Jana Černá e le parole erotiche femminili come provocazione anarchica e «irragionevole» nella Praga staliniana

by Elena Marino

«[…] E poi vorrei prima chiacchierare un po’ con te
perché ho stima del tuo intelletto

Si può supporre
che sia sufficiente
per chiavare in direzione della stratosfera».

Possono essere ancora provocatori i versi e gli scritti di una intellettuale come Jana Černá in un tempo il nostro, pieno di culi in acqua, levigati dalla pornografia dei filtri e di passere testimonial di brand per la classe media?

Non c’era YouPorn né Instagram nella Praga stalinista della scrittrice, detta Honza, nata nel 1928 e figlia di Milena Jesenska, la famosa Milena di Kafka, e dell’architetto Jaromir Krejcar.

Tuttavia ancora oggi il suo “In culo oggi no” dà più di una lezione alle ragazze femministe e un po’ romantiche, che vogliono far colpo su Whatsapp rinviando all’infinito l’invio di foto oscene.

Sin da piccola, nonostante la separazione dei suoi genitori e il dramma della madre morta in un campo di concentramento, quando lei aveva solo 11 anni, Jana si abbevera alla fonte della cultura dell’élite letteraria e artistica della capitale boema.

La sua è una famiglia progressista: i suoi genitori sono super impegnati nell’ambito culturale. Soprattutto la bellissima madre, scrittrice e grande giornalista, ne influenzerà il carattere. Jana subisce in parte l’indipendenza e la grande forza della figura femminile di sua madre, lambita dalle difficoltà economiche, dalle disillusioni politiche del suo tempo e dalle paure di una guerra vicina.

Del resto la sua casa è un porto di mare: arrivano gli intellettuali più importanti del suo tempo. È forse questo il primo humus del suo anticonformismo provocatorio. Qui nasce la sua passione per la sessualità, che più di ogni cosa, nei toni lascivi e sconci in bocca e nella penna di una donna intellettuale, creava scompensi e turbamento.

La sua vita è imperfetta, Jana accetta tutti i lavori pur di essere autonoma economicamente. Dalla donna delle pulizie a bigliettaia sui tram.

Negli anni di terrore e integralismo politico, a Praga c’è lei, Honza, che scrive di idee, sesso, femminismo e libertà, facendo diventare tutto pratica. È stata un personaggio chiave della Cecoslovacchia comunista, una delle voci più indipendenti e rivoluzionarie dell’underground praghese.

Al suo fianco Egon Bondy, Ivo Vodseďálek, Bohumil Hrabal e Vladimír Boudník, figure culturali il cui impatto si sentirà solo dopo nelle generazioni future degli anni Settanta e Ottanta.

Honza scrive con consapevolezza, scrive del desiderio femminile senza ornamenti e categorie, con schiettezza. Dando voce al piacere, senza lesinare la volgarità slabbrata. Se nei suoi versi l’erotismo è ironico e leggero, tanto da far apparire il sesso poco più di un immenso gioco volto all’orgasmo, nella lettera all’amante i toni si fanno grevi, rudi, violenti e pornografici tali da lasciar interdetti anche i lettori più scafati. Ma la sua prosa erotica non è mai fine a se stessa, ma è sempre amalgamata perfettamente con le riflessioni filosofiche ed esistenziali.

Il sesso, il corpo, i genitali sono la sua via alla sperimentazione e all’eccesso. Alla libertà, all’anarchia. Con i suoi amici si intrattiene provocatoriamente in cenacoli in cui tutti sono ignudi. Non ci può essere ragionevolezza quando c’è slancio vitale, secondo Jana.

«…risparmiatemi per carità la ragionevolezza, con la mia vitalità sono in grado di sopportare più di chiunque altro, ma di ragionevolezza potrei morire entro una settimana della morte più triste che esista, la ragionevolezza liquida dentro di me tutto ciò che dentro di me abbia un senso, la ragionevolezza mi priva della potenza, di qualsiasi potenza, da quella erotica a quella intellettuale».

Jana rifiuta la famiglia tradizionale e la coppia monogama e chiede ai suoi partners uno sforzo violento per liberarsi dalle convenzioni, dagli stereotipi, sempre alla ricerca di un linguaggio nuovo che sappia parlare di sentimenti e di sessualità.

Si sposerà quattro volte. In una poesia provoca, richiamando l’ossessione maschile per la moltiplicazioni dei peni e per la libertà.

La scarpetta di Cenerentola calza a a pennello
Anche la mia fica
ma solo a qualcuno

Non però a uno solo
a te starebbe senz’altro bene

Le fiche si cuciono su misura
e al sarto gli si dice
Mi ci metta una fodera di seta
e non metta bottoni
tanto la porterò slacciata

Si cuciono quindi così
come la biancheria da uomo.

Il sesso è la via alla filosofia, alla metafisica. È il modo per conoscere una dimensione altra della coscienza. È la perfezione del desiderio, un anelito di libertà e di immenso. Di infinito. La penetrazione è totale, fisica e intellettuale.

In culo oggi no, che mi fa male
E poi vorrei prima parlare
sentire dentro di me la tua mente che ammiro
E poi scopare e ancora scopare
fino alle stelle e all’empireo

Jana metteva in pratica le sue idee anticonformiste, in un puro vivere espressionista. Scriveva al suo amante:

«Domani mattina avrò di nuovo tutto sotto controllo, va bene così, ma continuerà a dispiacermi questa notte, non riesco a liberarmene, non ho imparato a considerare l’eccitazione come qualcosa che bisogna liquidare nell’astinenza e scacciare come il diavolo, e un’eccitazione così forte come questa mia di oggi la considero qualcosa che non chiama, ma proprio urla vendetta perché vuole essere soddisfatta e non fatta oggetto di ascetica astinenza. La capacità di arraparmi a questo modo, di avvertire in ogni centimetro di pelle il folle desiderio di Te non l’ho certo avuta per poi scacciarla con una doccia fredda e col digiuno, scusate proprio ma così non è. E se sono le lusinghe del diavolo, allora non sono affatto delle brutte lusinghe e quel diavolo comincia a essermi abbastanza simpatico»

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