Jane Austen, la fervida immaginazione, lo humor e l’acuto senso critico del genio che ha ritratto un’epoca

by Michela Conoscitore

La giovane donna, ancora in tenuta da notte, si chiuse sommessamente la porta alle spalle per non svegliare la sorella Cassandra immersa nel sonno. Le assi di legno del pavimento scricchiolarono sotto i suoi passi. Un rumore quello che, nella quiete della casa addormentata, sembrò assordante. Era passata da poco l’alba, il cielo cominciava a schiarire, l’aria di aprile era particolarmente rinvigorente a quell’ora e per Jane, il momento migliore per scrivere. Il piccolo tavolino, in un luogo defilato della canonica, l’attendeva con tutto il suo carico di fogli riccamente compilati. La ventunenne aveva narrato di un amore che aveva superato gli ostacoli dell’orgoglio e del pregiudizio da parte di due innamorati; era quasi terminato, mancavano solo le ultime correzioni. Nella tranquillità della casa di famiglia, la ragazza portò a termine la prima stesura di quello che oggi è considerato uno dei capolavori della letteratura mondiale. Soddisfatta, si firmò semplicemente con ‘by a Lady’, il suo nome sarà di pubblico dominio soltanto qualche anno dopo, e osannato nei secoli a venire: Jane Austen.

Quella giovane, sicuramente, non avrebbe mai immaginato che duecento anni dopo sarebbe diventata non solo una gloria britannica ma proprio lei, che non ha mai potuto firmare i suoi libri, è riuscita ad ispirare numerosi scrittori che avrebbero seguito le sue orme. Jane Austen ha ideato un genere narrativo che è riduttivo definire romantico. Il suo inconfondibile humor e il suo acuto senso critico hanno fornito il ritratto di un’epoca, raccontando di quel microcosmo femminile attraversato da speranze e drammi, continuamente dissimulati da sorrisi di circostanza e nastri svolazzanti. La scrittrice ha tralasciato gli avvenimenti epocali che stavano colpendo la Gran Bretagna, vessata dalle guerre napoleoniche, preferendo parlare di altre ‘guerre’, quelle delle sue eroine per la libertà, per affermare la propria volontà in una società ciecamente maschilista.

La sua vita fu singolarmente povera di eventi. Il suo quieto corso non fu interrotto che da pochi cambiamenti e da nessuna grande crisi. Dispongo perciò di scarsissimo materiale per un resoconto dettagliato della vita di mia zia; ma ho un ricordo chiaro della sua persona e del suo carattere; e forse in molti potranno essere interessati ad una descrizione di quella fertile immaginazione da cui sono nati i Dashwood e i Bennet, i Bertram e i Woodhouse, i Thorpe e i Musgrove, che sono stati invitati come cari amici presso il focolare di numerose famiglie, e sono da loro conosciuti intimamente, come se fossero davvero dei vicini di casa.

A scrivere queste parole, anni dopo la morte della scrittrice, è il nipote Edward Austen Leigh, che della zia consegnerà ai posteri un ritratto di donna della sua epoca, dedita alla famiglia e, solo trasversalmente, interessata alla scrittura. Non era consono, per quei tempi, che una donna avesse un’attività a cui dedicarsi, sottraendo tempo alla famiglia e ai propri doveri, che essa fosse figlia, moglie o madre. Quello in cui visse Jane Austen era un mondo limitante per le donne, relegate in un angolo, nella maggior parte dei casi costrette a matrimoni, combinati e senza amore, se tenevano alla propria sopravvivenza. La reputazione e le regole sociali facevano girare il mondo di Jane, e chi vi contravveniva macchiava con l’onta sé stesso e la sua famiglia, per sempre. Per questo motivo, Austen non avrebbe mai firmato i suoi romanzi col proprio nome. Per tutelarsi, preferì mantenere l’anonimato. Rinunce, continue, che per le donne rappresentavano la normale condizione per stare al mondo.

