La Suite Française di Irène Némirovsky, l’epopea rimasta in valigia per sessantadue anni che racconta la Francia dell’occupazione nazista

by Daniela Tonti

«Si sdraiarono l’uno accanto all’altra, separati nelle loro speranze, dai loro rimpianti, dai loro sogni, ma uniti dal calore dei corpi, dal dolce torpore del sonno, due nello spirito, ma già una carne sola »

Dio, Irène Némirovsky

«Non ci riguarda, non è colpa nostra. Nel cuore di ogni uomo e di ogni donna esiste una sorta di Eden dove non ci sono né morte né guerre, dove bestie feroci e cerbiatti giocano pacificamente insieme. Dobbiamo solo ritrovare quel Paradiso, chiudere gli occhi davanti a tutto il resto. Siamo un uomo e una donna. E ci amiamo. »

Suite Francese, Irène Némirovsky

Prima che Denise Epstein iniziasse la sua fuga in giro per la Francia confidando nel buon cuore di amici e conoscenti nel tentativo di salvarsi dalla furia nazista e dalla sorte toccata ai suoi genitori, entrambi deportati ad Auschwitz, suo padre le affidò due cose di estrema importanza: una valigia piena di appunti di sua madre, la grande scrittrice Irène Némirovsky e la sua sorellina.

Denise non si separò mai dalla valigia ma non ebbe mai nemmeno il coraggio di leggere gli appunti che conteneva. Alla fine degli anni ’80 decise di cederli agli archivi letterari francesi, ma prima di consegnarli aprì la vecchia valigia che conteneva Suite Française (Suite francese), spesso paragonato alle opere di Cechov e Dostoevskij divenuto in seguito bestseller in tutto il mondo. 

Sessantadue anni dopo la sua stesura, Suite Française (Suite francese), l’epopea di Irène Némirovsky che racconta la Francia nei primi anni dell’occupazione tedesca,  ha ricevuto il prestigioso Prix Renaudot (precedentemente assegnato solo ad autori viventi e secondo per importanza al Prix Goncourt), riaccendendo i riflettori su questa scrittrice di straordinario talento e sulla tragedia di una carriera interrotta dall’Olocausto. 

La storia della vita di Irène Némirovsky è complessa e straziante come tutti i suoi numerosi romanzi.

Irene Nemirovsky è nata a Kiev nel 1903, ebrea ucraina, unica figlia di un uomo d’affari di successo e madre estremamente narcisista e anaffettiva, terrorizzata dalla bellezza della figlia. 

Sin da bambina trascorreva lunghe vacanze in Francia dove imparò benissimo il francese. Nel gennaio 1918, la famiglia Nemirovsky, temendo ulteriori conseguenze della rivoluzione bolscevica fuggì dal suo paese d’origine ed emigrò prima in Finlandia, poi in Francia. Fu in questo periodo che “per noia, più pura e totalizzante che a Kiev o a Pietroburgo, iniziò a raccontare storie, ‘storie di ogni genere, che mi davano grande piacere e alle quali tornavo giorno dopo giorno”.

Irène ottenne una  patente de lettres  alla Sorbona e nel 1926 pubblicò il suo primo romanzo,  Le Malentendu . Nello stesso anno sposò Michel Epstein, un emigrato russo e banchiere dal quale ebbe due figlie: Denise ed Elisabeth.

Durante gli anni ‘30 pubblicò altri due romanzi di successo che divennero rapidamente due film:  David Golder  nel 1929 (interpretato da Harry Baur nel primo film sonoro di Julien Duvivier su un infelice patriarca e uomo d’affari ebreo) e Le Bal  nel 1930 (adattato al cinema nel 1931, con Danielle Darrieux al suo debutto sul grande schermo nei panni di una giovane donna che disprezza l’avidità dei nuovi ricchi). 

Mentre il primo romanzo offre un profondo ritratto di un’intera epoca, il secondo descrive in dettaglio una relazione intima e complessa tra una madre e sua figlia.  Oltre a una dozzina di romanzi, scrisse una biografia completa di Cechov che fu pubblicata postuma nel 1946, consolidando una reputazione che era già molto forte al momento del suo arresto.

Dopo che la Francia dichiarò guerra alla Germania nel settembre 1939, Irène fece battezzare frettolosamente le sue due figlie nella chiesa cattolica e tentò di metterle in salvo nel villaggio di Issy-l’Évêque, dove viveva la madre della loro tata. 

Quando la Germania invase e conquistò la Francia nel giugno 1940, Irène, fino a quel momento convinta che nessuno l’avrebbe perseguitata, si scoprì sola e disperata: aveva perso il sostegno dei suoi editori e dei suoi amici, fu costretta a indossare una stella gialla e in quanto ebrea di origini straniere perse il diritto al lavoro.

Decise di unirsi alle sue figlie e fu a Issy-l’Évêque che iniziò a delineare il suo romanzo epico in cinque parti, ispirato a  Guerra e pace che preannunciava la fine che sarebbe arrivata di lì a poco. Delle cinque sezioni previste, solo le prime due sono state completate: una riguarda la fuga degli ebrei da Parigi durante il grande esodo del 1940 e l’altra il primo periodo di occupazione tedesca. 

