Giulia Gonzaga, l’intelligenza delle donne e la bellezza eretica del Rinascimento

by Modesta Raimondi

Antonio Forcellino ha scelto Giulia Gonzaga, un’aristocratica e colta animatrice rinascimentale. È di lei che discuterà stamattina, durante la quarta edizione delle Lezioni di Storia, ideate dagli editori Laterza e in corso al Teatro Petruzzelli di Bari.

Lezioni che stanno esplorando le vicende di alcune figure femminili, che hanno operato in epoche diverse, oltre alle biografie collettive del movimento delle donne a partire dal 1968.

Forcellino racconta di ritrovarla di continuo nei suoi studi e sostiene che, a distanza di secoli, l’equazione tra bellezza e intelligenza femminili, che attraverso la Gonzaga segna una parte del Rinascimento, è tutt’altro che superata.

Bonculture lo ha intervistato.

Professor Forcellino, perché il suo grande interesse per la figura della Gonzaga?

Mi piace perché è piena di contraddizioni. È molto bella: la più bella del suo tempo, ma di questa sua bellezza fa un uso completamente diverso da quello che gli uomini si sarebbero aspettati.

Inoltre è la meno conosciuta, la meno studiata, proprio perché la più moderna.

Ci spieghi: quale uso fa della sua bellezza?

La Gonzaga finisce nei gruppi eretici, scampa al rogo per pochissimo (e solo perché muore prima), rifiuta la corte degli uomini che la volevano a tutti i costi, ad esempio quella del potentissimo cardinale dei Medici, sfugge al rapimento di Solimano il Magnifico, che la mandò a rapire da Istanbul (perché la sua era un’avvenenza leggendaria). E dopo essere rimasta vedova a soli 16 anni, non si sposa più, perché probabilmente è lesbica e quindi decide di vivere la vita per conto suo, con le dame di compagnia di cui si circonda.

Diventa una che protegge le donne, tanto che a lei si rivolgevano anche altre vedove che non si volevano risposare. E soprattutto, è un po’ il paradigma di ciò di cui si è discusso per anni e di cui ancora si continua a discutere, cioè la grande bellezza associata a superficialità e stupidità.

La Gonzaga dimostra che la più grande bellezza (perché non c’è dubbio che lei sia la più bella d’Italia) può essere anche la più grande intelligenza, il più grande carattere. Giulia gioca la partita per lei e non per gli uomini.

Inoltre mi incuriosisce perché gli uomini non amano per niente questa sua scelta, tant’è che i pochi che ne hanno lasciato testimonianza ne parlano come di una donna che fa e disfa in faccende propriamente maschili; una tendenza che gli uomini trovano del tutto disdicevole, così come ci si può aspettare.

Per questi e per altri motivi è una figura rinascimentale che mi affascina.

Anche perché tutti sono pronti a parlare della sua bellezza, ma quando si tratta del carattere….

Sappiamo che lei ne ha scritto con passione.

Continuo a trovarla nelle mie ricerche. In genere ne ho parlato nei romanzi, perché sul piano della saggistica non si riesce a ricostruire la sua storia, neanche artistica. Tanto che perfino sul suo ritratto ci sono problemi di identificazione.

La Gonzaga è una donna che nell’ambiguità trova il suo percorso di liberazione.

Tra l’altro ci sono dei suoi pensieri molto interessanti che oggi definiremo protofemministi.

Così mi piace avere l’occasione di parlare di questa figura contradditoria che è anche un po’ cinica, tanto che per mettere a sicuro il Regno, sposa un vecchio storpio, il principe Colonna, quando ha solo 13 anni, mentre lui ha già una figlia della sua età. In più, per mettersi ulteriormente al sicuro, fa unire in matrimonio anche la figliastra col fratello.

È una donna che sa essere diabolica. Ma il mio giudizio su di lei è molto positivo, perché usa gli strumenti che aveva a disposizione per sottrarsi al destino di tutte le donne del suo tempo.

Un’astuzia che, a suo parere, è finalizzata più alla liberazione della sua identità personale o alla costruzione di un patrimonio? Insomma, è una donna venale o una donna libera?

È una donna libera, perché la sua partecipazione all’eresia è una partecipazione generosa, in cui mette a repentaglio tutto quello che aveva come potere dinastico, oltre ai suoi diritti di nascita. Una figura del suo censo non si va a ficcare in un movimento pericolosissimo. Invece lei vive anni terribili.

