Il vento caldo della solidarietà e della speranza in una sera d’estate in Puglia. Le donne speciali e la loro voglia di normalità

by Claudio Botta

Il vento che non dà tregua è come una carezza dolce e invisibile, per una platea numerosa e curiosa. Francesca Rodolfo, presidente e anima dell’associazione Divine del Sud, ha lavorato mesi tra mille altri impegni per organizzare un evento che è uno squarcio di speranza, riflessione e partecipazione vere in un presente distratto e indifferente. E’ la Wine Fashion Night- La notte della moda inclusiva e del vino per lei e per tante altre persone che non sapevano di essere così legate tra loro. La cornice (location) è suggestiva e indicativa: la darsena nord ovest del porto turistico di Bisceglie, il primo in Italia ad avere ottenuto la Bandiera Lilla, il riconoscimento che attesta la completa accessibilità per i diversamente abili. L’ing. Nicola Rutigliano, amministratore unico della società Bisceglie Approdi, è orgoglioso nel suo spiegare come il traguardo raggiunto sia un punto di partenza più che di arrivo, e quanto importanti e preziose siano le prospettive che offre. Francesco Dente, presidente del locale Rotary, cerca di gestire anche col sorriso il traffico di persone alla ricerca di una sedia: l’incasso della serata (ricavato da un piccolo contributo da versare all’ingresso) sarà devoluto per metà alla lotta sostenuta da più di 20 anni dall’associazione a livello internazionale per l’eradicazione della polio.

Francesca Rodolfo

Il cuore dello spettacolo è l’incontro tra la creatività espressa da stilisti e brand pugliesi in molteplici sfumature ed espressioni e il mondo del vino, l’abbinamento avviene attraverso i colori e le sfumature di prodotti così familiari e della solidarietà: ecco quindi, dopo una presentazione di eleganti costumi da mare, apparire Sabrina Sciusco fasciata in un abito rosso confezionato in un atelier di Barletta. La sua è la prima storia che vogliamo raccontare.

Sabrina Sciusco

37 anni, di Cerignola, la scelta di formare giovanissima una famiglia sua, un matrimonio e una figlia a 20 anni (e poi un’altra figlia che adesso ne ha 9), ha iniziato a sfilare a 16, passando presto dal livello amatoriale a quello professionale. «E’ quello che mi dà più gioia, che mi fa sentire viva» le sue parole. La sua vita è cambiata un anno e mezzo fa: nello stesso mese, la morte di sua madre a 59 anni («non c’è un giorno in cui non pensi a lei») e la diagnosi di sclerosi multipla. «Soffrivo spesso di mal di testa e di una strana debolezza, ma i medici cui mi sono rivolta non avevano ritenuto necessario indagare in maniera più approfondita sulle possibili cause. Due episodi in particolare però hanno determinato il ricovero urgente in ospedale. Una volta, mentre giocavo con la mia bambina, sono rimasta bloccata sul pavimento per minuti, senza più la forza di alzarmi. E a Venezia, dove ero andata per festeggiare un Capodanno, ho completamente perso la vista all’occhio destro: a quel punto tutti abbiamo capito che c’era qualcosa di grave». Confermata al rientro dai medici di Casa Sollievo della Sofferenza. «Mi sono chiusa in me stessa, non volevo vedere nessuno, e per parecchio tempo sono andata avanti così. E questo comportamento aumentava la sofferenza di chi mi stava accanto. Poi ho ricevuto un giorno la telefonata di una persona che fa parte dell’associazione Divine del Sud, ed entrare in contatto con la loro realtà mi ha fatto capire quanto importante fosse reagire, perché ognuno di noi combatte ogni giorno per qualcuno e per qualcosa» continua. Le sue giornate sono oggi segnate da alti e bassi, tra cicli di terapie che lasciano comunque il segno e ricerca di alternative, ma senza smettere di sorridere: «ci convivo, anche se i segnali si fanno sentire. Ma alla sfilata sono stata in totale relax, e spero di aver trasmesso coraggio, forza d’animo, coraggio e positività, gli strumenti migliori a nostra disposizione per andare avanti e per riuscire ad apprezzare la vita». Ci è riuscita benissimo.

