Madeleine Pelletier la psichiatra femminista che morì internata in manicomio per aver aiutato una ragazza violentata dal fratello ad abortire

by Caterina Del Grande

Tutto questo mi scoraggia, quindi l’emancipazione delle donne non arriverà mai.

In passato si limitavano a guardarmi per prendermi in giro, ora mi arrestano perché non sembro una schiava, come le altre donne, ovviamente, sono nata con diversi secoli di anticipo.

Ciò che vogliamo sopprimere non è il sesso femminile, ma la servitù femminista, una servitù perpetuata dalla civetteria, dalla moderazione, dalla modestia esagerata, dal sentimentalismo della mente e del linguaggio. Tutte cose che non sono in alcun modo caratteristiche sessuali secondarie, ma semplicemente il risultato dello stato di dipendenza fisica e morale in cui si trovano le donne. 

Medico e femminista francese, attivista neomalthusiana, pioniera della parità di genere, suffragetta, pacifista, crocerossina, prima socialista poi comunista, una delle pochissime voci a levarsi contro Mussolini e i nazionalismi, Madeleine Pelletier sarà accusata di aver aiutato una ragazza violentata da suo fratello ad abortire, dichiarata pericolosa, verrà internata in manicomio. È lì che morirà, nello stesso manicomio in cui aveva iniziato la pratica da psichiatra opponendosi con tutte le forze alle misure di contenzione.

Nata il 18 maggio 1874, Madeleine Pelletier ha trascorso la sua infanzia in povertà ma comprese che lo studio e la cultura le avrebbero permesso di affermarsi. Frequentava assiduamente la biblioteca del suo quartiere e acquisì, da autodidatta, una solida preparazione. A tredici anni iniziò a frequentare un gruppo femminista dove scoprì “una via tutta luminosa di emancipazione” e un gruppo anarchico dove incontra Louise Michel.

È questo il periodo in cui comincia a portare i pantaloni senza chiedere il permesso in questura. Una legge del 1800 stabiliva che alle donne fosse concesso di “travestirsi” (ovvero portare i pantaloni) solo in casi particolari come le malattie e se munite di permesso.

Madeleine Pelletier conseguì il diploma di maturità in filosofia con lode nel 1897 come privatista. Scelse di studiare medicina avendo ottenuto una borsa di studio: “È pane assicurato ma intinto in una salsa molto amara”. 

Entrata alla Facoltà di Medicina nel 1899, all’età di venticinque anni, fu la prima donna a superare il concorso di assistenza medica a Parigi.

Affascinata dalla psichiatria, cercò in tutti i modi di essere ammessa a svolgere la specializzazione in manicomio ma l’ingresso le venne precluso. Solo nel 1904, dopo una campagna stampa organizzata in suo favore da alcuni giornali (tra cui quello di Marguerite Durand), riuscì a diventare il primo medico donna in un manicomio.

La pratica della medicina non le fu però facile: i colleghi le fecero una guerra incessante, le infermiere sembravano “stordite, da questa strana bestia che era una donna ma medico come gli uomini”.

Fu perseguitata per il suo aspetto ritenuto scandaloso: capelli corti e abiti maschili che indossò per tutta la vita: “Il mio costume dice all’uomo: io sono tuo pari”. Ha anche difeso la verginità militante – una posizione marginale nel movimento femminista – un modo di evitare la maternità e quindi la vita familiare che, secondo lei, fa della donna ” una schiava, una serva di tutte le cose “.

Nel 1904 Madeleine Pelletier chiese di essere ammessa alla “Social Philosophy”, loggia della Massoneria aperta alle donne. Per lei era una scuola di iniziazione politica dove, sotto la supervisione di intellettuali e liberi pensatori, le donne potevano avere una educazione ideologica.
Appena entrata organizzò una campagna nei circoli massonici con l’obiettivo di aprire le logge alle donne. Le fu fatta la guerra e fu costretta lasciare la massoneria.

