Elizabeth Siddal, la musa incontrastata dei Preraffaelliti e il suo amore imperfetto e distruttivo per Dante Gabriel Rossetti

by Michela Conoscitore

“Tesoro, non piangere per ciò che non può essere,

per quello che Dio non ti ha dato.

Se il più puro sogno d’amore fosse vero

allora, amore, dovremmo essere in paradiso,

invece è solo la terra, mio caro,

dove il vero amore non ci è concesso.”

Elizabeth Siddal

Elizabeth Siddal aveva una visione precisa di quel che la vita riserva: l’amore non era concesso, almeno per come lo concepiva lei, puro, ideale e assoluto. Lizzie, come la chiamavano in famiglia, nacque nella middle class londinese. La famiglia sopravviveva grazie al lavoro da artigiano del padre, ma fin da piccola la donna imparò che qualsiasi cosa aveva un prezzo, anche i sentimenti. Lo comprese amando, Elizabeth. Una storia d’amore la sua tormentata, tossica, ma quasi inevitabile per entrambi i cuori coinvolti.

Elizabeth nacque a Londra, nel 1829; terza di otto figli, appena ebbe l’età per lavorare, cominciò ad aiutare la famiglia economicamente. Dapprima dei lavoretti, poi un impiego da commessa presso un negozio di cappelli. La ragazza lavorava per necessità, certo. Ma coltivava anche un sogno, quello dell’indipendenza economica. Infatti, per quanto non avesse potuto accedere ad un’istruzione adeguata, Lizzie aveva un talento innato per il disegno e la scrittura. Sperava, un giorno, di poterli trasformare in un lavoro redditizio. Per farlo, occorrevano impegno e denaro. In una delle interminabili giornate al negozio, il pittore Walter Howell Deverell la notò. Elizabeth possedeva una bellezza androgina, totalmente diversa dal florido ideale vittoriano di donna. Alta, magra ai limiti dell’anoressia, con una chioma folta e fulva, allora considerata un segno del diavolo. Lizzie era anche estremamente anticonformista, in tutta Londra probabilmente era l’unica donna a non indossare il corsetto. Deverell al colmo della felicità, in quel periodo impegnato in una tela tratta da La Dodicesima Notte di Shakespeare, aveva trovato la sua modella. Ne parlò a Lizzie, un giorno che l’avvicinò nel negozio ma la giovane non sembrò entusiasta dell’idea. Pur di convincerla e non rinunciare a lei, Deverell chiese l’intercessione della madre per convincere Lizzie e la signora Siddal ad accettare quel lavoro come modella. A quei tempi, tale pratica non era vista di buon occhio; spesso, le modelle diventavano le amanti dei pittori per cui posavano, accedevano ad ambienti ambigui e venivano paragonate a delle prostitute.

Dopo la rassicurazione di Mrs. Deverell, la famiglia Siddal accettò che Lizzie posasse per il pittore. Da lì a poco, sarebbe divenuta la musa incontrastata di una delle correnti pittoriche più di tendenza dell’epoca, quella dei Preraffaelliti. Deverell, infatti, la presentò ai colleghi con cui aveva fondato il movimento, tra questi Dante Gabriel Rossetti.

Voi compagni non potete immaginare quale stupenda creatura ho trovato. Per Giove! Sembra una regina, magnificamente alta, con una bella figura, un collo maestoso e un viso tra i più delicati e definiti; la superficie dalle tempie alle guance è esattamente uguale a quella di una scultura di una dea di Fidia.

Queste le parole con cui Deverell raccontò di Lizzie ai colleghi Preraffaelliti. Questi ultimi vollero inseguire la bellezza primitiva nelle proprie composizioni artistiche, riferendosi all’epoca che precedette Raffello. Da qui, il loro nome. In un magma incandescente di spinte innovative e anarchia all’arte contemporanea, i Preraffaelliti enfatizzarono la cultura celtica e britannica, scegliendo tematiche che attingessero a quel determinato immaginario.    

Dopo aver terminato di posare per Deverell, la donna fu modella per William Hunt, per lo stesso Rossetti e per John Everett Millais. Quest’ultimo aveva in mente di realizzare un soggetto tratto dall’Amleto di Shakespeare, ovvero la morte di Ofelia. Una delle protagoniste della tragedia shakesperiana muore annegata, in un torrente, mentre è intenta a raccogliere fiori. Millais provò a riprodurre fedelmente il momento, chiedendo a Lizzie di posare con una pesante veste in una vasca da bagno, completamente immersa nell’acqua, in nome della resa credibile della composizione. La vasca, tuttavia, era tenuta al caldo da una distesa di candele accese al di sotto di essa, per evitare a Lizzie l’assideramento. Durante una delle interminabili giornate di posa, quelle candele si spensero. Stoicamente, non si sa se per dimostrare la propria professionalità, Lizzie rimase immobile a posare. Fino a quando, provata, svenne e si inabissò. Millais la tirò immediatamente fuori, e chiamò un medico. Lizzie si ammalò gravemente, il padre chiese a Millais un indennizzo per pagarle le cure. Da quell’incidente, non si riprese mai del tutto, mantenendo per tutta la vita una salute cagionevole.

