La storia delle ‘Ragazze del Radio’, avvelenate dalle vernici luminose per bambole e interruttori

by Germana Zappatore

Sono tristemente conosciute con il nome di ‘Radium Girls’, le ragazze del Radio. Loro sono morte avvelenate dalle radiazioni, ma noi oggi grazie proprio a quelle ragazze possiamo parlare di ‘malattie professionali’.

Nel giugno del 1928, dopo un lunghissimo anno di battaglie legali, le cinque ragazze del radio che avevano intentato causa contro il colosso americano della ‘US Radium Corporation’, grazie a Raymond Berry l’unico avvocato che aveva deciso di sposare la loro causa, ottennero un risarcimento di 10mila dollari (equivalenti a circa 140mila dollari di oggi), una rendita vitalizia di 600 dollari all’anno (pari a 8mila dollari di oggi) fino al giorno della morte (che arrivò molto presto) oltre al pagamento di tutte le spese mediche e legali. Inoltre da quel momento furono introdotti il concetto di ‘malattia professionale’ e il principio per cui tali malattie devono essere risarcibili. Ma il prezzo da pagare fu altissimo.

Tutto cominciò nel 1917 quando un gruppo di imprenditori americani creò a Orange nel New Jersey la ‘U.S. Radium Corporation’, uno stabilimento che produceva la Undark, una vernice luminescente al buio realizzata con colla, polvere di radio e acqua. Un prodotto innovativo che venne immediatamente impiegato dalla nascente industria aeronautica (erano gli anni del primo conflitto mondiale) per le strumentazioni degli aerei che dovevano essere osservate al buio (come gli altimetri e gli orologi da polso). Il successo fu tale che la ‘U.S. Radium Corporation’ iniziò ad usare la Undark anche su prodotti non militari come numeri civici, mirini delle pistole, placche degli interruttori della luce e occhi luminosi per bambole.

Per questo lavoro erano necessarie mani piccole e precise, e per questo l’azienda aveva assunto settanta ragazze che dovevano dipingere con un pennellino i numeri e le lancette degli orologi utilizzando la vernice al radio. Un pennellino che dovevano bagnare con la propria saliva per affilarne la punta e renderlo preciso. Durante la formazione delle lavoratrici, però, i capi dell’azienda avevano omesso un dettaglio non di poco conto: il radio era un elemento chimico radioattivo. E la cosa più inquietante è che i vertici della ‘U.S. Radium Corporation’ erano al corrente della sua pericolosità. Lo conferma il fatto che i chimici che lavoravano nell’impianto di Orange utilizzavano schermi di piombo, maschere e tenaglie quando venivano in contatto con il radio.

Non solo: fin dal 1906 circolavano articoli a firma di Marie Curie che evidenziavano la pericolosità di una prolungata esposizione a questo elemento. Tuttavia, alle lavoratrici era stato detto in tono rassicurante che il radio contenuto nella Undark era in “quantità così piccole da essere assolutamente innocuo”. E così quelle giovani donne, ignare del pericolo, assorbivano il radio non soltanto leccando le punte dei pennelli respirandolo in un ambiente lavorativo tutt’altro che salubre (le postazioni e gli indumenti brillavano al buio), ma anche perché spesso usavano la vernice luminescente per dipingere le unghie e i denti e per truccare le labbra così da stupire fidanzati e mariti al buio. Per questo motivo furono chiamate anche ‘ragazze fantasma’, proprio perché brillavano al buio.

Nel 1922 accadde qualcosa. Grace Fryer, una cassiera di banca che aveva lavorato a contatto con la vernice luminescente, iniziò ad avere seri problemi di salute: senza un motivo apparente cominciarono a caderle i denti e poco dopo la sua mascella si infiammò e si gonfiò. Utilizzando un primitivo macchinario a raggi X, un medico scoprì che la sua mandibola era tarlata, ovvero piena di piccoli fori. Le sue ossa si stavano deteriorando. Subito dopo Grace, emersero moltissimi casi simili al suo fra le donne di Orange. Tutte erano state (o lo erano ancora) impiegate presso la ‘U.S. Radium Corporation’. Cominciarono a morire.

