Nina Berberova, la poetessa della malinconia degli intellettuali emigrati russi, che visse per la “crudele immanenza”

by Daniela Tonti

Fra le tre possibilità: vivere per la vita futura, vivere per le generazioni future e vivere per il momento presente, io ho scelto molto presto la terza, la “crudele immanenza”. È una di quelle decisioni che sono arrivate al momento giusto. In molte cose, ma assolutamente non in tutte, ho avuto uno sviluppo precoce, però ho imparato a pensare relativamente tardi, e troppo spesso sono rimasta indietro, perdendo tempo prezioso: quella base unica di vita, quel suo ordito che non si può né comperare, né scambiare, né rubare, né contraffare, né interpretare.

Popolarissima in un certo circolo di intellettuali, e poi dimenticata, esiliata e riscoperta solo prima di morire, Nina Berberova è la poetessa della malinconia degli intellettuali emigrati russi, incapaci di integrarsi nella dura realtà di una nuova vita lontana dalla patria, prigionieri di un sogno di un paese spesso più immaginato che reale.

Nata a San Pietroburgo, in Russia, nel 1901, Nina ha trascorso tutta la sua vita di scrittrice in esilio, separata dalla sua famiglia, dalla sua terra e dai suoi affetti.  Nacque il 26 luglio da una famiglia piuttosto agiata, la madre era una proprietaria terriera di Tver e suo padre prestava servizio per il Ministero delle Finanze. 

All’età di dieci anni, Nina decise che doveva scegliere una professione. Questo bisogno nasceva da un desiderio impaziente di bruciare la vita, come ella stessa ebbe ad affermare aveva bisogno di una vocazione. Mise insieme una lista di professioni che includevano pompiere e postino, ma quella su cui cadde la sua scelta fu quella del poeta. Da quel momento iniziò a scrivere freneticamente. 

Viveva nella stessa strada di Majakovskij e assisteva alle letture dei poeti Blok e Anna Achmatova, che conosceva entrambi personalmente. Ma improvvisamente tutti i suoi sogni giovanili furono spazzati via dalla Rivoluzione. La sua famiglia fu costretta a trasferirsi a Mosca e poi a Rostov. Con il paese in preda alla guerra civile, Nina Berberova sperimentò per la prima volta la fame e le privazioni.

Nel 1921 la famiglia tornò a Pietroburgo dove le fu “permesso” di unirsi all’Unione dei poeti da Gumilev (primo marito di Anna Achmatova), che in quello stesso anno fu arrestato e fucilato con l’accusa di essere un controrivoluzionario.

Fu in quel periodo che conobbe Vladislav Khodasevich, il poeta che sarebbe diventato il suo primo marito. Ma la minaccia della repressione politica era sempre più forte. Divenne necessario sopravvivere. Mentre era ancora possibile ottenere i passaporti, lei e Khodasevich partirono per l’Europa, per non tornare mai più.

Visse in Germania, Cecoslovacchia e Italia prima di stabilirsi a Parigi. Fu redattrice letteraria e scrisse romanzi e racconti.

Negli anni francesi si dedica soprattutto alla pubblicazione di racconti, confluiti nell’opera “Le feste di Billancourt“.

Racconti di emigrazione, patriottismo, indigenza e desolazione, che illuminano con una prosa precisa le lotte e le rigide divisioni che emergono non solo in esilio, ma tra generazioni, attraverso paesi e continenti, ideologie e visioni del mondo. Le sue storie, senza confini, resistono al tempo. I suoi personaggi sono spesso irrequieti, pieni di sentimenti appassionati e distruttivi, turbati e brancolanti: cercano ma raramente trovano la felicità o l’amore perfetto, si sforzano ma quasi mai ottengono consenso o successo nella vita. 

Tra le sue opere ricordiamo Il ragazzo di vetro. Cajkovskij, Felicità, Le signore di Pietroburgo, Il male nero, Roquenval, Un figlio degli anni terribili. Vita di Aleksandr Blok e Il Capo delle Tempeste.

Le signore di Pietroburgo è il suo secondo romanzo pubblicato nel 1932. L’opera parla dei dettagli della vita dei giovani emigranti, appartenenti alla terza generazione. 

Nel 1950, alcuni anni dopo il fallimento del suo secondo matrimonio, la scrittrice emigrò negli Stati Uniti, dove insegnò russo a Yale e poi letteratura russa a Princeton. Ha continuato a scrivere narrativa interessandosi maggiormente alla storia, completando due opere di saggistica  Moura: The Dangerous Life of the Baroness Budberg e Lyudi i lozhi  (sui massoni russi nel ventesimo secolo), da aggiungere ai suoi libri precedenti su Čajkovskij, Aleksandr Borodin e Blok.

Nina Berberova per tutta la vita si dedicò alla narrazione di storie di individui eccezionali. La biografia di ČajkovskijIl ragazzo di vetro, del 1936, è stato uno tra i più interessanti approfondimenti psicologici della tormentata personalità dell’artista. L’autrice che ha esplicitato, per la prima volta, l’omosessualità del compositore, attirò su di sé numerose reazioni polemiche.

Nel 1981 è la volta di Storia della Baronessa Buddenberg. Si tratta della biografia della baronessa Budberg di cui riuscì a creare un ritratto profondo l’ultima superstite di un mondo e di una classe spazzati via dalla rivoluzione, una donna affamata di vita che della sopravvivenza fece la sua vera professione, non disdegnando alcun mezzo, alcun compromesso.

La storia, basata su lettere, documenti, testimonianze oculari, nonché sui ricordi dell’autrice e riflessioni sul corso della storia, copre quasi mezzo secolo.

Nel 1969 esce Il corsivo è mio, la sua autobiografia che narra la sua vita di incontri, di partenze, di piccole e grandi difficoltà, intrecciandosi con le esistenze degli altri intellettuali russi che, prima in Germania, poi a Parigi e infine negli Stati Uniti (con una sosta a Sorrento e a Venezia), hanno popolato l’Europa tra le due guerre e hanno condiviso con lei il dramma dell’esilio o dell’emigrazione.

E’ morta il 26 settembre 1993 a Philadelphia , in seguito alle complicazioni per una caduta.

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