Ilaria Villani

Un’altra protagonista è Ilaria Villani, 30 anni appena eppure tanti, per quello che ha vissuto. Di San Giovanni Rotondo, una figlia a 15 anni, un matrimonio a 17 con un uomo «geloso, possessivo, mi proibiva di fare qualsiasi cosa», ci racconta. Chiusa di fatto in casa, lontana anche dall’attività di famiglia che tanto le piaceva, incapace di reagire, rassegnata. «Ero scivolata in una depressione tale da desiderare di morire, e non provavo più nulla, tuttavia nel 2015 un episodio mi spinse a reagire: la sua violenza non più riversata nei miei confronti, ma anche su mia figlia, entrata nella stanza per separarci e per difendermi e scaraventata a terra. Ho trovato la forza di prenderla e di chiuderci a chiave per tutta la notte in un’altra camera, di spostare un mobile per impedire che la porta venisse sfondata. La mattina dopo sono andata via di casa, i miei genitori ci hanno accolte con l’affetto e l’amore di cui entrambe avevamo bisogno, e piano piano è iniziato il mio percorso di rinascita», continua. Dopo la separazione, è arrivato anche l’annullamento del matrimonio alla Sacra Rota e la vita privata è tornata a riempirsi di luce. Il ricordo di una gita scolastica a Firenze ai tempi delle medie, e della visione per la prima volta della Venere di Botticelli, ha acceso un’altra scintilla: «Ho deciso di ampliare l’atelier di famiglia, e di chiamarlo nel 2017 Dea Couture, perché ogni donna merita di essere considerata e valorizzata come una Dea», spiega. Oggi è un’affermata stilista e consulente d’immagine («amo esaltare l’eleganza, la sensualità, la femminilità, valorizzare la particolarità e l’unicità di ogni donna»), il suo target sono gli abiti da sposa e da cerimonia (ha scritto anche un libro, Sposa unica) e ha aperto anche un secondo atelier, a Pistoia, che raggiunge frequentemente: da donna in catene a donna realizzata e indipendente, un viaggio il suo sostenendo da sola ogni peso. Faticoso ed esaltante. La creazione presentata – abbinata ai vini con le bollicine – ha incantato tutti. Ma il suo racconto è stato ancora più emozionante.

Vincenza Dinoia

Anche Vincenza Dinoia ha 30 anni, i capelli rossi, gli occhi e la pelle chiara, i lineamenti delicati come una donna del Rinascimento. E’ di Barletta, frequentava il liceo classico (e si è poi diplomata) quando sono apparsi i primi sintomi di una malattia genetica degenerativa, l’atassia di Friedreich, che è via peggiorata fino a costringerla all’uso della carrozzina, dal 2018. «All’inizio non riuscivo ad accettarla, ma a un certo punto è scattato qualcosa dentro di me, visto che dovevo comunque andare avanti, e mi sono imposta di reagire», le sue parole. Lo ha fatto frequentando corsi regionali di modellismo sartoriale e stilismo, la sua passione («amo la moda, e mi è sempre piaciuto disegnare modelli da indossare»), impegnandosi attivamente in realtà che si occupano di inclusione e disabilità, collaborando alla nascita di start up tematiche, e sfilando come modella (finora in Campania e in Puglia, ma arriveranno altre opportunità). Lo fa con un sorriso che le illumina il viso più di qualunque riflettore, e un portamento elegante e raffinato che è impossibile non ammirare.

Tre esempi di donne speciali nella loro voglia di normalità, di non arrendersi, di esprimersi liberamente, di essere sé stesse, di vivere. La quarta è la donna che le ha fatte incontrare, insieme a tante altre, e che mette quotidianamente in rete la sensibilità, la solidarietà, la leggerezza e la profondità insieme. Giornalista, conduttrice, moglie, madre, figlia, dallo scorso 2 giugno Cavaliere al Merito della Repubblica. Ma per tutte e per tutti è e resta semplicemente Francesca.

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