“Guida alla famiglia perfetta” del regista canadese Ricardo Trogi e la verità antica come il mondo: nell’essere genitori, tutti sbagliamo

by Paola Manno

Disponibile su Netflix dal 14 luglio, “Guida alla famiglia perfetta”, diretto dal regista canadese Ricardo Trogi, è una divertente commedia che racconta le difficoltà di essere genitore in una società ossessionata dal successo e dall’immagine sui social. Protagonista l’ottimo Louis Morissette nei panni di Chopy, un padre separato alle prese con la figlia adolescente, Rose (Émilie Bierre) e il piccolo Mathis, nato dalla seconda moglie (Catherine Chabot), ex avvocato che ha lasciato il lavoro per dedicarsi completamente al bambino.

Chopy lavora in una grande azienda, è cordiale, disponibile, sicuro di sé, vive in una bellissima casa e ogni mattina accompagna la figlia maggiore al liceo, ricordandole che lei è la sua campionessa. Eppure c’è qualcosa di estremamente pericoloso nel suo esasperante self control, nel suo sorriso nonostante tutto, nel suo tono accomodante, nei modi che utilizza per cercare di stimolare la figlia, per far sì che sia sempre la migliore, ricordandole continuamente che l’alternativa sarebbe quella di diventare una cassiera in un supermercato, come se fosse la cosa più umiliante del mondo.

Tutto va a rotoli quando la direttrice della scuola comunica ai genitori di aver scoperto che gli ottimi voti di Rose sono frutto di compiti copiati e di aver trovato inoltre, nell’armadietto personale della ragazza, delle dosi di sostanze stupefacenti. Di fronte a questa verità, la reazione di Chopy resta comunque controllata, propositiva, anche se a nulla servono le passeggiate nei boschi e i giochi da tavola in famiglia. La verità è che crescere un figlio è un lavoro che ha mille insidie e che trovare un equilibrio tra ragione e sentimento è probabilmente una delle cose più complicate al mondo.

Così Chopy mette in discussione il rapporto con suo padre, un uomo cresciuto con metodi autoritari e che lo ha tirato su dosando “carota e bastone”, osserva inoltre con attenzione critica la genitorialità di suo fratello, un permissivissimo “figlio dei fiori” il cui primogenito fuma marijuana in salone e il piccolo viene ancora allattato al seno a 5 anni. Poi ci sono le altre coppie, gli altri genitori, ognuno con il proprio modo di essere madre e padre, c’è quello preoccupato per i vaccini e quello che vuole imporre lo studio della lingua inglese il primo anno della materna, c’è quello che posta ogni progresso sui social e quello che cucina biologico o probiotico o sugar free, quello preoccupato perché il figlio è sempre sui videogames pur restando fiero delle sue vittorie virtuali e quello che a tutti i costi si sente responsabile delle sconfitte della prole. Un universo di modi educativi che si scontrano, si criticano e si confrontano creando situazioni esilaranti anche grazie all’ottimo cast e a una sceneggiatura attenta e brillante, un mondo, quello quebecchese, che non differisce in nulla da quello che anche noi genitori italiani viviamo quotidianamente, fatto di gruppi whatsapp e pagine fb dedicati alle attentissime madri. Quello che viene fuori è una verità antica come il mondo: nell’essere genitori, tutti sbagliamo. Sbaglia la giovane Marie- Soleil, che riversa tutte le sue attenzioni sui figli e non riesce a trovare un equilibrio e che a un certo punto ha il coraggio di confessare al marito, ma soprattutto a se stessa, che i piani e i sogni possono cambiare. Sbaglia Chopy a pensare che la realizzazione di una persona passi esclusivamente da una brillante carriera, e sbagliano tutti gli altri, come ogni genitore del mondo. Ognuno a suo modo, perché il modo giusto di essere un buon padre, alla fine, non esiste. Simile è però, in un genitore attento, il dolore di fronte alla scoperta della fragilità di un figlio. Molte volte mi sono chiesta quale sia la rivelazione più importante quando si diventa genitori, quando inizia quel rapporto d’amore che è comunque sempre intriso di ansia e dolore e la risposta l’ho trovata nel mito di Teti, la più bella delle Nereidi, madre di

Achille, che non può nulla contro la vulnerabilità del figlio. È proprio nella scoperta delle fragilità di Achille che risiede il tormento di Teti, che dopo mille e mille anni è lo stesso di chi, a suo modo, cerca di proteggere i propri ragazzi. Ecco, con questo pensiero ho visto questo film divertente e leggero che, nonostante la semplificazione di alcuni aspetti che certamente potevano essere approfonditi, invita a una riflessione sempre attuale, sempre necessaria.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.