“I goonies”, tutto in un’opera cult: il pericolo, il coraggio, i sogni, la paura, la scoperta dell’amore e l’inclusione

by Paola Manno

Opera cult, “I goonies” è uno di quei film che tutti i ragazzini nati negli anni ’80 hanno visto e rivisto, proposto per anni sulle reti Fininvest. Girato nel 1985, è ritornato al cinema in una versione rimasterizzata in 4K a 35 anni dall’uscita ed è disponibile in questi giorni su Sky. L’ho rivisto insieme ai miei bambini, abituati ai ritmi frenetici delle produzioni del nuovo millennio e ad effetti speciali modernissimi ed è stata, devo ammettere, un’esperienza molto piacevole.

Per me, che ho fatto un salto indietro nella mia infanzia, quando insieme ai miei compagni di giochi sognavo un’avventura nelle viscere della terra, e per loro che mi hanno confermato che, nonostante gli anni, il film di Richard Donner, nato da un soggetto di Steven Spielberg, è ancora capace di emozionare e divertire.

“Goonies” è il nomignolo in cui si riconosce un gruppo di ragazzini; in slang americano significa letteralmente “sfigati”; oggi sarebbero, probabilmente, i “nerd”. Sono sette, tre adolescenti e quattro ragazzini e ognuno di loro ha caratteristiche uniche che li hanno fatti amare al grande pubblico: Mikey Walsh (Sean Astin) il giovane protagonista, colui che, avendo scoperto una mappa segreta, propone al resto del gruppo di partire alla ricerca del tesoro del pirata Willy L’orbo, Brandon Walsh (Josh Brolin), il fratello maggiore belloccio e un po’ imbranato, innamorato della bella Andy Carmichael (Kerri Green) e la sua migliore amica Stephanie Steinbrenner (Martha Plimpton), che fa la sostenuta ma che ha in fondo un cuore tenero. C’è il geniaccio “Data” Wang (Jonathan Ke Quan), inventore provetto, e il goloso e goffo, bugiardo ma sensibile Chunk Cohen (Jeff Cohen) che ci regala ad ogni visione una “mitica” danza del ventre che fa ancora ridere grandi e bambini. Infine, il personaggio più riuscito, Clark Devereaux (il talentuoso Corey Feldman) detto “Mouth”, la cui scena della traduzione dallo spagnolo vale da sola la visione del film.

Un gruppo variegato e coraggioso alle prese con un tesoro da trovare e con, naturalmente, terribili nemici da affrontare: la banda Fratelli composta della madre-padrona (Anne Ramsey), i due fratelli litigiosi Francis e Jake e l’ultimo, il deforme Sloth, per anni rinchiuso in una cantina a causa del suo aspetto che si ritroverà, grazie all’amicizia di uno dei membri, a diventare un Goony.

A dispetto delle sembianze mostruose, Sloth è capace di sprigionare una tenerezza infinita e anche allo spettatore, alla fine del film, vien voglia di abbracciarlo e invitarlo a casa come fa il suo nuovo amico Chunk.
I Goonies è un film americanissimo che non sente il peso degli anni perché ha tutti gli elementi per appassionare il grande pubblico. È una storia di formazione, di crescita. Ognuno dei protagonisti cambia, tira fuori una parte di sé ancora sconosciuta, impara ad accettare un limite, affrontando tuttavia le proprie paure. È un film d’avventura in cui troviamo tesori e pirati, leggende che raccontano di viaggi lontani e sogni di libertà. Lo scrigno di Willy l’Orbo è pieno di monete e gioielli che potrebbero salvare il quartiere abitato dai goonies, che potrebbe essere raso al suolo per costruire un campo da golf.

Nella storia di Donner c’è tutto: il pericolo, il coraggio, i sogni, la paura, c’è la scoperta dell’amore e la gioia dello stare insieme. C’è il bisogno di essere amati, espresso da Sloth, il diverso. Raramente si è affrontato il tema dell’inclusione in un modo così delicato ed efficace. Ci sono cupe, spaventose gallerie e straordinarie immagini mozzafiato di un veliero antico. Quando entriamo nella stanza di Willy L’Orbo, e ogni volta è come la prima, è impossibile non provare l’emozione di Mikey, quella di un sogno che si avvera. Soprattutto, è una storia che parla d’amicizia, il sentimento più importante negli anni dell’adolescenza. È qui che torniamo rivedendo oggi il film, al periodo in cui bastava la voce di un ragazzino coraggioso a pronunciare “è il nostro momento, qua sotto” a farci credere che insieme tutto è possibile.

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