Chimamanda Ngozi Adichie, la scrittrice che parla di femminismo per raggiungere le persone

by Paola Manno

Chimamanda Ngozi Adichie è una delle più note scrittrici africane contemporanee ed è considerata una delle autrici femministe più influenti dell’ultimo decennio.

44 anni, nata nel Sud della Nigeria in una “casa piena di libri”, ha studiato Comunicazione e Scienze Politiche negli Stati Uniti dove, durante il primo anno di Università, ha scritto il suo primo romanzo “L’ibisco viola”, vincitore dell’Orange Prize e del Commonwealth Writers’ Prize e pubblicato in Italia da Einaudi nel 2006. Segue “Metà di un sole giallo” che, come il romanzo precedente, racconta un capitolo doloroso della storia della Nigeria. La terza, importante pubblicazione è del 2013: “Americanah”, la storia di una giovane migrante nigeriana trasferita negli Stati Uniti, è stato nominato tra i dieci libri da leggere nel 2013 dal The New York Times.

Ma è grazie al suo intervento per TEDxEuston che Adichie raggiunge una grande popolarità. “Dovremmo essere tutti femministi” (We should all be feminists), visualizzato da oltre 7 milioni di persone su YouTube, racconta a uomini e donne che la questione del femminismo è una questione di diritti umani che interessa tutti, non solo il genere femminile. “Ho scelto di parlare di femminismo per raggiungere le persone” ha dichiarato la scrittrice in una recente intervista su La Repubblica “però è terribile se la gente non riesce più a vederti come un essere umano con caratteristiche personali, ma solo come l’esponente di un movimento. Voglio avere il permesso di essere un individuo”.
“Cara Ijeawele ovvero Quindici consigli per crescere una bambina femminista” è invece un intenso pamphlet sotto forma di lettera che, ancora una volta, affronta il tema della libertà della donna con un linguaggio semplice ed efficace, che arriva dritto al cuore. Nel suo ultimo libro “Appunti sul dolore”, pubblicato da Einaudi e presentato a Torino al Salone del Libro lo scorso ottobre, la scrittrice racconta invece il suo rapporto con la figura paterna; si tratta di una serie di riflessioni autobiografiche di grande intensità.
In tutte le sue opere, Chimamanda Ngozi Adichie si sofferma sul tema dell’identità e sulle relazioni tra le persone. È una scrittura pulita, senza fronzoli, incisiva, la sua. La ritrovo in un bellissimo racconto pubblicato su “Esquire” nell’aprile 2019 e inserito nell’antologia “Africana: Raccontare il Continente al di là degli stereotipi (AA.VV. a cura di Chiara Piaggio e Giada Scego, Feltrinelli, 2021), dal titolo “Tornare a Lagos, la città che non smette mai di diventare”.
“Lagos non fa la corte a nessuno. È una città che non mente. (…) Mi piace una cosa di Lagos, che niente è studiato per il turista, niente è fatto per compiacere il visitatore” è l’incipit della narrazione a cui segue la descrizione della megalopoli nigeriana che conta 23 milioni e mezzo di abitanti. Il racconto della città – descritta in tutta la sua incessante provvisorietà – è un piccolo atto d’amore. Lagos è una città- donna che “se te ne innamori ti prende tra le braccia; se la detesti se ne infischia”. È un posto che non smette mai di diventare, il cuore pulsante di un Nazione che gli europei non sanno, non immaginano. È la città dei più ricchi e dei più poveri, quella di cui tutti si lamentano ma che è in grado di donarti la speranza perché qui è possibile farsi strada in qualsiasi ambiente anche solo con la parlantina e un po’

d’astuzia. Non ha la docile affabilità di altre città africane, e non è neanche Nairobi, “dove ti vendono i fiori ai semafori”, ma il suo cuore vibra nella consapevolezza di contare. Lagos è l’insieme di palazzi e strade e piazze ma è soprattutto la gente che vi abita, africani di tutto il continente, europei, cinesi, tutta gente che si picchia in una rissa o fa amicizia alla fermata dell’autobus, o in aeroporto. Ancora una volta è il lato umano, la relazione tra le persone a interessare l’autrice che si emoziona – e fa emozionare attraverso i suoi scritti- di fronte a quella che lei definisce l’“architettura vivente”. Dal saggio al romanzo, dal pamphlet al racconto breve, la scrittura di Chimamanda Ngozi Adichie conferma con convinzione che per un romanziere non esiste osservatorio migliore del genere umano.

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