Perché dovremmo abituare gli occhi dei bambini a immagini diverse

by Paola Manno

Qualche mese fa mio figlio, 4 anni, mi ha chiesto se sapessi guidare.

Ora, da quando è nato sono sempre stata io ad accompagnarlo a scuola tutti i giorni, quella che lo ha portato alle lezioni di musica, alle feste dei compagni, alle visite mediche. -Che cosa vuoi dire, amore? La sua risposta mi ha lasciato senza fiato -Mamma, tu non sai guidare, guida meglio papà. Quando stiamo in macchina insieme, guida sempre lui.

Il suo pensiero logico non fa una piega. Quando si esce tutti insieme, io mi metto dal lato destro e lascio che suo padre ci conduca ovunque, senza mai fare discussioni. Lui è uno di quelli che non si sentono al sicuro se guida qualcun altro, io sono sempre stanca di starmene in giro e quando esco con lui stendo lo schienale e mi sfilo le scarpe, e va bene così.

Ho sempre pensato di essere una mamma moderna: prendo decisioni autonomamente, una volta alla settimana esco con le mie amiche a mangiare una pizza salutando i miei figli con un bacio e un “ci vediamo domani” (ho alcune amiche che sostengono che i loro figli non si addormentano con il padre), a volte viaggio e resto fuori da sola 3 giorni gestendo in solitudine i miei sensi di colpa senza darlo a vedere, ho raramente cucinato 4 pietanze diverse per accontentare tutti, ho riciclato i pigiami di una figlia femmina ad un figlio maschio senza troppi scrupoli perché gli unicorni non sono solo cose da femminucce.

Insomma, ero convinta che i miei figli avessero una visione non sessista dei loro genitori, e della vita in generale, per questo l’affermazione di mio figlio mi ha fatto molto riflettere. Eppure, il bambino ha ragione: se quando stanno insieme guida sempre papà, vuol dire che è più bravo. Puoi dare mille esempi positivi ma a volte anche cose che reputiamo insignificanti, o magari un commento scherzoso sulle donne che non sanno guidare, possono essere importanti e lasciare un segno nella mente di un bambino.

Ho ripensato a questo episodio quando si è scatenata la polemica riguardo alla rappresentazione delle donne su Immuni, la app di cui si parla tanto in questo periodo di gestione post-covid. L’immagine è quella di una mamma con il bambino in braccio e il papà che lavora al computer. Quando ho visto quelle immagini ho pensato “Che noia!” Ho pensato che chi ha curato la grafica abbia voluto essere moderno nel tratto e invece è stato di una arcaicità mortale.

Ho pensato che probabilmente l’uomo o la donna che lo ha prodotto, abbia la testa di un italiano medio che per prima cosa, per rappresentare una famiglia media, ha pensato alla mamma con il bebè in braccio e il papà in modalità smart working. Lo dico senza alcun tono polemico (davvero!) perché sono convinta che la maggior parte degli italiani, grafici o ragazzini di prima elementare, probabilmente disegnerebbe una famiglia proprio così. È una questione culturale. Poi però ho pensato al messaggio. Già, perché c’è sempre un messaggio dietro a ogni immagine, che viene percepito, interpretato, conservato, fatto proprio. Se hai mezzi intellettuali, l’attitudine e la capacità di farlo, puoi criticarlo, ma spesso i messaggi sono così tanti e veloci che si accettano senza discuterli.

Purtroppo il messaggio che arriva è pieno di stereotipi. Molte donne si sono indignate sui social definendo l’immagine “scandalosa”. La ex deputata democratica Anna Paola Concia, sulla sua pagina Fb, ha pubblicato un post in cui ha chiesto espressamente di modificarla: “Questa immagine fuori dal tempo e dalla storia deve essere cambiata. Ho scritto deve, sì. Perché lo dovete alle donne italiane che non meritano tutto questo”. Anche la cantautrice Paola Turci ha condiviso l’appello.

L’immagine è stata immediatamente rimossa e magicamente il neonato, nel disegno, è passato tra le braccia di un amorevole papà mentre la giovane mamma si è ritrovata di fronte a un computer. La bufera che questa storia ha scatenato mi ha lasciato, all’inizio, perplessa (la discussione ha raggiunto la cima dei trend topic la scorsa settimana) poi però un’amica mi ha fatto giustamente riflettere sul fatto che spesso, per farsi ascoltare, le donne sono costrette ad alzare parecchio la voce. Basta pensare alle vetrine spaccate dalle suffragette inglesi che hanno convinto gli assicuratori ad ascoltarle!

Allora ho pensato a quelle donne che hanno trovato questa polemica assurda, sostenendo che invece fosse scandaloso che si censurasse l’immagine di una donna con un bambino in braccio. Certamente censurare l’immagine di una mamma con bambino è sciocco e inutile, convengo, e la soluzione del papà con il bebè in braccio, invece, è sicuramente un’idea incompleta. Eppure a me l’immagine dell’uomo con il bimbo piace molto.

Penso che passerà sotto gli occhi dei miei figli e di tanti altri bambini che la guarderanno con i loro sguardi puri come se fosse una cosa normalissima. In questo paese che è pieno di bellissime Madonne con Gesù bambino in braccio, libri di testo che osannano le doti culinarie di mamme che preparano la cena e abbracciano con il cuore i loro figli, di pubblicità di donne con il dolcetto in tasca, ecco, sarebbe importante abituare gli occhi dei bambini anche a immagini diverse. Immagini ugualmente dolci, dove finalmente è anche l’uomo quello che culla un neonato con grande sicurezza (nelle pubblicità spesso gli uomini appaiono imbranati e non sanno neanche cambiare un pannolino, mentre invece sono bravissimi a guidare sulla neve).

Perché anche io sono una mamma che ha il dolcetto nella borsa e sbaciucchia i suoi figli sul divano davanti a un film, però so anche lavorare a un pc molto meglio di mio marito, butto la spazzatura e, tra le altre cose, guido anche molto bene l’automobile.

Già, le immagini sono importanti e hanno un ruolo importante nella formazione dell’individuo, della sua cultura e anche della sua creatività. Se per le nuove generazioni sarà comune ritrovare in un’icona del telefonino un uomo con un bimbo in braccio, o con due mamme che si abbracciano, o con due papà che spingono il carrello della spesa insieme, forse queste immagini domani compariranno anche sui loro quaderni di scuola, e sarà una cosa assolutamente normale trovarle nelle pubblicità di un servizio o di un bagnoschiuma, senza necessità di rivendicare, ancora, a gran voce, dei diritti che sono di tutti.

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