Angela Merkel, i maschi alfa e la politica come vocazione

by Antonella Soccio

Deve aver visto il recente documentario di Eva Weber, Merkel, disponibile su Netflix, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, quando citando la neo segretaria del PD Elly Schlein- “non ci vedono arrivare”- ha detto che la fortuna delle donne in politica spesso sta nell’essere sottovalutate.

Molti commentatori tedeschi rintracciano in tale attitudine, nel non essere stata considerata abbastanza, il successo della cancelliera, che è stata per più anni di tutti alla guida della Germania ed è stata la prima donna cancelliera del Paese.
Interviste e materiali d’archivio raccontano in 97 minuti, in uno stile asciutto e oggettivo, l’enigmatica ex cancelliera tedesca, dalla giovinezza nella Germania Est all’ineguagliabile carriera, che ha attraversato da premier ben quattro presidenti Usa, la maggior crisi umanitaria di rifugiati in Europa e la controversa relazione tra Germania e Russia.
Sottovalutata forse, ma Angela Merkel è stata una donna simbolo della Germania riunificata, capace di portare la sua intima storia personale dentro la più grande storia collettiva tedesca del secolo scorso. Non solo un pezzo peculiare di CDU in grado di uccidere letteralmente il padre Elmut Kohl.
Censo, classe, sogni, un intelletto scientifico, i miti dell’american dream di un’intera generazione ai margini. Questo è stato Angela Merkel per tutti i tedeschi e non solo per i cristiano democratici anti comunismo.
Non era una underdog Merkel a differenza di come si percepisce Giorgia Meloni.
Anche nella DDR all’istituto di Fisica la futura cancelliera è una scienziata di primissimo livello, con un lavoro qualificato e apprezzato. Non è una parolaia, non è una politica di professione e lo dimostra il suo essere uscita di scena senza la ricerca di alcun incarico dopo la fine dei 16 anni di governo.
Seguendo la oppressiva infanzia dietro il muro di Berlino e vivendo in costante paura per l’intervento della Stasi (anche durante delle banali feste universitarie per un ascolto eccessivo di musica occidentale rispetto al fatidico rapporto 60 40), Merkel abbraccia lo studio della fisica anziché quello delle lingue, sua naturale ambizione, proprio per sfuggire alle manipolazioni della agenzia di spionaggio. C’era poco da interpretare nello studio della fisica, dirà anni dopo nel corso di una intervista.
Questo incredibile background, con una prima parte della vita vissuta da reclusa in uno Stato con netti confini da cui non si poteva fuoriuscire, le ha fornito una conoscenza ed una esperienza uniche nel loro genere, che le hanno consentito di comprendere i moti più profondi del suo popolo a partire dal crollo del muro fino ai primi anni Duemila.
Il vento riformatore della perestrojka, le notti di Lipsia e il crollo del muro hanno spazzato via la prima Merkel regalando alla Germania una giovane politica chiamata alla risoluzione dei problemi del suo Paese.
Ha sentito come una vocazione. Ha sentito di dover lasciare la scienza per la necessità di fare politica.
Nel documentario si vedono i suoi primi passi nella CDU, il ruolo di Ministra per la Gioventù, lo stesso di una giovanissima Giorgia Meloni nel Governo Berlusconi.
Entrambe si sono “sbarazzate” senza rimpianti dei loro padri politici, Kohl per Merkel e Gianfranco Fini per la leader dei Fratelli d’Italia. Ma la prima è apparsa subito come una vera novità del panorama politico tedesco. Una donna con prassi del tutto nuove. Merkel, pur con il suo aspetto mascolino, scevro da ogni vanità e da ogni tentennamento ozioso sul genere, ha saputo frantumare, grazie ad un sense of humour fuori dal comune e una totale assenza di aggressività tossica, le liturgie dei maschi alfa, che consumano in vuoti riti la politica del potere. La sua forza gode degli endorsement di due politici di sinistra come Tony Blair e Hillary Clinton, suoi grandi amici oltre ogni steccato ideologico.
Nel documentario si indugia su due aspetti di Angela Merkel: il primo riguarda la sua capacità tutta femminile di ricerca dell’ascolto e della soluzione senza mai scegliere la strada dell’ideologia; il secondo concerne invece la sua stessa visione delle donne in politica, che per dominare un mondo di uomini devono necessariamente rinunciare a mostrare le loro emozioni, pena l’esser vezzaggiate, ridimensionate e re incasellate in un ambito tutto beauty, make up, apparenza, sesso e sentimento.

Si tradisce solo con alcune espressioni del volto divenute celebri, quando perde la pazienza con maschi sessisti come Donald Trump o Vladimir Putin.
Tale scelta del resto cade dinanzi al dramma dei migranti e durante la pandemia. Quando Merkel apre le porte ad oltre un milione di profughi, i suoi sentimenti si vedono con grande trasparenza. Parla la sua biografia prima di ogni discorso politico: la cancelliera non può accettare un mondo di muri, non può chiudere i confini, non può tollerare di vivere in una nazione razzista, ricolma di odio.
Pur con tutti i suoi limiti mostrati negli anni di forte austerity imposta agli membri dell’Unione Europea, Angela Merkel manca come non mai nello scenario dell’Europa in guerra.
L’ultima leader europea, che ha fatto dell’umiltà e della moralità le sue bandiere, è una perfetta paladina del senso dello Stato e delle istituzioni.

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