L’oscurità di Marguerite Duras, la scrittrice del dolore, dell’attesa e dell’abbandono

by Daniela Tonti

“Penso di aver sempre sofferto nella mia vita e quindi avevo terreno fertile e abbondante su cui scrivere”. 

Autrice, romanziera, regista, drammaturga, comunista, alcolizzata, con una storia letteraria unica e incredibile: per quarant’anni fu apprezzata solo da una piccola nicchia di intellettuali fino a che non fu travolta dalla popolarità mondiale quando uscì il best-seller L’Amante.

Marguerite Duras ha trascorso la vita in opposizione a forze fuori dal suo controllo trovando nella sovversione, nella contraddizione, nell’ambiguità la sua cifra stilistica e nella scrittura incendiaria la forma assoluta di resistenza, di sopravvivenza alle disgrazie che non l’hanno mai risparmiata.

Sono molti i dolori che ha sopportato Marguerite Duras. 

Gli amori sbilanciati, la miseria della sua infanzia in Indocina, la follia di sua madre, la rovina finanziaria, l’amore per un uomo più grande, un figlio perso alla nascita, la morte dell’amato fratello, un marito deportato nei campi di concentramento. L’accusa terribile con cui verrà espulsa dal partito. E la più grande battaglia della sua vita, che l’ha portata più volte in fin di vita: la lotta contro l’alcolismo.

La sua storia si dipana ovunque nella sua scrittura destrutturata, profonda, fatalista che esprime una grande sfiducia nel bene e nel male. Marguerite Duras è la scrittrice del dolore, dell’attesa, dell’abbandono. Per lei la scrittura è sia un sostituto della vita che un modo per interagire con il mondo stesso. “Nella mia vita sono più una scrittrice che una persona che vive”.

Marguerite Germaine Marie Donnadieu, questo il suo vero nome, è nata il 4 aprile del 1914 in un sobborgo di Saigon, da genitori francesi, entrambi insegnanti. 

La morte di suo padre, Henri Donnadieu, avvenuta a causa di una febbre malarica, ebbe conseguenze devastanti. Henri morì in Francia, a pochi chilometri da Duras che sarà il nome che Marguerite sceglierà per se stessa (citato anche nella Recherche di Proust).

Le difficoltà economiche e il peso della responsabilità di crescere da sola tre figli porteranno sua madre, Marie Legrand, a scelte avventate come investire tutti i risparmi in un terreno sperando di farne una risaia e diventare una ricca possidente.

Un tema, quello dell’impossibile battaglia contro la natura e della corruzione nelle colonie che verrà fuori nel suo romanzo del 1950, Una diga sul pacifico. Marie era ossessionata dai soldi e dal successo ma se nella realtà fu una donna che ostinatamente ricominciava dopo ogni fallimento e che alla fine riuscirà nel suo intento e acquisterà persino un castello in Francia, nel romanzo muore sconfitta.

In alcuni scritti, il disturbo di sua madre è la follia. In altri, la menopausa. O la rovina finanziaria. A volte, la follia è l’unica forza di sua madre. 

Sebbene Marguerite non avesse praticamente quasi conosciuto suo padre, la sua assenza, la sua mancanza sono temi ricorrenti in numerose opere della scrittrice. Che si uniscono a un altro indissolubile legame famigliare: l’amore per il suo fragile fratello Paulo. Trascorse l’infanzia a difenderlo dai soprusi fratello maggiore.

A 15 anni si innamorò di un uomo più grande di lei. Fu questa leggendaria storia d’amore ad ispirare due dei suoi capolavori, L’amante e L’amante della Cina del Nord.

La maggior parte della sua produzione narrativa prende spunto dai suoi primi anni di vita in Indocina; sembra intessere all’infinito i suoi ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza, la sensazione di non essere all’altezza, il bisogno di superare le barriere mentali e sociali, gli stereotipi in cui vengono incasellate le relazioni e i sentimenti e rompere gli schemi.

Si scontrerà sempre con la misoginia. Il suo talento venne definito dai critici troppo “virile”. Il sottotesto era che, essendo una donna, non aveva diritto alla sua oltraggiosa sicurezza. 

Dopo il diploma si trasferisce in Francia dove studia diritto, matematica e scienze politiche e trova un impiego al Ministero delle Colonie grazie al quale si inserisce in un gruppo di intellettuali e matura una coscienza politica.

Qui conosce il suo primo marito, Robert Antelme. Nel gruppo c’è Dionys Mascolo che diventa il suo amante in un menage a trois vissuto senza nascondersi. Questo modo di vivere non piace al partito e i tre verranno espulsi. Nelle motivazioni dell’espulsione dei due uomini le ragioni sono di natura intellettuale e vertono genericamente sulla polemica intorno ad Andrè Gide.

La motivazione dell’espulsione di Marguerite è terribile. Viene accusata di costumi troppo liberi e di essere una ninfomane. Non lo supererà mai.

Il 1942 è un anno nero per lei, muoiono il suo primo figlio e l’amatissimo fratello Paulo. Assieme al suo primo figlio, “perse per sempre anche Dio”.

Si unì alla Resistenza e al Partito Comunista Francese. Nel 1943 Robert Antelme viene arrestato e deportato a Buchenwald e Dachau, da dove tornò in condizioni disperate.

