Masanella, la donna che si travestì da uomo per combattere con le camicie rosse

by Federica Carretta

Nella primavera del 1860, la situazione politica di quella che poi sarebbe diventata l’Italia unita era assai precaria. Scoppiò l’ennesima rivolta a Palermo: Mazzini mirava alla coesione politica e territoriale, così come  Garibaldi. Quest’ultimo passò, poi, all’azione con la storica spedizione dei mille. Il numero documentato di volontari che parteciparono alla sommossa era di 1088 uomini, più una donna: Rosalia Motmasson, moglie di Francesco Crispi. Partiti da Genova, i riottosi raggiunsero la Sicilia via mare e l’11 maggio sbarcarono a Marsala. Il resto è storia, una storia intrisa di voci e azioni maschili.

Anche le donne, tuttavia, diedero il loro contributo affinché la Penisola italiana potesse veramente definirsi unita. È il caso della padovana Antonia Masanello, detta Tonina. Costei, con l’animo pregno di patriottismo, raggiunse assieme al marito la schiera guidata da Garibaldi e si unì alle camicie rosse, travestendosi da uomo. Antonio Marinello era il suo alter ego maschile, prese in prestito il nome del cognato. Data l’illegalità della situazione, in pochissimi conoscevano la reale identità di Antonia: solo il maggiore Bossi, il colonnello Ferracini e lo stesso Garibaldi.

Raggiungere i mille non fu affatto semplice per Tonina e suo marito (peraltro, sospettato di simpatie liberali e prossimo all’arresto): i coniugi si diressero a Genova per l’imbarco, ma non giunsero in tempo per salpare assieme a tutti gli altri. Senza perdersi d’animo, si unirono alla spedizione di Gaetano Sacchi, una fra le tante che avrebbero portato rinforzi a Garibaldi. Si congiunsero, così, agli alleati a Salemi all’indomani della celebre battaglia di Calatafimi che segnò la vittoria inaugurale della celebre impresa. Antonia Marinello venne inquadrata nel terzo reggimento della brigata Sacchi, partecipando a tutta la campagna di liberazione, contrastando le milizie dell’esercito borbonico. In un articolo datato 23 maggio 1862, apparso su Lo Zenzero, si legge:

Quando gli toccava o gli veniva ordinato, montava le sue guardie, faceva le sue ore di sentinella  a’ posti avanzati, il suo servizio di caserma con disinvoltura e coraggio.

Al termine della rivolta fu licenziata, sotto le mentite spoglie di Antonio Marinello, con il grado di caporale e il “congedo d’onore”. Nonostante le fatiche e i patimenti, Tonina e suo marito vissero nella più cupa povertà a Firenze. L’eroina italiana non fu risparmiata nemmeno nella malattia: colpita da tisi, terminò i suoi giorni il 21 maggio 1862. Le sue gesta, affinché non fossero dimenticate, furono dettate e incise sulla lapide – deposta al cimitero fiorentino di San Miniato – dal poeta Francesco Dall’Ongaro

L’abbiam deposta, la garibaldina
all’ombra della torre di San Miniato
colla faccia rivolta a la marina
perché pensi a Venezia e al lido amato.
Era bella, era bionda, era piccina,
ma avea cuor da leone e da soldato!
E se non fosse ch’era nata donna,
porteria le spalline e non la gonna,
e poserebbe sul funereo letto
colla medaglia del valor sul petto.
Ma che fa la medaglia e tutto il resto?
Pugnò con Garibaldi e basti questo!
.

Francesco Dall’Ongaro

Tonina, detta la Masanella, è stata una fonte di ispirazione per l’artista Piero Perin, il quale ha elaborato una scultura oggi esposta presso la biblioteca comunale di Cervarese Santa Croce.

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