La storia di Erzsi d’Asburgo, l’arciduchessa rossa, venuta al mondo tra fasti e clamori, che volle dissolversi nell’oblio

by Michela Conoscitore

Cara Stefania,

adesso sei liberata dal fastidio della mia presenza. Sii felice a modo tuo, abbi cura della povera piccola. Lei è tutto quello che resta di me…

Rodolfo d’Asburgo alla moglie Stefania del Belgio

Nel casino di caccia imperiale a Mayerling si stava per consumare una tragedia. I due protagonisti si concessero appena il tempo di scrivere alcune lettere ai famigliari, per provare a spiegare quel che avrebbero attuato di lì a poco. Era il 30 gennaio del 1889, lo zoppicante impero austro-ungarico, nonostante tutto, reggeva ancora e rimaneva un avversario temibile per le altre potenze europee.

L’imperatore Francesco Giuseppe, caparbio e conservatore, aveva fatto e faceva del suo meglio per conservare intatto il dominio ricevuto dagli antenati, ma il destino lo avversò sempre. Salito al trono appena diciottenne, l’amore con Elisabetta di Baviera aveva monopolizzato la sua vita in gioventù. Per la sua Sissi nutriva una venerazione che, tuttavia, non aveva mai saputo valicare l’animo tormentato dell’imperatrice. Il loro non era stato un matrimonio felice, funestato anche dalla perdita lacerante della primogenita Sofia. In seguito, nacque Rodolfo, il principe ereditario: con la successione assicurata, l’impero sembrava al sicuro. Non sarà così.

Da Sissi, Rodolfo pare abbia ereditato proprio l’inquietudine che l’avrebbe accompagnato per tutta la sua esistenza, ulteriormente fomentata dall’ambiente oppressivo della corte austriaca. Dal matrimonio di Rodolfo con la principessa Stefania del Belgio nacque un’unica figlia, Elisabetta detta Erzsi, diminutivo del suo nome in ungherese. Negli otto anni di matrimonio, la coppia riuscì a concepire una sola volta, questo perché molto probabilmente Rodolfo contrasse da una delle sue amanti una malattia venerea che trasmise anche a Stefania, rendendo così entrambe sterili. “Lei è tutto quello che resta di me…”, scrisse Rodolfo alla moglie mentre il corpo della baronessa Maria Vetsera, ultima delle amanti del principe, giaceva ancora caldo nel letto della loro camera a Mayerling, in attesa di un altro sparo che concludesse il proposito della coppia. Tutt’oggi, non sono ancora chiare le dinamiche di quel che successe nel casino di caccia imperiale, alcuni hanno ricordato le tendenze suicide di Rodolfo, coltivate fin da giovane età, altri hanno parlato di complotti orditi da Francia e Germania, ai danni dell’imperatore Francesco Giuseppe. Sta di fatto che l’Austria rimase senza principe ereditario, il matrimonio della coppia regnante si danneggiò definitivamente ed Erzsi rimase senza un padre, peraltro tenerissimo con lei.

Erzsi era figlia della tragedia di Mayerling, del senso di colpa profondo nutrito dal nonno imperatore, dell’anaffettività di Sissi, del rapporto burrascoso con la madre Stefania. Appena dopo Mayerling, Stefania del Belgio cominciò ad essere mal tollerata a corte, da vedova era interamente a carico dell’impero. Di Erzsi, invece, divenne tutore lo stesso Francesco Giuseppe che per colmare la mancanza del padre Rodolfo, la viziò enormemente. L’imperatrice, invece, non si curò mai molto della nipote, odiava essere chiamata nonna e le concedeva qualche attenzione soltanto per far piacere al marito. Come lascito testamentario, all’indomani dell’attentato in cui rimase vittima a Ginevra, Sissi la nominò insieme alle figlie Gisella e Maria Valeria, sua unica erede. Ciò, tuttavia, rimane pur sempre un atto dovuto e non propriamente di affetto.

