Il fascino senza tempo di Zorba il greco, l’uomo che danza sulla spiaggia di Stavros come un uccello

by Paola Manno

Chiudete gli occhi. Sentite la dolcezza di un’isola, il calore del sole sulle palpebre o la pioggerellina come un velo trasparente. Sentite il profumo del mirto, quello dei limoni. Pensate al nero dello olive, all’oro dell’olio e al bianco delle capre sui sentieri sassosi. Aprite le orecchie e lasciatevi cullare dal suono del mare… le sentite, in lontananza, quelle note?

Vengono da un salterio, uno strumento musicale a corde, la cui origine risale almeno al 700 avanti Cristo. È il salterio di Zorba che ancora strimpella sulle spiagge di Creta: in nessun altro luogo al mondo è possibile passare tanto facilmente e serenamente dalla realtà al sogno come in territorio ellenico, dove “il miracolo è il fiore certo della necessità”.

Felice l’uomo che prima di morire ha avuto la fortuna di navigare l’Egeo, ha scritto Nikos Kazantzakis, autore del romanzo “Zorba il greco”, pubblicato nel 1946 e diventato celeberrimo grazie alla trasposizione cinematografica di Michael Cacoyannis in cui Anthony Quinn interpreta uno dei ruoli più appassionati, proprio quello del protagonista. Da allora la storia greca contemporanea ha un suo nuovo mito, che ancora oggi ha un fascino senza tempo. Accanto alle storie di divinità capricciose e nascite rocambolesche, accanto alla filosofia e al pensiero più alto, le avventure di Zorba hanno qualcosa di altrettanto profondo e poetico. A narrarle è la voce dello scrittore inglese di origine greca Basil, ricco ereditiere che incontra Zorba per caso, in una bettola, durante una tempesta, e in cui riconosce da subito l’uomo che da tanto tempo stava cercando senza trovare. Basil è un intellettuale, un idealista, un cuore puro e inquieto e il suo incontro con l’altro uomo sarà fondamentale nella sua formazione, come spiega nel prologo del romanzo: “Le persone che hanno impresso l’impronta più profonda della mia vita sono stati Omero, Bergson, Nietzsche e Zorba (…) Zorba, che mi ha insegnato ad amare la vita e a non temere la morte”.

Zorba ha le mani ruvide e quando scrive calca così forte che strappa la pagina. Zorba lo straordinario crapulone, beone, lavoratore instancabile, donnaiolo e zingaro. Uno che i lavori li ha fatti tutti, di gambe, di braccia, di testa, tutti (“Ci mancherebbe altro che potessimo scegliere!”), un’anima grande e spontanea che non ha ancora tagliato il cordone artificiale con sua madre, la Terra. Un operaio che traduce il significato delle parole arte, amore per la bellezza, innocenza, passione, con più semplici parole umane. Un uomo le cui grosse mani sanno usare il piccone e suonare divinamente il salterio. Un uomo che danza sulla spiaggia di Stavros come un uccello.
Ascoltate le parole di Zorba, le sue storie che si interrogano sul mistero della libertà: “Per portare la libertà nel mondo sono necessari tante ingiustizie e tante infamie? L’uomo da giovane è una bestia, una bestia feroce, si nutre di altri uomini. Mangia anche agnelli e galline e maialini ma se non mangia un altro uomo, non si sazia. No, non si sazia!”. Ascoltate la sua bizzarre teoria sull’amore, sulla famiglia, sull’onore, sulla felicità. Di fronte alle infinite domande di Basil, le semplici, profonde, incoscienti risposte di Zorba lo rendono prezioso e vivo.

È facile da immaginare, quest’uomo altissimo e magrissimo, con gli occhi sporgenti e beffardi, tristi, inquieti, un fuoco. Le parole di Kazantzakis sono precise e insieme piene dipoesia, tracciano un luogo, Creta, che ti sembra di vivere e un personaggio, Zorba, che ti sembra di conoscere da sempre e che, una volta immaginato, non ti abbandona più.

Così il romanzo“Zorba il greco”, da poco ripubblicato da Crocetti con una nuova traduzione direttamente dal greco, restituisce ai lettori italiani il ritratto di quello che è diventato una sorta di mito contemporaneo che, come tutti i miti, ha naturalmente dei punti oscuri, tra i quali, da segnalare, una considerazione distorta e retrograda dell’universo femminile. Eppure quello che resta del personaggio, nonostante tutto, è qualcosa che oltrepassa il giudizio e che ha a che fare con un anelito universale. Zorba è probabilmente un modello ideale, un’ispirazione e insieme un’aspirazione per l’autore sulla cui tomba l’epitaffio recita “Non spero in nulla. Non temo nulla. Sono libero”. Come il suo personaggio Zorba, “L’anima più grande, il corpo più saldo, il grido più libero che io abbia mai conosciuto in vita mia!”.

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