Wisława Szymborska, la poetessa delle piccole cose e dei grandi pensieri

by Paola Manno

Viva la poesia che vive! Viva la poesia che sbuca fuori dalle pagine dei libri e si attacca alle altre cose del mondo! Quando la poesia diventa altro, quando le parole diventano immagini, musica, altre parole, quando tocca i cuori più diversi, le anime più disparate, allora vuol dire che è viva e utile e necessaria. La poesia che pulsa racconta tutto ciò che cambia forma, quindi diventa messaggio, mezzo, diventa bisogno. La poesia è tante cose insieme, è riflessione, passione, pensiero, ma soprattutto è musica. Se la musica parla alla tua anima il mondo ha voglia di ascoltarla, e dunque vaga, diventa di tutti.

Un giorno (grazie al cielo!) la poesia di Wisława Szymborska è scoppiata. Per anni è rimasta sconosciuta, rinchiusa in pagina lontane, in una lingua difficile, e poi a un certo punto è esplosa.

Nel 1901 Alfred Nobel, ricchissimo presidente di una società di polvere da sparo, decise di destinare la quasi totalità della sua fortuna all’istituzione di un premio che avrebbe preso il suo nome, destinato a far conoscere le opere di uomini e di donne che, in diversi campi, avrebbero reso “i maggiori servizi all’umanità”. Grazie a quel premio, ricevuto nel 1996, il mondo ha conosciuto i magnifici versi della poetessa polacca, che davvero sono patrimonio e strumento, con la seguente motivazione “Una poesia che, con ironica, precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d’umana realtà”.

Così le raccolte poetiche di Wisława Szymborska sono state tradotte in molte lingue e immediatamente hanno riscosso un successo straordinario, varcando i normali circuiti di diffusione della poesia. In Italia i suoi versi sono comparsi in importanti campagne pubblicitarie, in canzoni di autori del calibro di Jovanotti (in Buon sangue si ascolta: Si nasce senza esperienza, si muore senza assuefazione), citati da politici e registi, come ha fatto Ozpetek in Cuore Sacro, persino in necrologi.

Nell’inverno del 2012 Roberto Saviano propose al pubblico della trasmissione Che tempo che fa la lettura delle opere della poetessa, scomparsa da pochi mesi, a cui seguì un boom di vendite dei suoi libri.
Così la poetessa sconosciuta è diventata un’autrice cult, amatissima da milioni di lettori. Cosa vi hanno trovato? Perché “La gioia di scrivere”, la raccolta poetica dei suoi versi scritti tra il 1945 e il 2009, resta poggiato su centinaia di scrivanie e comodini per essere consultato prima di dormire, per riempire un momento di sana solitudine? Perché giovanissimi e anziani la adorano?

La risposta è che Wisława Szymborska è la poetessa delle piccole cose e dei grandi pensieri. Degli immensi pensieri che sono di tutti. Quando lei scrive “Ieri, quando il tuo nome/qualcuno ha pronunciato,/mi è parso che una rosa/sbocciasse sul selciato (…) Ci sei -perciò devi passare/Passerai- e qui sta la bellezza” è di me che scrive, del mio amore, vi sento dentro le canzoni popolari ma pure il raffinato odore delle prime liriche amorose. Quando lei scrive “E voleva comprare un biglietto,/andarsene via per un po’,/scrivere una lettera,/spalancare una finestra dopo la pioggia,/aprire un sentiero nel bosco,/stupirsi delle formiche,/guardare il lago/increspato dal vento./Il minuto di silenzio per i morti/a volte dura fino a notte fonda./ (…) Conosciamo noi stessi solo fin dove/siamo stati messi alla prova./Ve lo dico/dal mio cuore sconosciuto” è di me che scrive, delle mie domande di fronte all’incomprensibile morte. Quando, ancora, lei scrive “Dunque è sua madre./Questa piccola donna./Artefice dagli occhi grigi./La barca su cui, anni fa/lui approdò alla riva./È da lei che si è tirato fuori/nel mondo/ della non-eternità” racconta la maternità come la direbbe una persona semplice che pensa al mare, a un mezzo di trasporto e allo stesso tempo mi fa pensare a Borges, alle grandi voci femminili. È a me che dice “ti vedo, noi siamo la stessa persona”.

Da una parte le sommesse, consumate immagini, quelle che raccontano la quotidianità, le cose banali che pure dobbiamo fare, pensare; dall’altra il suo pensiero sopraffino, la riflessione acutissima, la fiera fragilità che ci appartiene.

Ecco, in tutto questo risiede la grandezza di una donna che ha saputo esprimere il pensiero complicatissimo della vita di ognuno con le parole proprie di ognuno. Di più, perché quelle parole non sono certamente parole facili, tutt’altro. Sono quelle efficaci, dirette, come un filo resistente che tesse un merletto. Wisława Szymborska dimostra che non abbiamo bisogno di cristalli o di fili di seta per rendere lucenti e preziosissime le opere d’arte e in questo, mi piace pensare, risiedono la forza e il senso della letteratura. Quella che è un diritto di tutti, quella che la stessa poetessa ha definito “il più bel passatempo escogitato dall’umanità. Con un libro in mano l’Homo ludens è libero. Almeno nella misura in cui gli è concesso di esserlo”.

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