L’empatia e la sorellanza di Plautilla Nelli, l’artista priora che «in luogo di Cristi faceva Criste»

by Michela Conoscitore

A Firenze, l’incrocio tra due strade viene denominato ‘canto’, dal greco kanthos. A questi angoli, punti cruciali della vita cittadina, spesso vi si trovavano botteghe, rinomate spezierie, conventi o logge. Uno di questi, il canto de Nelli, nei pressi della basilica di San Lorenzo, è intitolato ad una delle famiglie di commercianti di tessuti più in vista della città. La casa di famiglia dei Nelli sorgeva dove, attualmente, si staglia imponente la Sagrestia Nuova di Michelangelo Buonarroti, che protegge le sepolture della famiglia Medici. Pochi sanno che proprio nella famiglia Nelli venne al mondo la prima artista donna di Firenze, suor Plautilla.

Plautilla, al secolo Polissena, godette di enorme successo e riconoscimento per poi precipitare nel più completo anonimato fino alla sua riscoperta, nell’Ottocento, grazie ad una delle opere della sua maturità, L’Ultima Cena, custodita nel convento di Santa Maria Novella. Originariamente, l’enorme dipinto era situato nell’antico convento di Santa Caterina in Cafaggio, poi soppresso, che orbitava intorno al convento domenicano di San Marco. L’Ultima Cena di Plautilla è, a conoscenza storica, la tela più grande dipinta da una donna: lunga sette metri, popolata da tredici figure ritratte a grandezza naturale, il recente restauro ha messo in evidenza la straordinaria abilità della pittrice che, nella stesura, non si è servita di particolari disegni preparatori ma, con pennellate decise, ha proceduto alla creazione di una delle opere più belle del tardo Rinascimento fiorentino.

Chi era suor Plautilla? Innanzitutto era una donna, per tutto quel che comporta esserlo nell’epoca in cui visse. Quindi, sottoposta al volere maschile e privata di qualsivoglia libertà di scelta. Il padre, Piero di Luca Nelli, dopo la morte della moglie, si risposò una seconda volta e decise di mandare le due figlie del primo matrimonio, Polissena e Costanza, in convento. Ciò perché non poteva assicurare loro una dote, visto che le sue ricchezze si sarebbero da quel momento concentrate sul benessere della seconda moglie, e dei figli che gli avrebbe dato. Potrebbe sembrare un triste destino quello delle sorelle Nelli, ma non è così. La reclusione in un convento, in realtà, per molte donne era l’occasione di ottenere pieno potere sulle proprie vite. Nel passaggio dalla potestà paterna a quella divina, Polissena e Costanza ebbero la possibilità di esprimersi in un’ambiente particolarmente favorevole, potenziato anche dal modus vivendi di fra Girolamo Savonarola. Il frate riformista, a quei tempi, si trovava proprio a San Marco, e a lui le due donne si ispirarono in quelle che si sarebbero rivelate le loro attitudini, l’arte e le lettere.

Polissena Nelli, nata nel 1524, entrò nel convento di santa Caterina a quattordici anni; non fu una scelta casuale quella del padre, poichè lì le giovani di buona famiglia potevano coltivare le proprie inclinazioni. Di ciò ser Piero ne aveva tenuto conto, pensando all’estro artistico di Polissena e all’abilità letteraria di Costanza. Le due sorelle, divenute suor Plautilla e suor Petronilla, non rimpiansero mai la vita mondana, trovando in convento una declinazione diversa di libertà, l’unica forse possibile per una donna nel Cinquecento.

Quel che sorprende di Plautilla è la particolare maestria sviluppata da autodidatta, basandosi sull’osservazione dei grandi maestri coevi e sui confratelli domenicani che trasformavano i conventi in dei veri e propri cenacoli artistici. Basti ricordare il Beato Angelico, e anche fra Bartolomeo, mentore ideale di suor Plautilla. L’artista divenne per ben tre volte priora del convento, e qui diede vita ad un sistema di sussistenza, indipendente da elargizioni e offerte esterne, basato proprio sulla produzione artistica: dietro sue direttive, a santa Caterina nacque un collettivo femminile di donne che producevano per le nobili famiglie fiorentine dipinti devozionali. I guadagni contribuirono a rendere il convento un’entità autonoma sul territorio, dove le suore oltre che religiose erano anche delle professioniste dell’arte.

È tradizione che Suor Plautilla, volendo studiare il nudo per la figura del Cristo, si giovasse di quello di una monaca defunta, e le altre suore celiando fossero solite dire, che la Nelli in luogo di Cristi faceva Criste.

  • Vincenzo Fortunato Marchese, Memorie dei più insigni pittori, scultori e architetti domenicani

In quanto donna e religiosa, a Plautilla era proibito studiare anatomia. Il corpo maschile per lei rimase sempre un mistero, e questa lacuna poteva apparire ai cultori dell’arte come un ostacolo invalicabile per un’artista che doveva dipingere il vero. Eppure, Plautilla non si perse d’animo e ovviò con una presenza massiva del femminile, ne è un esempio la sua Pentecoste di Perugia, dove con gli apostoli, raffigurò tante donne. Inoltre, per la Pietà, il corpo del Cristo è ispirato ad uno studio anatomico dal vero sulle spoglie di una consorella. Oltre i tecnicismi, Plautilla introdusse nel proprio linguaggio artistico peculiarità tipiche dell’animo femminile, contraddistinte da un sentire diverso rispetto a quello degli uomini. Empatia e condivisione, una vera sorellanza nell’arte, quella che l’artista seppe costruire non solo con le proprie consorelle, anche con le artiste che nei secoli successivi avrebbero seguito il suo esempio. Una femminista ante litteram che dopo aver scoperto la libertà, volle tramandare il suo nome ai posteri firmando ogni opera con la formula ‘Plautilla, orate pro pictora’, affermando con forza se stessa e rivendicando la propria arte.


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