E’ di questo periodo Il dolore La Douleur, una raccolta di sei racconti da lei scritti durante e poco dopo il periodo dell’occupazione tedesca e più volte rimaneggiati.

Nelle prime bozze trasmette con forza il caos dell’attesa. “So tutto quello che puoi sapere quando non sai nulla”. 

Il dolore è una delle cose più importanti della mia vita”, annuncia Marguerite Duras in apertura.

L’attesa è una lotta senza nome sulla quale si innesca il dolore che assedia ogni cosa. Vissuto inizialmente sotto i sintomi di intensa stanchezza, insonnia e inappetenza, diventa la febbre che dà origine a vertigini allucinatorie.

La donna, protagonista e narratrice, rivela allo stesso tempo il presagio della fine.

Quasi sempre l’amore nelle storie di Marguerite Duras sottende il racconto del raggiungimento di un fine già fissato, ineludibile, segnato dalla separazione, dalla scomparsa o dalla morte.

Quando il libro fu pubblicato seguirono feroci critiche. Era uno di quei romanzi che metteva in crisi l’identità nazionale e il racconto dell’Occupazione tra il 1940 e il 1944. “Lo specchio è in frantumi e i miti sono infranti”, scriveva Henry Rousso, riferendosi al mito della Resistenza diffuso dal generale De Gaulle dopo la Liberazione che sosteneva che la Francia aveva resistito ai nazisti quando in realtà la collaborazione era stata diffusa.

Una narrazione messa in crisi dalla la nuova generazione di storici, registi, e scrittori, pronti a “frantumare lo specchio” in cui il Paese cercava di affermare la sua storia e identità nazionale.

La doleur inizia nell’aprile del 1945 e racconta l’ultimo tortuoso mese della scrittrice aspettando suo marito, ribattezzato Robert L., prigioniero in un campo tedesco.

Antelme e Duras, oltre a Dionys Mascolo appartenevano tutti a un gruppo di Resistenza guidato dal futuro presidente della Francia François Mitterrand. Antelme, insieme a sua sorella Marie-Louise e altri due membri del gruppo fu arrestato nel giugno 1944 e fu mandato a Buchenwald e Dachau.

Nel 1945 la Francia era stata liberata dal dominio nazista ma la fine di tutti coloro che i nazisti avevano deportato rimase incerta, ed è questa incertezza, l’angoscia di non sapere, che viene resa magistralmente da Marguerite Duras nel suo diario dove spesso vacilla sul baratro della follia.

Robert verrà ritrovato da Mitterrand a Dachau in uno stato prossimo alla morte e trasportato a casa. Ma quell’uomo emaciato, dimagrito, che a stento sta in piedi non è più l’uomo di un tempo.

Tra gli anni 50 e gli anni 60 Marguerite si dedica soprattutto al cinema e al teatro. Nel 1960 firma la sceneggiatura di Hiroshima mon amour di Alain Resnais che apre la grande stagione della Nouvelle Vague. Marguerite diventa un’icona e decide di passare dietro la macchina da presa producendo opere indecifrabili che tentano di scavare nella psiche dell’animo umano. Nel 1973 India song la consacra nell’olimpo dei cinefili.

I suoi detrattori parleranno di cantilena Duras riferendosi alla sua scrittura particolare piena di silenzi, pause e risonanze interiori fino alla distruzione, in alcune opere, della trama. Spesso la associavano al movimento del nouveau roman (nuovo romanzo) ma lei negò per tutta la vita questa connessione. 

Nel 1984 tutto cambia. Esce L’amante che vinse il premio letterario più prestigioso di Francia, il Prix Goncourt. È questa l’opera che la trasforma da autrice incendiaria, sovversiva, a fenomeno commerciale. Una certa critica non glielo perdonerà mai.

Un romanzo sensuale e disperato, dichiaratamente autobiografico, su una relazione tra una ragazza francese di 15 anni e un uomo cinese di 27.  Un romanzo potente che indaga l’amore come metafora di vita: perdere, lottare, agitarsi invano e essere condannati a non conoscere mai la profondità dei sentimenti dell’altro.

Marguerite Duras soffriva di cirrosi in fase avanzata e aveva più volte tentato di disintossicarsi dall’alcol. Alcuni personaggi furono creati dalla sua mente in preda ad allucinazioni in piena regola provocati dal delirium tremens dovuto all’astinenza da alcol.

È sempre troppo tardi quando le persone dicono a qualcuno che beve troppo. Non sai mai di essere un alcolizzato. Nel cento per cento dei casi viene preso come un insulto”.

A seguito di una combinazione di tranquillanti e alcol, fu ricoverata in ospedale. Iniziò anche una relazione profonda ma sofferta con Yann Andrea, un giovane attore omosessuale. Nel 1988 fu nuovamente ricoverata in ospedale, e questa volta la sua debolezza generale – da alcolismo ed enfisema – la fece precipitare in coma dall’ottobre 1988 al giugno 1989. Miracolosamente sopravvisse.

Non possiamo spiegare l’oscurità, ovviamente, ma possiamo ancora definirla, lasciare all’oscurità la sua parte dovuta”.

Marguerite Duras è morta nel 1996 a Parigi.

Ha scritto 34 romanzi e diretto ben 16 film. Per India Song, del 1975, vinse il Gran Premio Accademico del Cinema francese. Nel 1984 le è stato conferito il Premio Goncourt francese.

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