Evelyn Nesbit, antesignana del #MeToo: la prima top model della storia dalla bellezza letale, ingabbiata in un triangolo di sottomissione

by Michela Conoscitore

Questa è la storia di una madre e di una figlia bellissima. Di quando l’indigenza, condita con un po’ di scelleratezza, spingono un genitore a ‘vendere’ il corpo del proprio figlio per sopravvivere. Quel che successe ad Evelyn Nesbit, prima top model della storia, è stato un concatenarsi di eventi che hanno reso la sua vita un eclatante caso di cronaca. La miccia fu accesa dalla madre, non tenendo conto del potere deflagrante della sua scelta sulla giovane.

La famiglia Nesbit era originaria della Pennysilvania, il padre era un celebre avvocato che decise per affari di trasferirsi con la moglie e i figli dal piccolo centro di provenienza a Pittsburgh. Improvvisamente, a soli quarant’anni, morì. La piccola Evelyn aveva dieci anni, vide la madre vendere tutte le proprietà di famiglia per pagare i debiti del marito. La donna con i due figli rimase senza casa, non riuscendo a trovare lavoro nonostante avesse esperienza come sarta. Per alcuni anni vissero della carità di parenti e conoscenti, spostandosi di continuo e cambiando casa. Nel frattempo Evelyn crebbe, divenne una giovane avvenente. Così qualcuno suggerì alla signora Nesbit di far posare la figlia per gli artisti, l’attività da modella fruttava abbastanza e li avrebbe supportati economicamente. Inizialmente la ragazza si divertì enormemente con quella novità, soddisfatta inoltre di poter aiutare la madre nel far fronte alle spese. Divenne abbastanza richiesta e famosa, ma il piccolo cenacolo artistico di Pittsburgh non riusciva a coprire le spese di casa Nesbit.

La madre di Evelyn decise di trasferirsi a New York, e provare lì ad affermarsi come sarta. Tentò, dopo un anno si fece raggiungere da Evelyn e il piccolo Howard, andando a vivere in un appartamento minuscolo sulla 22esima, a Manhattan. New York si rivelò una città difficile per una donna sola con due figli. La Grande Mela offriva opportunità lavorative solo a ragazze belle e giovani. Quel che era Evelyn. Così la signora Nesbit rispolverò i trascorsi della figlia, si procurò una lettera di presentazione firmata da uno dei pittori di Pittsburgh per cui Evelyn aveva posato in passato e contattò tutti gli artisti newyorchesi. La freschezza e il carisma di Evelyn, ben presto, calamitarono l’attenzione di tutti, trasformandola nella prima It Girl della storia. Prima di Cara Delevingne e delle sorelle Kardashian ci fu lei: il suo volto in poco tempo fu ovunque, in quadri di pittori come James Caroll Beckwith ai disegni di Charles Dana Gibson, poi fotografi e tanta pubblicità, fu tra le prime testimonial della Coca-Cola.

Il giro di affari che si originò dalla bellezza di Evelyn man mano divenne abnorme, tanto che la signora Nesbit non riusciva quasi a gestirlo. Eppure ci teneva a sottolineare che non avrebbe mai permesso alla figlia di posare nuda, affermazione che il pittore Beckwith era pronto a contraddire con le sue opere ispirate da Evelyn. Ipocrisia? Probabilmente, non bisogna dimenticare che erano i primi del Novecento, il mito della donna virginale esercitava una fascinazione ancora forte, impensabile associare a visioni differenti le giovani dell’epoca. Tuttavia il potere di questo ‘status’ femminile era anche una tentazione irresistibile per uomini come Stanford White, architetto del primo Madison Square Garden, socialite e playboy. White incrociò il percorso di Evelyn quando la ragazza decise di intraprendere la carriera di attrice a Broadway. Partecipò allo spettacolo Florodora, e una delle sue colleghe la presentò a White, âgée e facoltoso. Il perbenismo della signora Nesbit già davanti all’opportunità di ingaggio offerto dagli impresari dello spettacolo, che aveva fama di agenzia matrimoniale conveniente, iniziò a vacillare. Quando Evelyn fu invitata a pranzo da White, crollò definitivamente. Ciecamente gli affidò la figlia, che dopo la prima volta nel suo pied – à – terre, divenne la sua frequentazione fissa. Nonostante fosse sposato e con un figlio, l’architetto era malato di bellezza femminile, e aveva arredato la sua ‘tana’ da single per valorizzare le sue ospiti. Mobili fastosi, sofà, tende voluttuose e poi in una delle stanze più belle della casa, un’altalena di velluto rosso, sospesa dal soffitto, sulla quale faceva accomodare le sue conquiste, meglio se nude.

Una sera, White invitò nuovamente Evelyn. Dopo cena bevvero champagne, le fece indossare un kimono giallo e si diressero nella stanza verde. Ancora altro champagne, e poi il buio. Quando si svegliò, la ragazza si ritrovò completamente nuda, con White al suo fianco, addormentato e svestito, e le lenzuola macchiate di rosso. Nel libro che avrebbe scritto decenni dopo, Evelyn disse: “Entrata vergine, ne uscii che non lo ero più.” Fu uno stupro, probabilmente White drogò la ragazza per abusarne mentre era incosciente, un altro dei suoi inconfessabili piaceri. La loro relazione proseguì, col benestare della signora Nesbit. White provvedeva al sostentamento della famiglia, in cambio della bellezza e del corpo di Evelyn.

