fondante di “Però mi vuole bene”, il programma radiofonico in onda sulla web radio barese RKO, ogni mercoledì dalle 13, a cura delle Ribellule Isteriche. Otto donne dalle esperienze e dalle pratiche più diverse si sono riunite per creare un ponte di solidarietà, sorellanza e lealtà, che fra donne non sempre esiste.

Sono Pina Cotroneo, Rosaria De Matteis, Titti De Simone, Lea Durante, Olga Diasparro, Annarita Lupoli, Rosy Paparella, Rosanna Santoro. Tutte e otto in redazione, prima del Covid, ora connesse via Skype. Con il coordinamento e l’organizzazione di Olga Diasparro. La selezione musicale è curata dalle due professioniste della console le ASSI DJ Pina Cotroneo e Annarita Lupoli, mentre si alternano come speaker Lea Durante, Rosy Paparella, Rosanna Santoro, Titti De Simone, Rosaria De Matteis e Annarita Lupoli.

L’idea di una trasmissione al femminile è partita da Carlo Chicco della RKO. “Ho saputo che stava mettendo su questo progetto e mi ha subito entusiasmato, è evidente che come donne abbiamo una narrazione comune secondo la quale tra donne c’è molta diffidenza. Ho chiamato Olga Diasparro, siamo entrambe avvocate ed amiche. Olga che dici ce la possiamo fare? Le ho chiesto, dopodiché abbiamo messo insieme un gruppo di gran belle donne: riuscire a fare squadra tra donne non è una passeggiata, rapportarsi in maniera serena non è sempre facile. Ma noi ci stiamo riuscendo, è una bellissima esperienza”, racconta a bonculture Rosaria De Matteis.

“La redazione è formata solo da donne, noi decidiamo quali programmi fare, col suggerimento di tutte, riunire tante esperienze e pratiche diverse è il nostro tesoro. Da donna, avvocata, attivista, sento che ora è il momento di creare una rete anche fuori dall’Italia. Dobbiamo capire come questa nostra attività radiofonica di ascolto e condivisione si può e deve trasformare in pratica, la nostra volontà è diventare ponte di collegamento tra donne, foriere di percorsi e pratiche. Il Covid ci ha bloccato, sicuramente un conto è potersi confrontare, stare insieme, godere dell’input emotivo, perché andare fisicamente a lavoro, creava una carica emotiva che dalla trasmissione del mercoledì si spalmava per tutta la settimana, ora è diverso”.

Nessuna delle Ribellule aveva avuto una esperienza radiofonica, fatta eccezione per Titti De Simone che da ragazzina in Sicilia aveva fatto la speaker.

Col Covid le puntate sono state centrate sul tema della R-Esistenza. “Lo spirito e l’umore sono un po’ provati, vogliamo ancora dedicare la trasmissione al resistere in quarantena, intervistando donne. Con loro ci siamo chieste in una puntata: come lo vorresti il mondo, come lo vedresti? Ci dovremo reinventare e prospettarci in un altro modo di vivere. Anche se alcuni egoismi e l’odio permangono. Basta vedere quello che è accaduto a Silvia Romano, che solo perché è una donna libera che ha scelto, è stata ricoperta di insulti. O la campagna contro Giovanna Botteri, quello che siamo e che vogliamo essere ci viene gentilmente suggerito dagli uomini. Non ci si stacca facilmente dalla brava ragazza. Se ti discosti da quell’immaginario sei attaccata. Sapere che l’80% delle donne ha aggredito Botteri, vuol dire che abbiamo un problema: abbiamo delle cortigiane moderne, che spesso sono molto più pericolose degli uomini”.

La nascita della radio serve proprio a questo, ad una narrazione al femminile, a prendersi spazio, a cambiare il punto di vista orientato dagli uomini.

Le Ribellule Isteriche hanno dai 38 anni ai 56 anni. “Siamo cresciute”, sorride Rosaria, ma è evidente a tutte che negli ultimi anni c’è stata qualche regressione. “Siamo nel 2020 a parte il virus, dobbiamo fare un po’ di mea culpa, che errori abbiamo fatto? Noi donne siamo in numero maggiore, come è possibile che stiamo ancora ad elemosinare i diritti? Manca una alleanza, manca quell’unità tra donne. Infatti quando noi contattiamo le donne con cui dialogare nel programma c’è stupore per il nostro modo di porci, perché facciamo rete, in un confronto gioioso tra donne, che spero possa avere un futuro”.