La prima, nel settembre del 1922 fu l’italo-americana Amelia (Mollie) Maggia di soli 24 anni: la sua mandibola si era letteralmente sbriciolata. L’azienda di Orange cercò di correre ai ripari producendo una serie di documenti falsi sulle condizioni di salute delle lavoratrici: la stessa Fryer si era rivolta al suo ex datore di lavoro per ottenere un rimborso per le spese mediche, ma senza riuscirvi perché i consulenti della ‘U.S. Radium’ che l’avevano visitata l’avevano dichiarata sana, mentre la causa di decesso per le lavoratrici che passavano a miglior vita veniva attribuita (falsamente e con conseguente infangamento della reputazione) a malattie come la sifilide. Soltanto nel 1925, dopo il primo decesso maschile in fabbrica un medico indipendente, tale Harrison Martland, dimostrò sperimentalmente il nesso fra le morti e l’esposizione al radio.

A quel punto alla giovane Grace non rimaneva molta da vivere, me decise di spendere gli ultimi mesi che le restavano per fare giustizia. Insieme ad altre quattro ex colleghe (Edna Hussman, Katherine Schaub, Quinta McDonald e Albina Larice) decise di fare causa alla ‘U.S. Radium’. Le cinque giovani, però, impiegarono ben due anni prima di trovare un avvocato che avesse il coraggio di sfidare il colosso di Orange che, tra l’altro, era ammanicato con il Ministero della Difesa: era Raymond Berry, un giovane avvocato appena uscito da Harvard. Era il 1927 quando iniziò (finalmente) il processo e quelle che furono ribattezzate ‘Radium Girls’ stavano talmente male da non riuscire neppure ad alzare il braccio per il giuramento in tribunale. Ma andarono avanti e il loro caso ebbe un’ampia eco mediatica.

Il processo andò per le lunghe. La svolta, però, arrivò nell’estate del 1928. L’opinione pubblica si era indignata per i ritardi. Sotto accusa era finito soprattutto il giudice che aveva rinviato il caso a dopo l’estate per non disturbare le vacanze di diversi testimoni della ‘U.S. Radium’. Walter Lippmann, direttore del ‘New York World’, definì la decisione “condannabile parodia della giustizia”, “un procedimento senza cuore (…), disumano, ingiusto e crudele”. Punto sul vivo, il giudice anticipò l’udienza a giugno. Ma poco tempo prima era morto (per un’anemia causata dalla vernice al radio) il dottor von Shochocky, l’inventore della pittura Undark, che tra l’altro aveva testimoniato al processo di aver sempre saputo della pericolosità della pittura luminescente, ma di aver consapevolmente taciuto. Non solo. Era stato riesumato il cadavere di Amelia Maggia e le analisi rivelarono che le sue ossa erano radioattive. Così i vertici dell’azienda di Orange decisero di patteggiare e offrirono alle ‘ragazze fantasma’ un risarcimento.

Il processo delle Radium Girls innescò un effetto domino di portata gigantesca: dopo di loro e fino al 1939 furono sollevati numerosi altri contenziosi da parte degli operai che maneggiavano radio. E vinsero. Perché grazie a Grace Fryer, Edna Hussman, Katherine Schaub, Quinta McDonald e Albina Larice adesso c’erano le ‘malattie professionali’.

Le ‘Radium Girls’, invece, morirono poco dopo il processo. L’ultima si spense nel 1930. Poco dopo la ricerca medica confermò che il radio, comportandosi come il calcio, si concentra nelle ossa e nei denti provocandone il decadimento (e causa varie forme di sarcomi). Tuttavia il radio continuò ad essere usato per illuminare gli orologi fino a circa il 1968, ma in condizioni decisamente più sicure.

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