Accettò di guidare il gruppo femminista “La solidarité des femmes” al seguito di Caroline Kauffmann, e si distinse nella battaglia per il suffragio femminile. Il gruppo era attivissimo: organizzavano sfilate in carrozza, striscioni, affissione di manifesti, distribuzione di volantini che spesso degeneravano. Caricate dalla polizia, derise dalla folla ostile.


Madeleine si iscrisse poi al Partito Socialista che godeva di una certa reputazione tra le femministe per essere stato il primo partito a riconoscere l’uguaglianza di genere al congresso operaio di Marsiglia nel 1879, sotto l’impulso di Hubertine Auclert.

Consapevole della miseria sociale delle sue origini, Madeleine Pelletier condivide gli ideali del socialismo: si tratta di saper legare l’emancipazione delle donne all’emancipazione generale.


Durante tutta la su avita scrisse numerosi opuscoli mettendo in discussione la famiglia, fondamento del dominio materiale e ideologico degli uomini sulle donne ; denunciando il matrimonio che concepisce la donna come “cosa” dell’uomo, invocando la libertà sessuale intesa come libertà di acconsentire o rifiutare una relazione, sostenendo il diritto all’aborto e alla contraccezione.
Definendosi una femminista integrale, ha rivendicato tutte le emancipazioni: politiche, economiche, sociali, intellettuali, sessuali.

Madeleine si presentò alle elezioni legislative nel 1910, ma la sua candidatura, come quella di Hubertine Auclert e Marguerite Durand viene invalidata dal Consiglio di Stato.

Durante la guerrasi unì alla Croce Rossa e andò al fronte, affermando di voler trattare indistintamente francesi e tedeschi. L’unico aspetto positivo della guerra fu, disse, dare alle donne l’accesso a nuove professioni.

Nel dicembre 1920 si unisce al partito comunista. Invitata a partecipare alla conferenza delle donne comuniste a Mosca, non riuscì a ottenere un passaporto, il che portò alla sua partenza clandestina per la Russia nel luglio 1921. Ha raccontato queste esperienze in Voice of Women alla fine del 1921 in cui riconosce una certa liberazione economica e sessuale ma denuncia il confinamento delle donne fuori dalla politica, per problemi legati alla maternità, ai figli, al cibo, alla cura.
Prese posizione, dal 1925, contro il fascismo dell’Italia di Mussolini ma anche quello promosso dai gruppi nazionalisti francesi. Così, nel gennaio 1928, in una conferenza, denunciò il Partito Nazionalsocialista fondato da Gustave Hervé, suo ex compagno della SFIO .
Nel 1933 si unì al Movimento Amsterdam-Pleyel contro il fascismo e la guerra.

Divenuta emiplegica alla fine del 1937, per sopravvivere dovette ricorrere alle donazioni degli amici del club Faubourg.

Nel 1939, in un clima di caccia alla streghe senza precedenti fomentato dai nazionalismi dilaganti in tutta Europa, fu arrestata per aver partecipato all’aborto di una ragazza di 14 anni violentata dal fratello.


Fu condannata per “il reato di aborto”e giudicata  “un pericolo per se stessa, per gli altri e per l’ordine pubblico” e condannata alla reclusione coatta, prima a Sainte-Anne e poi a Épinay-sur-Orge. Probabilmente furono i suoi colleghi a cercare di salvarle la vita con l’internamento. Lei avrebbe preferito affrontare il processo, come testimoniano le sue lettere di quel periodo alle amiche del movimento femminista, invece di passare, nel giro di pochi mesi, da psichiatra a malata di mente.

 Si spense in manicomio il 29 dicembre 1939.

Nel 1939 fu processata per il “reato di aborto”. Fu ricoverata in ospedale contro la sua volontà. Lei, che ha combattuto per tutta la vita contro l’internamento abusivo, è morta sette mesi dopo nel manicomio di Vaucluse.

Avanguardia in molti campi della medicina e del pensiero, Madeleine Pelletier sognava una società senza categorie di genere in cui l’individuo avrebbe superato il suo sesso. 

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