La donna più bella e odiata di Francia: la femme fatale Madame du Barry, l’ultima favorita di Versailles

by Caterina Del Grande

Amante, prostituta, femme fatale e traditrice, la donna più bella e odiata di Francia ma anche una donna mecenate che sostenne artisti e pittori e non dimenticò mai la povertà nera dalla quale proveniva e che fece beneficenza per tutta la vita. Tutte queste sono parole spesso usate per descrivere Madame du Barry.

Marie Jeanne Becù, nota anche come Mademoiselle Lange (o meglio l’Ange – l’Angelo) dal nome del frate francescano (fratello Ange) con cui si dice sua madre, una umile sarta, l’avesse concepita, nacque a Vaucouleurs il 19 agosto del 1743.

Jeanne crebbe in un convento di Parigi, città dove sua madre si era trasferita in cerca di fortuna grazie all’aiuto di un benefattore. Uscita dal convento, a soli 15 anni, dovette iniziare a cavarsela da sola e si adattò ai lavori più svariati: modista, domestica, parrucchiera, commessa.

Jeanne lavorava in una casa di moda ma a causa delle sue difficoltà finanziarie iniziò a intrattenere gli uomini in privato per integrare le sue entrate. Ben presto la fama della sua leggendaria bellezza si sparse in tutta la città, attirando le attenzioni di uomini di potere.

Le sue ciocche dorate fluenti e i suoi occhi viola la condussero tra le braccia dell’uomo che le cambiò la vita.

Il conte Jean du Barry era un nobile guascone che aveva fatto fortuna come appaltatore di guerra e che era ben inserito nell’aristocrazia. Amante della bella vita e perennemente indebitato, du Barry capì che Jeanne poteva diventare una miniera d’oro.

Gli uomini rimanevano letteralmente abbagliati e completamente soggiogati dalle sue doti amatorie e il suo sfruttatore non esitò ad offrirla ai più grandi signori dell’epoca, tra i quali c’era anche il settantenne duca di Richelieu: amico fidato del re che dalla morte di Madame de Pompadour era alla ricerca di una degna sostituta capace di conquistare il cuore del sovrano.

Il conte presentò Jeanne al re Luigi XV provocando un’infatuazione istantanea. Madame Pompadour, che era la precedente amante di re Luigi, era morta nel 1764 lasciando il re addolorato e depresso. 

Per la prima volta dalla morte della Pompadour, il sovrano aveva trovato la felicità in un’altra donna ma c’era un problema.

Per essere un’amante del re, la donna doveva necessariamente essere sposata con un nobile e Jeanne non aveva marito né prospettive. 

Non passò molto tempo prima che il fratello del suo amante du Barry fosse costretto a sposarla per rendere la sua posizione più rispettabile e consentirle di avere il titolo necessario per accedere alla vita di Versailles. 

Dopo questo non ci fu più modo di fermarla e, con orrore di tutti, il re la installò persino negli appartamenti del palazzo. 

Così la descrive il Principe de Ligne all’epoca del suo ingresso a Versailles:
”E’ alta, ben fatta, di un biondo incantevole. Ha la fronte alta, begli occhi, sopracciglia armoniose, viso ovale, con delle piccole fossette sulle guance che la rendono provocante come nessun’altra; la bocca pronta al riso, la pelle fine, un petto che confonde tutte le altre, suggerendo a molte di sottrarsi a un confronto”.

Luigi XV rimase letteralmente stordito dalle prodezze della sua amante e rivelò al duca di Noailles che nessuna delle innumerevoli amanti che aveva avuto era mai riuscita a suscitargli sensazioni simili. Il duca fece notare al vecchio sovrano che “Sua Maestà non è mai stato in un bordello.”

Nessuno le perdonerà mai le sue umili origini. La du Barry non era una delle tante giovani aristocratiche che erano state spinte nel letto del sovrano, né la modesta borghese -ma pur sempre rispettabile- Pompadour: la du Barry era una vera e propria prostituta e la sua presenza a corte, inammissibile.

Al vecchio re, che sembrava essere rinato, tutto ciò non importava: “A me piace e tanto basta!

Odiatissima dal duca di Choiseul (il ministro degli Esteri) che sperava di infilare nel letto del re sua sorella la duchessa de Gramont, l’Ange in realtà avrebbe voluto restare fuori dagli intrighi di corte e godersi a pieno i vantaggi della sua nuova posizione ma aveva però molti nemici.



Risucchiata in un turbinio di chiacchiere, maldicenze e fazioni, Maria Antonietta mal tollerava la presenza a palazzo di madame du Barry: “Questa sciocca creatura per il quale il re ha una così insopportabile debolezza.