Tuttavia, Jane nacque nel 1775 in una famiglia un po’ sopra le righe, con un padre, il reverendo George Austen, che possedeva una biblioteca di cinquecento tomi, una stranezza per l’epoca, e che la iniziò agli studi. La famiglia Austen viveva a Steventon, nella contea di Hampshire, nel sud della Gran Bretagna. Una famiglia numerosa la loro che oltre a Jane e Cassandra, le due sorelle minori, contava altri sei fratelli. Gli Austen non erano ricchi, ma vissero sempre nel decoro e felici, assicurando ai propri figli benessere e possibilità. Soprattutto alle figlie, il reverendo Austen concesse di seguire le proprie inclinazioni. Fu così che Cassandra si dilettò col disegno, e Jane con la scrittura. A folgorare la scrittrice, e a convertirla al mondo delle lettere, fu il romanzo Pamela di Henry Fielding, che la spinse a cimentarsi con le sue prime prove letterarie. Il primo corpo di opere giovanili è costituito da sperimentazioni e parodie dei romanzi rosa e gotici, molto in voga all’epoca. Per quanto Jane amasse particolarmente i romanzi gotici, prediligeva quelli di Ann Radcliffe, non riuscì a trattenere il suo acuto umorismo, così ne scrisse di suoi parodiandoli; poi era divertente discuterne la sera con tutta la famiglia, in soggiorno, dopo cena davanti al camino.

Poco prima dei vent’anni, si racconta che la scrittrice conobbe l’amore. Lui era il giovane studente irlandese Tom Lefroy, nipote dei vicini di casa degli Austen, trasferitosi in Inghilterra per completare gli studi. Complici i balli, l’unica occasione di socializzazione concessa a quei tempi agli uomini e alle donne, Tom e Jane si innamorarono. Il loro, purtroppo, non fu un amore felice. Infatti, Lefroy era mantenuto dalla parte inglese, ricca, della sua famiglia che disapprovava un matrimonio così di scarna avvedutezza economica. A dividere i due giovani, la minaccia di diseredare Tom, lasciandolo indigente. A malincuore, i due si dissero addio. Delle relazioni della scrittrice non si sa molto, oltre a Lefroy, forse ci fu un altro fidanzamento, che tuttavia durò solo un giorno. Jane Austen rimase nubile, ma non per questo meno felice.

Probabilmente dopo il mancato matrimonio con Lefroy, si gettò a capofitto nella scrittura, e completò la prima versione di Orgoglio e Pregiudizio, Prime Impressioni, che terminò a soli ventuno anni. Successivamente, la sua penna creò Elinor e Marianne, il futuro Ragione e Sentimento.

Nel frattempo, molti dei fratelli si sposarono e lasciarono casa; Jane e Cassandra, nel 1800, seguirono i genitori a Bath, dove il padre aveva deciso di trasferirsi, lasciando Steventon. Il padre, in quegli anni, continuò a seguire i progressi letterari della figlia, incoraggiandola e inviando i manoscritti a vari editori che, immancabilmente, ne rifiutavano la pubblicazione. Nel 1805, George Austen venne improvvisamente a mancare; Jane, Cassandra e la madre furono affidate alle cure dei fratelli, che da allora pensarono al loro sostentamento. Le tre donne si spostarono a Southampton, a casa del fratello Frank. Da qui, in seguito, preferirono vivere nel cottage messo a loro disposizione dal fratello Edward a Chawton, poco distante dalla natia Steventon. Giunsero qui nel 1809, Jane nel frattempo conduceva un’esistenza tranquilla, e nei suoi momenti di libertà continuava a revisionare i primi due romanzi, a cui nel frattempo si erano aggiunti L’abbazia di Northanger e Mansfield Park.

Nel 1813, quando la scrittrice aveva trentotto anni, l’editore Egerton accettò la pubblicazione di Orgoglio e Pregiudizio che nel corso di pochi mesi riscosse molto successo, e fu ristampato per una seconda edizione. Jane vide la stampa di quasi tutti i suoi romanzi, escludendone alcuni come Persuasione, pubblicato postumo. La curiosità sull’identità dell’autrice di Orgoglio e Pregiudizio crebbe di anno in anno, ma Austen riuscì sempre a mantenere l’anonimato e a scrivere indisturbata, stando lontana dalla gloria delle folle.