Ingabbiata in questo triangolo di sottomissione, i cui vertici erano la madre e White, Evelyn provò a cercare una via d’uscita. Per quanto fosse realmente innamorata dell’architetto, che nel frattempo abusava e frequentava anche altre ragazze, la giovane aveva compreso di non aver un futuro con lui. La sua bellezza aumentava di giorno in giorno, e attirava molti corteggiatori. Tra questi John Barrymore, trisnonno dell’attrice Drew Barrymore, attore che stava muovendo i primi passi e aveva visto Evelyn in uno dei suoi spettacoli. La relazione tra i due, che erano coetanei, era felice. Gli innamorati, tuttavia, furono divisi dalla signora Nesbit e dallo stesso White che ritennero Barrymore un partito non adatto ad Evelyn. La proposta di matrimonio fu respinta e i due non si videro più.

L’onnipresente White, ad un certo punto, si disinteressò di Evelyn, e la ragazza strinse altre relazioni. Conobbe il miliardario Harry Kendall Thaw, che le fece una corte spietata. Nei primi mesi del 1903, Evelyn dovette sottoporsi ad un intervento d’urgenza. La diagnosi ufficiale fu appendicite acuta, ma molti erano sicuri fosse un aborto. Il sollecito Thaw, per rinfrancare l’amata, suggerì un viaggio in Europa. Fu un tour favoloso, anche se con la signora Nesbit al seguito. Eppure Thaw aveva un piano, voleva chiedere ad Evelyn di sposarlo. Approfittando della stanchezza della signora Nesbit che rimase a Londra, lui e la fidanzata si recarono in Francia. A Parigi, Harry le fece la proposta. La ragazza rimase interdetta e prima di dare una risposta, gli confessò la violenza subita da White. Thaw ne rimase sconvolto, anche se non lo diede a vedere, agognava una vergine al suo fianco ma Evelyn esercitava un incantesimo troppo forte su di lui per rinunciarvi. Visitarono Domrémy – la – Pucelle, paese d’origine di Giovanna D’Arco: Harry davanti all’altare consacrato alla vergine guerriera, giurò vendetta a White che aveva segnato irrimediabilmente la vita della donna che amava. Da qui, si spostarono a Merano, nel sud Tirolo, presso il castello della famiglia Thaw. Evelyn visse praticamente reclusa per due settimane, durante le quali conobbe il vero Harry. Dipendente dalla morfina, ossessionato da White che da allora iniziò a chiamare La Bestia, l’uomo, mentalmente instabile, picchiò e abusò di Evelyn ripetutamente quasi a voler sfogare su di lei la colpa dell’architetto.

Tornati a New York, Evelyn era fisicamente e mentalmente provata. Non trovando appoggio nella madre, provò a chiedere di Thaw tra le sue conoscenze. Tutti le confermarono una cattiva fama, le parlarono di un uomo cupo, malato, e violento. Comunque, Evelyn lo sposò. Non si conosce il motivo, probabilmente le necessità famigliari erano ancora soffocanti e la ragazza si sacrificò nuovamente. Il matrimonio con Harry fu un incubo, che culminò il 25 giugno del 1906: i coniugi Thaw incontrarono White sul roof-top del Madison Square Garden, allora un ritrovo lussuoso con ristoranti, bar e intrattenimenti. Thaw quando lo vide si squietò, rinfocolando la sua ossessione vendicativa. Evelyn, intanto, ignara che il marito girasse armato, ovviamente ignorava lo fosse anche quella sera. Improvvisamente, l’uomo si alzò e attraversò la sala affollata dirigendosi verso l’architetto. Fu un attimo: una volta che gli fu vicino, tirò fuori la pistola e gli esplose un colpo in piena fronte. Nella sala, dopo il boato dello sparo, regnò la confusione. Il corpo senza vita di White riportò ben presto alla realtà gli avventori della sala, scatenando il panico. Nel frattempo, gli occhi di Thaw brillavano di soddisfazione. Testimoni affermarono che prima dello sparo, il milionario avrebbe detto a White: “Hai rovinato la mia vita” o “Hai rovinato mia moglie”, le due frasi in inglese hanno suoni similari, ma entrambe conservano un’accusa potente.

Il caso occupò le prime pagine di tutti i quotidiani, coinvolse direttamente anche il presidente Thedore Roosevelt che invocò una sorta di censura sul caso, di cui si seppero i particolari più scabrosi. La vita di Evelyn fu fagocitata dall’omicidio di White, ma soprattutto non fu più la stessa. Thaw venne incarcerato e dichiarato instabile. La madre del milionario, non riuscendo ad accettare la sorte del figlio, riuscì a manovrare tutti, affinchè Harry lasciasse la prigione. Convinse Evelyn a testimoniare in sua difesa, in cambio di soldi e del divorzio. Thaw fu fuori in poco tempo, concesse il divorzio ad Evelyn a cui lasciò anche il figlio, concepito durante uno dei suoi numerosi permessi dal carcere, ma la donna non ebbe mai un sostentamento economico. Lottò tutta la vita contro la povertà, a cui si aggiunsero la dipendenza da morfina e i demoni della sua vita sfavillante, a cui la madre l’aveva egoisticamente condannata.

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