L’avversione di Maria Antonietta nei confronti della du Barry nasceva principalmente dai rigidi principi morali con cui era stata cresciuta a Vienna e che le rendevano impossibile accettare a corte la presenza di una donna del genere.

Con il passare degli anni però i rapporti si ammorbidirono anche se Maria Antonietta continuò a rifiutare i doni dell’amante del vecchio re.

I bei tempi non durarono a lungo. Nel maggio 1774 Luigi XV morì di vaiolo nella sua stanza a Versailles e Madame du Barry fu prontamente allontanata da corte e dapprima costretta a entrare in un convento, anche se non vi rimase a lungo.

Madame du Barry non fu mai più ricevuta a corte, ma non soffrì di questo esilio poiché aveva il suo bellissimo castello a Louveciennes e ha vissuto lì molto felicemente dedicandosi alle sue passioni.

Madame du Barry infatti lo fece ampliare e decorare. Di particolare rilievo il Pavillon de Musique, costruito dall’architetto Claude Nicolas Ledoux, oggi considerato il prototipo del classicismo francese per eccellenza.

Il suo stile floreale, delicato e già rivolto al gusto neoclassico, così moderno e così simile a quello reso poi famoso da Maria Antonietta è rimasto impresso in molti dei raffinati oggetti di cui si circondò e nell’arredamento dei suoi sublimi e ricchi appartamenti situati al secondo piano dello Chateau de Versailles proprio di fianco a quello del re.

Madame du Barry fu anche una grande mecenate, si prodigava per aiutare i giovani artisti ed era anche una grande benefattrice.

La sua condizione privilegiata non le fece mai dimenticare le origini umili e per tutta la vita madame du Barry continuò a fare molta beneficenza, ad elargire favori e ad aiutare quanti chiedevamo il suo soccorso e la sua intercessione.

Fece del suo meglio per vivere la rivoluzione in maniera defilata, ma la sua fama come una delle amanti più stravaganti di Luigi XV e una serie di scelte sbagliate segnarono la sua sfortuna.

Derubata di molti suoi gioielli, scoprì che questi erano stati rivenduti in Inghilterra. Decisa a recuperare quanto le apparteneva, si recò più volte in Inghilterra attirando i sospetti dei rivoluzionari. Probabilmente se fosse rimasta a Londra sarebbe stata al sicuro. Ma decise di tornare in Francia per difendere la sua amata Louveciennes posta sotto sequestro dal governo rivoluzionario, venne così arrestata e rinchiusa nella prigione di Sainte Pélagie nel marzo 1793 insieme a Madame Roland.

Quando le venne annunciato che avrebbe risposto della gravissima accusa di cospirazione davanti al Tribunale rivoluzionario, la povera Jeanne Bécu si convinse di essere vittima di un semplice malinteso. Lo prova il fatto che rifiutò di fuggire di prigione quando le si presentò l’occasione.

La sua ingenuità è racchiusa in una supplica che la contessa inviò all’inflessibile accusatore pubblico Fouquier-Tinville, uno degli artefici principali della condanna a morte della deposta sovrana Marie Antoinette, ghigliottinata appena un mese e mezzo prima.

In questo scritto l’ingenua Jeanne faceva appello alla “giustizia” e “all’equità” e Tinville, com’era prevedibile, non le rispose.

Durante il primo interrogatorio, la prigioniera fornì candidamente ogni informazione, senza negare il proprio passato di favorita reale, e concedendosi solamente una civettuola menzogna circa la propria età: dichiarò fermamente di aver appena quarantadue anni, invece di cinquanta.

I testimoni più accaniti contro la contessa erano due persone che erano vissute per anni sotto il suo stesso tetto: si trattava del cuoco Salanave – che era stato cacciato perchè implicato nel furto di diamanti – e Zamor, un ragazzo del Bengala che la contessa aveva adottato all’età di dieci anni per farne il suo viziatissimo paggio quando ancora era la favorita reale.
Entrambi nutrivano nei confronti di Jeanne un rancore profondissimo e furono all’origine della sua denuncia.

Venne condannata alla ghigliottina e a nulla valsero i tentativi della contessa di comprarsi la libertà fornendo l’elenco dei luoghi dove aveva nascosto i suoi gioielli.

A differenza di molti altri importanti personaggi avviatisi prima di lei al patibolo, nel momento finale le mancò il coraggio: implorò pietà, pianse e gridò cercando la grazia della folla presente, creando una grande commozione.

La scena pietosa spinse il boia ad accelerare la fine del supplizio ignorando quella che fu la sua estrema richiesta:
 “Vi prego Monsieur aspettate ancora un momento.”



Oggi i resti di madame du Barry, inizialmente sepolti nel Cimitero della Madeleine, riposano probabilmente nelle Catacombe di Parigi.

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