Nel 1817 aveva da poco iniziato la stesura di un nuovo romanzo, Sanditon, che tuttavia rimarrà incompiuto. L’autrice cominciò a soffrire di seri problemi di salute; la sorella Cassandra decise di portarla a Winchester, per darle cure adeguate e comprendere le cause dei suoi disturbi. Purtroppo, non ci fu nulla da fare, il 18 luglio del 1817 Jane Austen morì a soli quarantadue anni. La scrittrice, tuttora, è sepolta nella cattedrale di Winchester ma sulla sua lapide nessuna menzione al suo ‘lavoro’ e alle sue opere. Le cause di una morte così precoce non sono chiare, i più propendono nell’affermare che Austen fosse affetta dal morbo di Addison; altri, invece, prendono in considerazione l’avvelenamento da arsenico, poiché la maggior parte dei farmaci all’epoca presentava nelle formulazioni tale ingrediente.

Qualunque cosa lei scriva è compiuta e perfetta e calibrata. Il genio di Austen è libero e attivo. Ma di che cosa è fatto tutto questo? Di un ballo in una città di provincia; di poche coppie che si incontrano e si sfiorano le mani in un salotto; di mangiare e di bere; e, al sommo della catastrofe, di un giovanotto trascurato da una ragazza e trattato gentilmente da un’altra. Non c’è tragedia, non c’è eroismo. Ma, per qualche ragione, la piccola scena ci sta commuovendo in modo del tutto sproporzionato rispetto alla sua apparenza compassata. Jane Austen è padrona di emozioni ben più profonde di quanto appaia in superficie: ci guida a immaginare quello che non dice. In lei vi sono tutte le qualità perenni della letteratura.

Non si potrebbe essere più d’accordo con Virginia Woolf, il suo parere su Jane Austen racchiude in poche frasi l’intima aspirazione di questa scrittrice vissuta nell’anonimato: narrare di piccoli eventi che ad un occhio superficiale potrebbero risultare insignificanti; invece, racchiudono tappe e riflessioni significative non solo degli uomini e delle donne di quell’epoca, ma di tutte. I personaggi creati da Jane Austen, indimenticabili come Elizabeth Bennet, frivoli come Lydia Bennet, a volte scostanti e orgogliosi come Mr. Darcy, egocentrici come Emma Woodhouse o complessi come Anne Elliot non aspirano a seguire le regole imposte dalla società, ma vogliono raggiungere la felicità a modo loro, che sia essa nel matrimonio o in una vita appagante. Questa è la grande lezione che ci ha lasciato Jane Austen, essere sé stessi, non tradendo mai la propria natura.

Quando il nome dell’autrice divenne di dominio pubblico, i suoi fan negli anni a seguire adottarono un nomignolo, preso in prestito da un racconto pubblicato da uno dei suoi più grandi estimatori: lo scrittore Rudyard Kipling.

Credetemi, fratelli, non c’è nessuno pari a Jane quando ti trovi in una brutta situazione. Dio la benedica, chiunque sia stata”, fa dire Kipling ad uno dei suoi protagonisti nel racconto I Janeites, dove un gruppo di soldati impegnati nella Prima Guerra Mondiale, dimentica momentaneamente gli orrori a cui è costretto ad assistere al fronte, leggendo i romanzi di miss Austen. Si avete letto bene, uomini al fronte fan di Jane Austen. Ovviamente il racconto rispecchia tutta l’ammirazione di Kipling per la scrittrice di Steventon; infatti, egli affermò sempre che “più la leggo più l’ammiro, la rispetto e m’inchino a lei.

Si attende, per il 15 luglio, la nuova trasposizione Netflix di uno dei romanzi più amati della scrittrice inglese, Persuasione. Difatti, Jane Austen fornisce infiniti spunti agli sceneggiatori contemporanei, di cinema e serie televisive, i quali si misurano con la sua penna per restituire al pubblico, su grande e piccolo schermo, le storie che appassionano milioni di persone al mondo. Dalla saga di Bridgerton alle avventure della goffa Bridget Jones, fino a rifacimenti arditi come quelli bollywoodiani e Orgoglio e Pregiudizio e Zombie, tutto nasce da quella penna femminile che correva spedita su un foglio bianco, in una canonica avvolta dalla nebbia, nella campagna inglese.

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