Intanto, il rapporto con Rossetti si intensificò. Ormai il pittore non dipingeva che lei sola, disdegnando altre modelle, e la volle con sé anche come allieva, avendo notato in lei del talento. Ben presto, i due divennero amanti, condussero un’esistenza bohemienne e divennero la coppia più chiacchierata di Londra. Dante, anche lui appassionato di poesia, oltre che dipinti dedicò innumerevoli versi a Lizzie, come i seguenti:

O nata con me in un luogo dimenticato dagli uomini.

E non incontrata negli anni, non vista, non sentita,

Come ti riconosco, nata insieme con l’anima mia…

Possessivo nei confronti della sua musa, Rossetti proibì a Lizzie di posare per altri pittori. La giovane, dopo il dipinto dell’Ofelia, era diventata molto celebre e richiesta come modella. Cosa che fu interrotta sul nascere dal compagno. In quel periodo, il critico d’arte e pittore John Ruskin, entrato in contatto con i Preraffaelliti e interessandosi ai loro lavori, durante una visita allo studio di Rossetti si accorse dei disegni di Lizzie. Ne rimase talmente colpito che li acquistò tutti quanti, e chiese alla donna di diventare suo mecenate, fornendole un’entrata fissa affinché potesse dedicarsi interamente alla pittura. In quell’occasione, Ruskin sentenziò che l’allieva aveva superato il maestro.

Per quanto il suo desiderio di realizzazione personale sembrava quasi raggiunto, la relazione con Rossetti cominciò ad avviarsi verso un percorso distruttivo. La salute di Lizzie continuava a vacillare, dopo l’incidente con Millais pare fosse diventata dipendente dal laudano, un estratto dell’oppio, da lei utilizzato per combattere sofferenze e dolori. Ormai da tempo condivideva la vita con Rossetti, ma quest’ultimo non si decideva a sposarla. L’unico ostacolo al matrimonio era la volontà del pittore di non contrariare la propria famiglia, in disaccordo su Lizzie, appartenente ad un ceto troppo umile rispetto al loro. Il padre del pittore, Gabriele Rossetti, esule mazziniano, si rifugiò a Londra dove divenne professore al prestigioso King’s College e sposò Frances Polidori, nipote del medico personale di Lord Byron.

Lizzie, intanto, dovette sopportare anche gli innumerevoli tradimenti di Rossetti. Troppo prostrata fisicamente, fu sostituita come modella e non solo, anche come amante. Sopraffatta da tutto ciò, Lizzie incorse in un’overdose da laudano. Fu salvata in tempo dallo stesso Rossetti che, ravveduto, decise di sposarla. I due convolarono a nozze nel 1860; alla cerimonia erano presenti soltanto i testimoni, nessun parente della coppia. La donna era talmente debole che non riuscì a percorrere a piedi il tratto fino all’altare, e vi fu portata in braccio. Nei mesi successivi al matrimonio, parve recuperare salute e forze tanto che rimase incinta. Purtroppo, partorì una bambina prematura, nata morta. Ciò intaccò ulteriormente il suo stato di salute fisico e mentale, e minò la relazione con Rossetti.

Lizzie si rifugiò nel suo unico conforto, il laudano, che sarà la sua causa di morte, avvenuta l’11 febbraio del 1862, quando l’artista aveva solo trentatré anni. Ai funerali, presso la tomba di famiglia del pittore ad Highgate, Dante volle seppellire con l’amata l’unica copia dei versi che in vita si erano dedicati. Rossetti, dopo la morte di Lizzie, cadde in un vortice di stenti e follia. Ridotto sul lastrico, alcuni anni dopo, nel 1869, fu convinto dal suo agente letterario a dissotterrare la bara di Lizzie per recuperare i versi e pubblicarli, al fine di ricavare qualche guadagno. Avvenne di notte, il pittore preferì non essere presente, e chi invece lo fu racconta che all’apertura della bara vide Lizzie bella come quando aveva lasciato la vita terrena, forse anche di più, e la sua chioma lucente e fulva in quegli anni era addirittura cresciuta, occupando tutto lo spazio della bara. Prima di morire pazzo e povero, Rossetti dipinse il quadro Beata Beatrix, l’ultimo in cui ritrasse Lizzie con accanto un fiore di papavero, simbolo della sua dipendenza dal laudano.

Elizabeth Siddal è diventata un mito. Se in vita non seppe governare gli infiniti stimoli all’autodistruzione dettati da un amore imperfetto, quello stesso amore rese la sua bellezza eterna e l’ha consegnata alla storia.

Letture consigliate:

Lizzie, Eva Wanjek (Neri Pozza Editore)

Lizzie Siddal. Il volto dei Preraffaeliti, Lucinda Hawksley (Odoya Editore)

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