Ci sono i limiti tramandati dalle madri putative del femminismo storico, la loro eredità si è persa, perché, rileva Rosaria, è passata l’idea del non riconoscere le forme di violenza, c’è stata sottovalutazione al femminile. Ovunque gli uomini squalificano le donne. Il patriarcato è subdolo. “Io sono avvocata, ho lo studio con un collega, nell’immaginario comune quando stiamo insieme, lui è l’avvocato, io sono la signora. Occorre puntare i piedi. Forse serve una agitazione permanente, iniziare a fare rete è decisivo”.

“Dare voce al mondo visto con un altro sguardo”, è il nostro obiettivo dice Olga Diasparro.

“Proveniamo da diverse esperienze, c’è chi si occupa di politica, chi è avvocata, chi fa cooperazione, c’è l’accademica Lea Durante. Il tratto comune è il femminismo e l’antifascismo. Siamo amiche, conoscenti, però abbiamo un percorso personale e professionale diverso. Questa eterogeneità è diventata un punto di forza. Le due speaker si occupavano già di violenza, scuola, terzo settore, di linguaggio e discriminazione. Tutti temi che ci toccano e che riguardano il mondo femminile. Eravamo a digiuno sul fare radio, nasciamo a testa bassa: quello che ci spinge è di allargare il più possibile, farci ascoltare da fuori. Nasciamo come puntate tematiche, poi per l’emergenza Covid, ci siamo adattate come tutti. Con la reclusione ci ha indotto a parlare di R-Esistenza con diverse attiviste, con chi è impegnata nella scienza e nelle lotte che può ognuna di noi conduce. Dare voce e spazio e costruire insieme, con un contributo esterno”.

Qual è il cliché più facile in cui potevate incorrere? “Il cliché è quello della divisione tra donne, ma sento la radio come un luogo accogliente, senza prima donne, che purtroppo esistono. C’è un grande dialogo, c’è rispetto reciproco. Il rischio è di diventare autoreferenziali, di celebrarsi, diventare protagoniste, ma noi siamo parte di un’unica cosa”.

Tra i punti forti della trasmissione c’è anche la selezione musicale di Pina Cotroneo, che propone ogni settimana pezzi storici e pezzi importanti contemporanei, adeguati alla puntata.

Lo spazio seppur limitato vuole provare a rompere alcuni schematismi, senza essere troppo radicali, con toni pacati, tecnici e scientifici. Meno chiacchiere e più sostanza. Trovare l’orecchio, per avere uno sguardo diverso.

La stessa canzone il cui verso dà il titolo alla trasmissione, Però mi vuole bene, passava come un testo divertente per l’epoca, ma nasconde il patriarcato. Un sentimento assolutamente attuale per tante donne che negano ancora la violenza subita, scambiandola per amore.

Che significa essere femministe a Bari? Olga Diasparro è positiva. “Bari credo che sia dal punto di vista culturale sia dal punto di vista politico sia molto avanti, ma resta sempre il problema della divisione del mondo femminile. C’è l’ego, che divide. C’è tanta gente che lavora e che è molto preparata, ma come donne non abbiamo gli spazi nella politica. La Puglia è tra le poche regioni a non avere una legge regionale elettorale sulla doppia preferenza. Una legge ormai anche vecchia. Il mondo femminile dovrebbe fare una nuova battaglia, ma manca un pezzo per fare le cose, per comprendere. Spesso le donne si adattano al maschile. L’unica cosa che ci salva è la cultura, diffondere cultura affinché si stimolino le donne ad avere un atteggiamento autonomo”.

Secondo Olga, oggi il linguaggio, le parole ostili, il body shaming sono aggressività totalmente sdoganate, come se l’atto stesso dell’offendere non fosse reato. Ognuno si sente autorizzato a dire la propria, senza avere gli strumenti. A giudicare. I social media hanno sdoganato questi atteggiamenti.

“Solo con la cultura, con approcci non violenti si può sconfiggere violenza verbale. Diventare consapevoli, responsabili”.

Tutte le donne intervistate hanno portato alla trasmissione un valore aggiunto.

C’è qualcuna che si è ritratta, che è stata reticente?

“Tutte le donne che abbiamo contattato, scienziate, docenti, sono state disponibilissime, le interviste sono veramente arricchenti, danno cuore. Io credo che si possono trovare dei terreni di confronto. Alla luce dell’emergenza il mondo sarà diverso, la pandemia ci porterà a modificare le nostre priorità, c’è la possibilità di incidere tenendo fortemente l’attenzione sul fatto che quei diritti che abbiamo già consolidato, non sono scontati, è un mondo ancora maschile. Gli uomini attuano ancora il dividere per comandare, è un sistema difficile da scardinare. La speranza è che la nostra trasmissione apra ad uno sguardo diverso, al parere delle donne”.

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