Certamente è una donna potente e come tale è protetta, ma l’inquisizione le gira intorno. Brucerà il suo corrispondente al rogo, proprio utilizzando le lettere che gli aveva scritto lei. Possiede tratti di generosità straordinari. Probabilmente appartiene alla prima generazione di donne che hanno accesso all’istruzione. È dall’istruzione che nasce la liberazione, non c’è niente da fare: è così.

A chi parla oggi Giulia Gonzaga? Chi dovrebbe ascoltarla e perché?

Parla agli uomini, perché al suo cospetto devono per forza sentirsi molto stupidi.

Per il modo in cui l’hanno perseguitata?

No, per il modo in cui le sono stati intorno, abbagliati dalla sua bellezza.

L’hanno corteggiata, ammirata, ma nessuno di loro ha compreso quali fossero le sue reali intenzioni, la portata della sua intelligenza.

La sua storia quindi mette in luce un punto debole dell’uomo, che di fronte al fascino femminile perde il lume della ragione e la capacità di muoversi accortamente nella realtà?

Certo. Io per la mia età sono stato abituato all’equazione secondo cui la donna bella deve essere per forza stupida. Mentre con la Gonzaga si dimostra che la donna più bella del Rinascimento, era anche di straordinaria intelligenza.

Il discorso dell’intelligenza delle donne, è sempre molto antico.

Tutti sono pronti a riconoscere l’intelligenza di Vittoria Colonna, che però era anche molto brutta: un caso in cui è più facile accettare la suddetta equazione. Quando invece si è di fronte alla straordinaria bellezza, diventa difficile digerire l’intelligenza.

È anche per questo che mi piace la Gonzaga. Mi interessa fare una provocazione in questo senso, perché non mi sembra che siamo ancora al sicuro da questi pregiudizi.

Qual era l’atmosfera nel suo cenacolo? Quale il ruolo delle donne e il loro approccio alla vita culturale nel Rinascimento?

Il Rinascimento è un momento di grande cambiamento in cui molte donne cominciano a scrivere e tenere salotti letterari, addirittura quello di Giulia Gonzaga diventa un salotto teologico.

Le donne con la religione non hanno mai avuto a che fare. Si accettavano le mistiche, ma quella è anche un po’ una manifestazione di isteria. Di donne che vogliono decidere i temi religiosi non se ne sono viste molte nella Storia. E invece, proprio nel 500, questo gruppo di riformatori, tra cui la Gonzaga, Renata di Francia, Vittoria Colonna, Eleonora Gonzaga (sua cugina) vogliono dire la loro sul tema della riforma. Vogliono parlare riguardo a qualcosa che fino ad allora era stato appannaggio esclusivo degli uomini.

Qual è il valore aggiunto all’identità femminile che lei ritrova immutato nel tempo?

La generosità. Quella delle donne è una generosità che i maschi non hanno quasi mai. Gli uomini, nel bene o nel male, sono sempre un po’ vittima del loro destino: sembrano tanti pupazzi e quasi tutti poi vanno a morte, ossessionati come sono dal tema della vittoria.

Potremmo dire che gli uomini sono abbagliati dal mito della forza di cui diventano vittima?

Si, possiamo dirlo. E anche per questo muoiono tutti: fanno quasi sempre una brutta fine. Ludovico il Moro, Cesare Borgia, Pierluigi Farnese. Si salvano solo le donne.

Le donne sono forse più conservative nei confronti sia di sé stesse che di ciò di cui si prendono cura?

No. Le donne hanno degli ambiti meno pubblici in cui trovano delle risorse. È come se gli uomini fossero un po’ più proni rispetto alla morale costituita. Poi certo, ci sono i rivoluzionari. Ma quella è un’altra storia…

Un’ultima domanda. Se lei, da storico, dovesse raccontare la donna contemporanea tra cento anni, se le nostre donne fossero un archetipo, una figura antropologica per i posteri, da studiare in un futuro ipotetico, cosa si direbbe di loro?

Io userei la parola fatica. Ho una figlia, una moglie e tante amiche, e vedo che fanno tutte una grande fatica. Quelle di oggi sono donne che stanno nella fase di passaggio tra un’era e un’altra, e fanno una grande fatica a tenere insieme tutto.

Da loro non viene mai meno l’affetto e l’accudimento, però c’è un grandissimo sforzo…

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