Diane Di Prima, la poetessa rivoluzionaria che ha smontato gli stereotipi sul corpo femminile

by Daniela Tonti

Diane Di Prima è la voce femminile più potente della Beat Generation, il movimento di contro-cultura dominato dagli uomini, una poetessa femminista rivoluzionaria in un universo misogino e restrittivo. La sua poesia, ispirata dalle tendenze linguistiche del suo tempo, è racconto e interpretazione del reale attraverso il consiglio, l’elenco, il suggerimento. Ma è anche notizia. In Lettere rivoluzionarie compie un viaggio nelle trasformazioni della sua epoca mettendo in fila una lista di ingiustizie, di crude realtà, attraverso un ritmo ciclico, costante, in una sorta di “archivio della coscienza” affidandosi alla magia e al misticismo contro un conservatorismo culturale oppressivo.

Ha combattuto in prima linea nelle avanguardie letterarie e ha smontato gli stereotipi tradizionali legati al corpo femminile, alla sua percezione e alla sua accettazione. Fu presa di mira dalle autorità, arrestata nel 1961 con l’accusa di essere “sovversiva” – caso poi archiviato – per alcune poesie dai contenuti sessuali, fu bersaglio di feroci critiche per i suoi scritti femministi.

Diane di Prima, la poetessa che si autodefiniva “rivoluzionaria”, voleva tutto. Voleva ogni esperienza possibile. Ha scritto di maternità, di aborto in maniera feroce e amorevole al tempo stesso, di ambiente, guerra, positività del corpo e accettazione dei difetti. I suoi cinque figli hanno sempre avuto un ruolo centrale nel suo lavoro. Fu definita la “vera liberatrice sessuale” degli anni Sessanta. Nei suoi scritti, la donna è selvaggia, predatrice, disubbidiente a volte androgina o omosessuale, inafferrabile come il vento.

«Volevo tutto, molto seriamente e totalmente, volevo avere ogni esperienza che potevo avere, volevo tutto ciò che era possibile per una persona in un corpo femminile, e questo significava che volevo essere madre… Quindi la mia sensazione era, ‘Beh’ – come avevo avuto molte volte la sensazione – ‘Beh, nessuno l’ha mai fatto così prima, ma fanculo, è quello che sto facendo, ho intenzione di rischiare».

Molte donne della beat generation erano definite solo in virtù della loro vicinanza agli uomini che guidavano il movimento. Certo, ci sono state donne come Carolyn Cassady e Joyce Johnson ma per la maggior parte di loro il ruolo da ricoprire era marginale. Jack Kerouac per esempio si vantava del fatto che riusciva sempre a trovare una compagna che gli tenesse a bada la casa mentre lui era in viaggio e che cucinasse al suo ritorno.

Non è stato il caso di Diane di Prima. Non fu solo autrice di una quarantina di libri di poesia e prosa ma fu fotografa, collagista e acquarellista, fu pioniera di case editrici indipendenti e tra le co-fondatrici della rivista letteraria The Floating Boat oltre che docente di letteratura. Ha co-fondato la Poets Press e il New York Poets Theatre e ha fondato Eidolon Editions e il Poets Institute. Seguace del buddismo, ha anche co-fondato il San Francisco Institute of Magical and Healing Arts.

La più grande trasgressione fu scrivere di se stessa. Il fatto che una giovane donna italoamericana, nel 1969, facesse sesso al di fuori del matrimonio e ne scrivesse è in parte ciò che rende rivoluzionaria la sua opera. Di Prima svela “i segreti stessi della donna italoamericana, non nella persona dell’immacolata, misteriosa Vergine Maria, ma Diane, mestruata, indipendente, in cerca di orgasmo”.

Ha imparato a scrivere, come affermò lei stessa, «poesie modulari, che potrebbero essere lasciate cadere e raccolte» tra impegni letterari e cura dei bambini.  «Le esigenze della nostra vita sono la forma che prende l’arte», amava ripetere.

Diane di Prima è nata a Brooklyn nel 1934 e la sua passione per la scrittura nasce fin da piccola, iniziò da giovanissima una corrispondenza con Ezra Pound. Appena entrata al college si trasferì nella zona bohémien di New York per essere più vicina alla cultura che tanto le interessava. 

I suoi “pads” (appartamenti) sono divennero famosi perché ospitava tutti i suoi amici bohémien e da queste avventure – insieme a un pizzico di creatività erotica – è nato il suo libro più famoso, Memorie di una Beatnik.