La madre si risposò, abbandonando la corte asburgica e il titolo di principessa ereditaria. Erzsi ruppe ogni rapporto con lei, poiché visse quella nuova unione come un tradimento alla memoria del padre. Francesco Giuseppe, rimasto anch’egli vedovo dell’adorata Sissi, riversò maggiormente tutto il suo affetto sulla nipote, la più bella, dotata di un carattere volitivo e ribelle, in aperto contrasto con i dogmi imperiali. Molti definirono Erzsi come capricciosa, non si hanno notizie in merito che lo accertino, sicuramente era una privilegiata, sta di fatto che convinse il nonno a ‘comprarle’ un marito. Ad un ballo di corte, la giovane conobbe il principe Otto zu Windisch-Graetz, ufficiale di cavalleria dell’esercito austriaco, trentenne e appartenente all’aristocrazia minore dell’impero. Sposare Erzsi non rientrava affatto nelle sue possibilità, e infatti il principe non accarezzava nemmeno l’idea. Già fidanzato con un’altra giovane, quando fu convocato dall’imperatore in persona, Otto non sapeva davvero cosa aspettarsi. Francesco Giuseppe gli impose di chiudere il fidanzamento in corso e sposare la nipote Erzsi, arciduchessa d’Austria. Cos’altro avrebbe potuto fare il principe Windisch-Graetz, se non accettare?

Le nozze furono celebrate nel gennaio del 1902, e i primi anni del matrimonio furono allietati dalla nascita di due figli maschi. Eppure la felicità durò poco, ben presto entrambi i coniugi furono coinvolti in liaison clandestine, e una di queste terminò nel sangue. Erzsi era gelosissima di Otto, a Vienna il principe era costantemente controllato e quando intrecciò una relazione con la cantante Marie Ziegler, Erzsi piombò nel rifugio dei due amanti e sparò alla donna. I più affermarono che la cantante rimase uccisa, altri supportarono la tesi del ferimento ma, ovviamente, tutto fu messo a tacere. Dopo la relazione con l’ufficiale di Marina, Egon Lerch, Erzsi decise di divorziare da Otto. Pochi anni prima era nata la loro ultima figlia, Stefania. L’arciduchessa si rivolse al nonno imperatore per rompere il matrimonio ma egli, solo per quella volta, le negò il suo supporto. Erzsi e Otto dovranno aspettare il 1948 per ottenere la separazione definitiva, in mezzo un’accanita battaglia legale per l’affidamento dei figli, dapprima divisi tra i due genitori, e in seguito affidati tutti ad Erzsi.

Con loro non riuscì ad instaurare dei legami profondi, d’altronde in famiglia Erzsi non poteva vantare di aver avuto dei modelli parentali esemplari. Quando si sposò con Leopold Petznek, membro del parlamento e attivista socialista, si appassionò alla causa partecipando attivamente a marce e riunioni di protesta. Erzsi si guadagnò l’appellativo di ‘arciduchessa rossa’, e decise di improntare tutta la sua vita ai dettami socialisti, partendo proprio dai figli che avviò a carriere lavorative modeste come operai e benzinai. La più piccola dei suoi figli, Stefania, si allontanò dalla madre e sposò il conte Pierre d’Alcantara de Querrieu solo perché non piaceva ad Erzsi.

Anni prima, la nipote di Sissi aveva deciso di vendere il castello di Schoenau, dono di nozze di Francesco Giuseppe, per acquistare una villa a Huetteldorf, dove visse sola fino alla fine dei suoi giorni, dopo la morte del marito Leopold. Unica compagnia, i suoi due pastori tedeschi, i soli che durante la vecchiaia le regalarono felicità, vincendo numerose gare canine.

L’arciduchessa rossa morì nel 1963, ad Huetteldorf. La sua eredità ammontava a più di un milione di euro e fu divisa tra gli eredi, mentre i beni materiali decise di lasciarli all’Austria e oggi sono custoditi al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Per i due cani impose l’eutanasia, li voleva con sè anche nell’aldilà, e chiese di essere sepolta in una tomba senza nome. Venuta al mondo tra fasti e clamori, Erzsi volle dissolversi nell’oblio.

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