L’utopia femminile di Christine de Pizan: la donna col libro e la zappa

by Gabriella Longo

Una città «belle, sanz pareille et de perpetuelle durée au monde» (bella, senza pari e perpetua), popolata solo da donne. Non parliamo di un famoso film di Federico Fellini degli anni ‘80, ma di una frase tratta da un manoscritto del 1404, La Cité des Dames, scritto da Christine de Pizan, la prima autrice della storia a sollevare la querelle contro la misoginia della sua epoca e della pressoché totale esclusione delle donne dalle lettere.

Nata a Venezia nel 1365 ma vissuta dall’età di cinque anni in Francia, Christine impara presto a recidere i legami patriarcali, trovatasi improvvisamente senza padre e nella fragile condizione di vedova, a gestire la madre e i tre figli. La sua naturale propensione allo studio rinvigorita dal fertile ambiente della corte di Carlo V presso cui il padre Matteo era impiegato come medico astrologo, la spingono, una volta trovatasi «in mezzo alla tempesta e senza capitano» (da Le livre de l’advision Christine), verso la scrittura. Dapprima come copista (essendo, quella dello scriba, una prestazione tutt’altro che di pregio e per questo facilmente consegnata anche alle donne), e poi come autrice – dopo un lungo cammino da autodidatta – la prima autrice colta che esercita la sua professione in città, lontana dalle mura di un convento.

Il suo laicismo e l’essere donna (una donna di lettere, una fils d’étude), fanno di Christine un occhio impietoso e una voce ironica del suo tempo. L’incipit della Città delle Dame, è una amara e pungente sferzata ad una società di tipo maschile, inasprita ancor più dalla lettura di quelle misogine Lamentations de Matheolus (opera latina del XIII secolo, successivamente tradotta in francese nel 1370), contro le quali l’autrice costruisce simbolicamente la sua città-libro: «Ahimè, mio Dio, – dice Christine – perché non mi hai fatta nascere maschio, affinché le mie virtú fossero tutte al tuo servizio, cosí da non sbagliarmi ed essere perfetta in tutto, come gli uomini dicono di essere?».

Quando Mastroianni nei panni di Snaporaz si perse nella Città delle donne, ne uscì svilito, fagocitato come fu dal gineceo di femministe, ma restituì di quella terribile avventura il caos e l’anarchia di una micro società autogestita dalle donne, che, nel tentativo di riappropriasti della propria autorità, finiscono per farsi portavoci di slogan desueti e confusi.

Quello di Christine è, invece, il locus amoenus tipico rinascimentale, costruito sul cardine dell’ordine e della razionalità di cui i trattati urbanistici fanno ampio sfoggio. Non a caso, ad aiutarla nella sua edificazione, intervengono tre Dame, allegorie di Ragione, Rettitudine e Giustizia, che, mattone dopo mattone, ergono un luogo in cui conservare i racconti e la memoria delle donne nobili per virtù di tutti i tempi. Rettitudine e Giustizia, popoleranno la città di sante e di martiri, racconteranno le storie di esempi femminei di pietà filiale, fedeltà e forza di carattere, di grandi regine, dame e guerriere, mentre ragione aiuterà materialmente Christine a scavare la fossa per le fondamenta, attraverso «la pioche de ton entendement» (la zappa della sua intelligenza).

È senz’altro questo connubio fra scienza teorica e scienza pratica a rendere speciale Christine e la sua città ideale, come testimonia una delle più significative miniature di uno dei manoscritti de La città delle Dame, conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi e più volte recuperata nelle edizioni successive. Nella miniatura in questione, composta da due scene, figurano a sinistra le tre Dame/allegorie apparse a Christine mentre è, nel suo studiolo (altro spazio architettonico di grande importanza nel Rinascimento), significativamente rappresentato dai libri. Nella parte destra, invece, la promessa d’aiuto delle tre donne nella costruzione della città, diviene ora reale: così Ragione, con in mano una cazzuola, posa con lei le pietre per le fondamenta, rendendo, con la metafora dell’architettura rinascimentale, l’idea di un libro razionale, organizzato, funzionale… qualità che si oppongono all’immagine contorta e ferina che si voleva attribuire alla donna. Così si costruisce il regno inespugnabile di Christine, popolato unicamente da quelle «belles reluisans pierres» (belle pietre lucenti), da Aracne, a Didone, sino a Semiramide, e la cui utopia è forse la condizione necessaria per la sua eternità.

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