La vita breve, intensa e ribelle di Katherine Mansfield, la folgorante maestra dell’ultima frase

by Caterina Del Grande

Il mio desiderio più profondo è essere una scrittrice, aver creato un corpus di opere.

Era più interessata ai personaggi e ai loro caratteri che alla trama. Nelle sue storie brevi esplorava la loro sensibilità, lasciandosi ispirare dalle loro azioni. È ritenuta la maestra dell’ultima frase. Della chiosa, dell’ultima immagine fatidica che chiude un racconto folgorante.

La sua di storia finì davvero troppo presto.

Katherine Mansfield morì a soli 34 anni il 9 gennaio del 1923, un secolo fa, stroncata dalla tisi. La sua vita fu breve e ribelle.

A 100 anni dalla sua morte sono tante le ricostruzioni e le biografie dedicate ad una delle più talentuose scrittrici di short story del Novecento, contemporanea di James Joyce, Virginia Woolf di cui era amica e rivale e di D H Lawrence. Giocò un ruolo determinante nel modernismo letterario sperimentando stili, soggetti e ridefinendo i generi, non solo con le short stories, ma anche con le lettere, le recensioni, gli articoli di giornale.

Sono ben due i volumi su di lei in libreria, il primo a cura di Nadia Fusini (La figlia del sole. Vita ardente di Katherine Mansfield) e il secondo di Sara De Simone (Nessuna come lei).

Nata nel 1888 a Wellington, in Nuova Zelanda, era la terza figlia di un ricco uomo d’affari e banchiere. Visse una infanzia agiata, quando nel 1903 arrivò a Londra per frequentare il Queen College, una scuola femminile, era intrisa di valori liberali e scriveva già storie per il magazine della scuola.

Assaggiò la metropoli, ma alla fine degli studi tornò in Nuova Zelanda, per poi rientrare in Europa poco più tardi dove incontra Anthon Cechov da cui trae ispirazione e a cui viene collegata e spesso comparata.

La sua vita diventò subito caotica, rimase incinta di un giovane musicista Garnet Trowell, ma sposa un insegnante, che lascia immediatamente dopo.

Fra un’avventura e l’altra, anche con donne- sarà sempre legata all’ex compagna di scuola Ida Baker, che la idolatrava- scrive il suo primo libro di racconti, In una pensione tedesca.

Si innamora ardentemente di un letterato ed editore di Oxford John Middleton Murry che sposa. Le lettere che gli scrive sono piene di una passione apollinea.

La scorsa notte, c’è stato un momento prima che tu venissi a letto. Eri in piedi, completamente nudo, un po’ proteso in avanti, e parlavi. È stato solo un istante. Ti ho visto – ti ho amato così tanto, ho amato il tuo corpo con una tale tenerezza. Oh, mio caro! E non sto pensando alla “passione”. No, a quell’altra cosa che mi fa sentire che ogni centimetro di te è così prezioso per me – le tue soffici spalle – la tua pelle calda e cremosa, le tue orecchie fredde come sono fredde le conchiglie – le tue gambe lunghe e i tuoi piedi che amo serrare con i miei piedi – la sensazione della tua pancia – e la tua magra giovane schiena.

A Parigi, comincia a scrivere una storia che diviene il noto Preludio, uno studio sulla vita familiare nel post colonialismo della Nuova Zelanda, che nella versione finale sarà la prima pubblicazione della casa editrice di Leonard e Virginia Woolf, la Hogarth Press nel 1918.

Tra Mansfield e Virginia Woolf nasce una strana amicizia. Sono diversissime eppure molto legate. Katherine è divertente, vitale, brucia di vitalità. All’inizio affascina il circolo di Bloomsbury, ma poi comincia ad attirare critiche. Da esotica straniera era trattata con snobismo borghese. Troppo eccentrica e libera nei costumi, non incasellata nello schema binario dei generi. Era proprio questo ad attirare Virginia, che le riconosceva immenso talento.

Anni dopo quando avrà il coraggio di vivere il suo amore per Vita Sackeville-West scrisse: «Credo che la sua acutezza e il suo modo di stare dentro la realtà- il fatto che se ne fosse andata in giro con le prostitute e così via, mentre io ero sempre stata rispettabile- fosse la cosa di cui avevo bisogno in quegli anni».

Prima che Preludio sia pubblicato, a Mansfielnd viene diagnosticata la tubercolosi. Macchie scure coprono il suo polmone.

Negli ultimi anni della sua intensa e giovane vita cerca rifugio a Fontainebleau all’Istituto per lo Sviluppo armonioso della mente creato da Georges Ivanovic Gurdjieff, filosofo e mistico armeno. Cercava forza interiore, nella mistica.

Nell’ultima pagina del suo diario, nell’ultima immagine della sua scrittura annota: «Sono stanca della battaglia. Nessuno sa quanto stanca. Ma…solo essendo grata che il lavoro non mia sia tolto, guarirò. Sono debole quando devo essere forte».

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