Il Medioevo finanziario di Sybille de Cabris, la donna che sfidò i banchieri

by Caterina Del Grande

Sybille de Cabris fu forse la prima vittima della finanza internazionale, quando il mondo conosciuto e potente era solo l’Europa. Siamo nel 1300 e Sybille, una nobile provenzale, fu protagonista di un memorabile conflitto con una potente compagnia di banchieri fiorentini. A ricostruire la sua storia è stato principalmente il medievalista Amedeo Feniello, che in una serie di studi dedicati all’età del fiorino, in cui la moneta coniata per la prima volta a Firenze nel 1252 si afferma come mezzo di pagamento universale, racconta anche della nobildonna con il testo “Dalle lacrime di Sybille” edito da Laterza nel 2015. Nell’autunno del 2022 Sybille proprio con lo studioso entra anche al Teatro Petruzzelli per le consuete Lezioni di Storia.

Nel Trecento Firenze rappresentava la punta più avanzata del nascente capitalismo europeo. I suoi banchieri erano a capo, da vari decenni, di una ricchissima rete di affari che s’estendeva, dal Centro-nord al sud della Penisola, alla Francia, alla Spagna, alle Fiande sino all’Inghilterra.

Firenze deteneva la parte più cospicua delle finanze dei re di Francia e d’Inghilterra, dell’imperatore e anche del Papa.

Le peripezie di Sybille de Cabris, susseguitesi dal 1355 per vari anni rientrano in questa temperie culturale.
Avvenente e facoltosa, appartenente a un casato in possesso di castelli in Francia, ma anche di proprietà in Campania per via di forti legami con gli Angioini, e andata sposa, innamoratissima, nel 1335 (con una dote di 2000 fiorini) ad Annibal de Moustiers, Sybille pareva destinata ad una vita luminosa. Sembrava destinata a una vita che non avrebbe potuto essere più felice: anche perché fra lei e il suo consorte correva un’autentica passione amorosa.

Dopo pochi mesi dal matrimonio però suo marito morì nel corso di un torneo. Sybille era incinta. Da allora dovette attingere ai suoi averi e il patrimonio si assottigliò.

Nel 1339 fu davanti alla decisione di vendere i beni che possedeva nel sud d’Italia. Decise di vendere un castello del napoletano. La donna fu obbligata a fare i conti con la difficoltà della vita e anche con le sue risorse finanziarie. Sybille aveva solo 20 anni ma una mentalità che si presentò pratica e risoluta.

Vendeva a Napoli per investire in un territorio e in un contesto più favorevole e facile da amministrare. Lo fece infatti con l’intento di comprare un altro castello in Provenza. Il progetto riuscì solo in parte, la vendita frutto una somma cospicua, 1591 fiorini, incassati a Napoli ma che dovevano essere trasferiti ad Avignone. Sybille delegò un uomo fidato, Raumbaud, a seguire tutta l’operazione, e quest’ultimo si affidò a sua volta Matteo Villani, associato alla compagnia dei banchieri fiorentini Buonaccorsi, che, a loro volta, avrebbero dovuta farla pervenire ai loro rappresentanti ad Avignone.

Ma costoro, dopo essersi impegnati a versare il dovuto entro trenta giorni, dopo di allora s’erano volatilizzati e lo stesso era avvenuto per il titolare della sede di Napoli. Era successo, in pratica, che sia gli uni che l’altro erano falliti. Da quel momento era cominciato un autentico calvario per Sybille. Qualsiasi passo esperito attraverso le vie legali e suffragato da più di un attestato, s’era scontrato invariabilmente con una sequela di eccezioni procedurali e di cavilli giuridici: tanto che passarono oltre una decina d’anni prima che la causa approdasse nel luglio 1355 al tribunale della Mercanzia a Firenze.

Sybille fu irremovibile, difese la sua persona, che tutti cercarono di infangare. Il processo fu insabbiato, fino alla sua morte. Tant’è che nel luglio 1362, l’ultima udienza di cui è rimasta notizia, la questione non era ancora stata risolta. Perciò non si sa se Sybille, ormai ridotta pressoché alla povertà, sia stata poi costretta, ormai sfinita, ad accettare una transazione.

Dalla storia di Sybille vien fuori un mondo medievale complesso e brutale. Il primo che racconta delle bolle finanziarie.

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