Nel 1961 iniziò un ciclostile per corrispondenza con Amiri Baraka (allora LeRoi Jones) e per due anni e mezzo furono amanti. Erano un’ottima squadra ma in seguito ricordò che era solo lei a occuparsi di battiture e lavori di segreteria.

Anche gli episodi traumatici furono metabolizzati nella scrittura. Quando rimase incinta la prima volta – aveva già avuto un figlio fuori dal matrimonio – Baraka la convinse ad abortire perché era ancora sposato con Hettie Jones. Accettò con riluttanza. Pensava all’aborto come una scelta necessaria, un modo per “continuare a scrivere” in un territorio psichico inesplorato. Inquadrare la scelta come artistica e raccontarla l’ha aiutata ad alchimizzare la solitaria corsa in autobus verso una clinica sotterranea e il dolore che le cambiò per sempre la vita. Ma un esperimento le bastò. Da Baraka ebbe la sua seconda figlia, Dominique.

L’editore francese Maurice Girodias l’aveva assunta per scrivere scene di sesso per ravvivare i romanzi più tiepidi che aveva intenzione di pubblicare, un lavoro che lei faceva per pagarsi le bollette e che paragonava “all’aggiunta di origano alla salsa di pomodoro”. Visto il successo, l’editore la incoraggiò a scrivere un romanzo tutto suo basato sui suoi racconti di vita.

È Diane stessa a raccontare la genesi di questa opera. Man mano che lei inviava all’editore le sue bozze, Girodias gliele rispediva richiedendo sempre più scene di sesso. Non sapendo più cosa inventarsi chiese l’aiuto dei suoi amici costituendo un vero e proprio gruppo di confronto nel salotto di casa sua e il risultato fu Memorie di un Beatnik, pubblicato dall’Olympia Press di Girodias nel 1969, bollato subito dai critici come pornografia. Molti anni dopo, Di Prima disse che il libro era per lo più accurato, “tranne che per le parti del sesso”.

In seguito si trasferì in California, dove rimase per il resto della sua vita, stabilendo un legame cruciale tra l’avanguardia di New York e la controcultura di San Francisco. 

Per molto tempo tenne una “banca gratuita” sopra il suo frigorifero, solo “una scatola di scarpe piena di soldi” per chiunque ne avesse bisogno.

L’attenzione per l’altro, l’aiuto, la solidarietà verso gli ultimi e i senzatetto erano sentimenti molto forti nella vita di Diane che riteneva che la rivoluzione e il cambiamento non erano eventi isolati ma processi continuamente in atto, qualcosa a cui partecipare quotidianamente, che funzionava solo con l’inclusione di tutti. 

Fu a San Francisco che Di Prima iniziò a studiare sanscrito e buddismo. Tutte queste esperienze hanno portato alla creazione del suo libro di poesie più noto, Lettere rivoluzionarie, pubblicato per la prima volta nel 1971, espanso, e aggiornato sino al 2017.

Nella Lettera rivoluzionaria n. 46, ha avvertito gli scettici: “Mentre impari la magia, impara a crederci / Non essere ‘sorpreso’ quando funziona“. Ma la fede nel potere della poesia di produrre solidarietà e cambiamento sociale era anche una un modo di provare a cambiare il mondo e renderlo il posto in cui avrebbe desiderato vivere.

«Se leggi l’inizio di Ricordi della mia vita di donna, scopri che ho imparato molto presto da mia nonna che gli uomini erano decorativi. Non erano importanti nel mondo, perché non si occupavano degli affari quotidiani della vita. Sai, è stato bello averne uno in giro, ma loro andavano e venivano e facevano le loro cose e tu le tue».


 Il 25 ottobre 2020 Diane di Prima è morta all’età di 86 anni. Era malata da tempo, viveva in una casa di riposo per anziani a causa di vari problemi di salute ma l’immagine che resta di Diane è quella di una donna che il tempo non ha mai abbattuto, una donna che ha sempre creduto nel potere della letteratura.

Lettera Rivoluzionaria #1

Ho appena capito che il premio sono io
non ho altro
denaro per riscatto, nient’altro da spezzare o scambiare che la vita
il mio spirito dosato, frammentario, sparso
sul tavolo della roulette, ripago quanto posso
nient’altro da ficcare sotto il naso del maitre de jeu
nulla da spingere fuori dalla finestra, niente bandiare bianche
questa carne è tutto ciò che ho da offrire, fare il gioco con
questa testa qui e ora, e quello che vien dietro, la mia mossa
mentre strisciamo sopra questo bordo, proseguendo sempre
(si spera) fra le righe.

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