La mattina del 13 luglio, a seguito di una denuncia anonima, due soldati del governo di Vichy si recarono a Issy-l’Évêque per arrestare Irène e portarla alla gendarmeria di Toulon-sur-Arroux, in attesa di essere trasferita altrove. Allarmato dalla situazione, il marito subito si adoperò per salvarla e inviò un telegramma all’editore Robert Esménard.

Irène giunse al campo di smistamento di Phitiviers il 15 luglio, e il 16 venne ufficialmente iscritta nel registro per la deportazione sotto la dicitura “Epstein Irène Némirovsky, donna di lettere”. Consapevole forse del triste destino a cui stava andando incontro, riuscì a spedire al marito un’ultima lettera.

«Giovedì mattina. Mio caro amato, mie piccole adorate, credo che partiremo oggi. Coraggio e speranza. Siete nel mio cuore, miei amati. Che Dio ci aiuti tutti».

Il 17 luglio, Irène partì dalla Francia alle 6.15 sul convoglio numero 6, che trasportava 809 uomini e 119 donne, si trattava di uno dei primi convogli che partirono dalla Francia subito dopo il terribile rastrellamento del Vel d’Hiv. Stando ai documenti di Auschwitz, di quelle 938 anime ne sopravvissero solo 18. Morì di tifo all’età di trentanove anni.

Completamente all’oscuro delle sorti della moglie, Michel non si arrese e perseverò nell’invio di telegrammi e lettere, ma, contemporaneamente, maturò la consapevolezza che anche lui poteva essere arrestato da un momento all’altro, perciò l’8 ottobre delegò la patria podestà di Denise ed Elisabeth a Julie Dumot, la governante assunta nel giugno di quell’anno. Il giorno seguente fu prelevato da alcuni gendarmi per essere deportato e, poco prima di abbandonare per sempre le figlie consegnò loro una valigia. Michel partì per Auschwitz e vi arrivò il 6 novembre, venendo subito mandato alla camera a gas, insieme a tutti gli altri passeggeri del convoglio.

La tredicenne Denise e la cinquenne Elisabeth devono la loro vita a uno dei gendarmi francesi che vennero ad arrestare il padre, il soldato disse loro di correre a casa, prendere quello che potevano e sparire. 

Le bambine presero una valigia contenente manoscritti dalla calligrafia minuscola, alcuni vestiti, fotografie, diari – “Non sapevo cosa fosse, ma sapevo che era prezioso per mia madre“, disse Denise. 

Le ragazze riuscirono a sopravvivere nascondendosi grazie all’aiuto di un insegnante, di alcuni amici e della fidata governante e passarono mesi tra conventi e rifugi di fortuna, fino alla fine della guerra quando appresero che entrambi i genitori erano morti.  Denise ed Elisabeth ricevettero la protezione dell’ex editore della madre, che istituì un fondo per aiutarle economicamente e mantenerle negli studi.

Con l’improvvisa scomparsa della sua autrice, del manoscritto di Suite francese non si ebbe più alcuna notizia per oltre cinquant’anni, e a nulla valsero i tentativi dell’editore di ritrovare l’opera di cui Irène gli aveva tanto parlato.

Nel 1992 la figlia minore pubblicò una biografia della madre intitolata  Le Mirador per cui utilizzò alcune delle lettere trovate nella valigia. 

Il manoscritto Suite Francese restò per decenni chiuso nella valigia.

Le due figlie erano convinte si trattasse di un diario di memorie e Denise ripose i testi in un cassetto, trovando troppo doloroso leggere le ultime parole di sua madre. Gli appunti di Irène infatti erano scritti in caratteri minuscoli per non consumare la carta e le parole dovevano essere decifrate con una lente di ingrandimento.

Negli anni 70 Denise iniziò a temere che il caratteristico inchiostro blu utilizzato dalla madre stesse sbiadendo e decise di tirare gli appunti fuori dalla valigia. Ma i ricordi erano troppi dolorosi e non riuscì ad aprirlo per i successivi vent’anni. Nel 1990 scelse di donare tutti gli scritti della madre all’Institut Mémoires de l’Éditions Contemporaine, ma prima di separarsene, vinse l’emozione e trovò il coraggio di conoscere le ultime pagine scritte da Irène. Con sua grande sorpresa, il quaderno si rivelò essere la versione scritta a mano di un romanzo e, servendosi di una lente d’ingrandimento, trascorse due anni e mezzo a trascriverne i piccolissimi caratteri.

Il 30 settembre 2004, infine, uscì Suite francese, che divenne presto un bestseller, tradotto in 38 lingue e, nel 2014, ebbe un’omonima trasposizione cinematografica.

I diritti di traduzione sono stati aggiudicati da diciotto paesi e il libro – un racconto sentimentale ambientato in un villaggio francese sotto l’occupazione tedesca – è stato salutato come un capolavoro, un classico moderno che combina l’autenticità dell’esperienza vissuta e del contesto storico con una storia immaginaria raccontata con profonda sensibilità.

Alcuni critici lo considerano la più importante opera descrittiva di quel periodo storico dai diari di Anna Frank. Il libro racconta un momento molto doloroso della storia contemporanea francese e evoca in modo potente un periodo che è stato esplorato solo di recente.

Poteva guardare dentro l’anima umana e fare musica con le sue parole. Ma è solo ora che posso guardarlo come un lettore piuttosto che come la figlia di mia madre“.

Elisabeth morì il 30 settembre 1996 e Denise il 1° aprile 2013.

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